Essere “professionisti” è un Ordine. Essere uomini e giornalisti è un’altra cosa

archinàMa noi viviamo in un Paese strano. Ed in una città ancora più assurda e paradossale. Dove i legami tra le persone e ciò che rappresentano, tra le istituzioni, gli enti, gli ordini, e quant’altro, sono così assidui e intrecciati che è impossibile riuscire a sbrogliarne la matassa. Per farlo non basterebbero anni, decenni, secoli. Perché manca la volontà di farlo. Ho sempre sostenuto la tesi secondo cui per cambiare le cose basterebbe un secondo soltanto: decidendo di svoltare all’improvviso, cambiando strada e recidendo legami malsani e malati. Ma è sempre mancata la voglia e la volontà di farlo. Per tanti motivi.

In questi lunghi otto anni ho visto giornalisti voltarsi sempre dalla parte opposta alla verità. Ho visto giornalisti percorrere consapevolmente strade che portavano nella direzione opposta a quella dove avrebbero trovato la verità. Ho visto giornalisti (ma questo è un difetto di tutti i giornalisti italiani che soltanto perché hanno la fortuna di scrivere o di dire la loro in tv credono di essere chissà quali letterati e chissà quali intellettuali di altissimo livello) guardare tutti dall’alto in basso, con sguardi ora schifati, ora saccenti, ora distratti, ora lusingati dalle attenzioni dei politici di turno.

Ho visto giornalisti riportare pari pari comunicati di un’azienda chiamata Ilva senza l’aggiunta anche solo di un aggettivo che inducesse il lettore al pensiero critico e lasciasse intendere che lo stesso giornalista dubitava di quanto da lui riportato. Ho visto giornalisti accorrere in ogni luogo e momento alle convocazioni di un uomo chiamato Archinà e riverirlo come un messia. Ho visto giornalisti stringere la mano, sorridenti, ad un uomo chiamato Emilio Riva. Ho visto gli stessi atteggiamenti quando si sono incontrati con i dirigenti dell’Eni, dell’Enipower, della Cementir, della Marina Militare, e delle discariche del territorio. Ho visto gli stessi atteggiamenti ogni qual volta giungevano a Taranto rappresentanti istituzionali da Roma o da altri luoghi e centri di potere.

Ho visto giornalisti riportare senza colpo ferire comunicati stampa di politici e sindacalisti che sostenevano tesi ben oltre la soglia accettabile dell’ironia e della satira. Ho visto giornalisti applaudire l’inaugurazione di impianti e progetti ridicoli di un’azienda chiamata Ilva. Ho visto giornalisti riportare fedelmente le teorie dei sindacati ogni qual volta una vertenza sul lavoro veniva chiusa, senza che si “accorgessero” che gli accordi andavano a tutto vantaggio delle aziende e non dei lavoratori.  Ho visto giornalisti fare finta di non sapere, di non vedere, di non sentire.

Ho visto giornalisti irridere quei pochi colleghi che provavano a porre qualche domanda, a sollevare qualche dubbio. Ho visto giornalisti scimmiottare per anni la società civile, i movimenti antagonisti, ogni forma di alternativa che nasceva in questa città. Ho visto giornalisti fare gli addetti stampa fantasma di politici, partiti, sindacati, sindacalisti, ed enti come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Ho visto giornalisti stare dietro le forze dell’ordine durante sit-in, proteste, manifestazioni. O comunque a debita distanza da chi (sempre molto pochi) protestava per un qualcosa. Ho visto giornalisti sempre e soltanto dalla parte del potere.

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