Essere “professionisti” è un Ordine. Essere uomini e giornalisti è un’altra cosa

Ho visto giornalisti che in tutti questi anni hanno creduto davvero di fare i giornalisti. Che non hanno mosso un dito contro l’esclusione di alcuni colleghi alle conferenze stampa e agli incontri “istituzionali” all’Histò del Mar Piccolo organizzati da un’azienda chiamata Ilva. Ho visto quegli stessi giornalisti non fare mai una domanda scomoda in tali circostanze. Ho visto quegli stessi giornalisti partecipare boriosi e contenti a quegli incontri istituzionali. Ho visto giornali e televisioni locali prendere soldi a palate, centinaia di migliaia di euro da un’azienda chiamata Ilva. Ho visto la pubblicazione e la messa in onda di pubblicità di un’azienda chiamata Ilva. Ho visto giornalisti mandati ad hoc a fare domande scomode per ricordare al potente Emilio che era arrivato il momento di pagare il servizio offerto camuffando, anni dopo, quel momento come un’azione ed un esempio di libera stampa da seguire.

Questo ho visto in superficie, ma era chiaro che dietro ci fosse ben altro. E infatti poi ho letto soltanto alcune delle intercettazioni che riguardavano quegli stessi giornalisti, quegli stessi giornali, quelle stesse televisioni, che tramavano arroganti e presuntuosi contro la città. Che per telefono e via mail facevano i gradassi credendosi i padroni di Taranto. Li ho sentiti e visti con i miei occhi affossare per sempre questo mestiere. Ho visto quegli stessi giornalisti fare di tutto per tappare la bocca ai pochi colleghi che provavano a fare questo mestiere nell’unico modo in cui andrebbe fatto.  Poi, improvvisamente, in una notte calda di luglio, “tutto è cambiato”. Ma solo in apparenza. Perché in questa città alla fin fine quasi tutti fanno finta di lottare per cambiare le cose, operando in modo tale che nulla cambi mai per davvero.

Ho visto quegli stessi giornalisti trasformarsi improvvisamente in paladini della giustizia. In accaniti difensori dell’ambiente e della salute dei cittadini. Ho visto quegli stessi giornalisti attaccare furibondamente un’azienda di nome Ilva che sino al giorno prima avevano difeso con il loro silenzio connivente. E ben pagato. Ho visto quegli stessi giornalisti mettere alla berlina politici, sindacalisti, dirigenti Ilva, sino alle più alte cariche di quell’azienda, accusandoli di crimini terribili, scopiazzando di qua e di là quanto riportato nelle ordinanze giudiziarie. Li ho visti riportare fedelmente soltanto alcune delle migliaia di intercettazioni. Stranamente, non hanno mai riportato quelle riguardanti i loro colleghi. Ed hanno fatto sparire con l’aiuto di tanti, quelle che riguardavano loro stessi o i loro capi.

Ho visto giornalisti accorgersi improvvisamente dei danni ambientali e sanitari di Taranto. Li ho visti indignarsi, protestare, sbraitare. Ho visto giornalisti schierarsi ad occhi chiusi dalla parte delle associazioni ambientaliste locali. E quelle stesse associazioni ambientaliste affidarsi totalmente a quegli stessi giornalisti che per anni li avevano ignorati, soltanto per avere una prima pagina in più o una poltrona da occupare nelle tv. Ho visto ambientalisti scrivere libri scandalosamente di parte nei quali volutamente non hanno citato chi negli anni non apparteneva a quel sistema, soltanto per dimostrare che loro e loro soltanto sono i “duri e puri” e i “giusti” di questa città.

Ho visto quegli stessi giornalisti diventare improvvisamente scrittori. Ho visto, in appena due anni e mezzo, pubblicare decine di libri su Taranto e un’azienda chiamata Ilva. Quegli stessi giornalisti che per anni sono stati in silenzio sono diventati i principali narratori di ciò che avevano guardato per anni da sornioni spettatori. Ho visto giornalisti tarantini migrati altrove ricordarsi improvvisamente della loro città d’origine, diventare moralizzatori di un’intera comunità accusata di non aver voluto vedere, sentire, capire. Quando loro, per primi, proprio per salvare il loro posto al sole nei giornali nazionali e nelle case editrici che contano, si son ben guardati dallo scrivere quando bisognava farlo. E ho visto questa città accorrere ancora una volta verso questi nuovi messia, che potevano illuminarci e salvarci dalla nostra perenne ignoranza e superficialità illuminandoci con la loro grande cultura e il loro sapere. Che avrebbero spiegato a noi che l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle ciò da cui loro sono fuggiti.

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