Uno Maggio Taranto, Liberi e Pensanti: oltre 200mila presenze – Le immagini

TARANTO«Giovanni ha un codice a barre tatuato sul braccio e si domanda che prezzo avrà rimanere se stesso. Lo spinge la propria vita in salita per ore e ha paura che il proprio sudore sia lo sforzo di un fesso», canta Niccolò Fabi sul palco dell’Uno Maggio di Taranto. Il cantautore romano non poteva scegliere canzone migliore – “Giovanni sulla terra” –  per raccontare l’angoscia e la sofferenza di chi fa lavori usuranti o legati allo sfruttamento.  In questo caso il protagonista è un lavoratore dei campi, ma le stesse parole potrebbero cucirsi addosso a chiunque: dall’operaio edile o metalmeccanico al dipendente di un call center. Poi c’è il lavoro precario e quello negato che compongono altre facce dello stesso problema: l’incapacità della politica di promuovere nuova (e dignitosa) occupazione. E’ questo uno dei temi toccati al Parco archeologico delle mura greche.

Secondo i dati forniti dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, organizzatori dell’evento giunto ormai alla quarta edizione – sono oltre 200 mila le persone che hanno raggiunto il luogo del concerto con pullman provenienti da tutta Italia. Sul palco la musica si alterna agli interventi di diversi protagonisti della società civile: dalle delegazioni “No Triv” a quelle “No Tav”, passando per le donne della Terra dei Fuochi, le “mamme coraggio” del Molise, i rappresentanti di Uniti per la Val d’Agri. Viene sfiorata anche la vicenda “Tempa Rossa” che vede Taranto e la Lucania collegate dal filo nero del petrolio. Il quadro – a nostro avviso – sarebbe stato più completo se sul palco fosse stato invitato anche il comitato locale “Legamjonici”, da sempre in prima fila nella battaglia contro il progetto della Total. Una vicenda tornata di stretta attualità dopo i clamorosi sviluppi dell’inchiesta condotta dalla Procura di Potenza che ha portato anche alle dimissioni del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi.

Tra i temi toccati c’è quello della lotta contro la criminalità organizzata. Prima del suo intervento sul palco, ascoltiamo Luigi Leonardi, l’imprenditore campano costretto a vivere sotto scorta per aver denunciato le minacce ricevute dalla camorra. «Nel giro di quattro anni ero riuscito a mettere su cinque negozi e due aziende. Fatturavo 400 mila euro al mese – racconta ai giornalisti – un giorno, in un negozio che avevo a Nola, entrarono tre persone (uno di questi era il capo del clan Russo). Due di loro cacciarono i clienti fuori dal locale e il terzo venne a dirmi come funzionavano le cose in quella zona (nei pressi di Scampia): dovevo dare soldi per gli amici carcerati. Io dissi che al massimo avrei potuto offrire un posto di lavoro. La sera quando chiusi il negozio, venni inseguito da un’auto che mi procurò un incidente. E quello fu solo il primo avvertimento».

Da allora ebbe inizio una vera e propria odissea per il giovane imprenditore. Per tenere buoni i camorristi, decise di sottostare al ricatto pagando quanto richiesto. In seguito, però, si presentarono gli uomini degli altri clan della zona che pretesero lo stesso trattamento. «L’unica arma che abbiamo per difenderci da queste persone – spiega Leonardi citando il suo esempio – è quello di denunciarle alle forze dell’ordine. Anche perché è la gente buona che rappresenta la maggioranza, non i delinquenti. Le mie vicissitudini hanno portato a due maxi processi che hanno hanno permesso l’arresto di uomini aderenti a cinque clan. La strada da seguire è solo una: la denuncia».

Sul palco sale anche Davide Panico. Insieme ad altri compagni di viaggio, racconta la storia del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti a partire dall’eclatante irruzione dell’apecar in una piazza di Taranto mentre si svolgeva una manifestazione promossa da Cgil, Cisl e Uil, nell’agosto del 2012. «La nostra battaglia non è solo contro l’Ilva – dice Panico ma anche contro l’Eni, la stessa azienda che oggi sponsorizza il concerto del Primo Maggio di Roma. Senza dimenticare i veleni prodotti dalla Marina Militare che per decenni ha colonizzato Taranto diventando padrona di territori enormi e dividendo in due la città, come accadeva in tempi di guerra». 

fabi silvestriAnche gli artisti si esprimono sulla realtà tarantina. Ci provano sia  Niccolò Fabi che il suo collega (e fraterno amico) Daniele Silvestri. Entrambi, alla vigilia del concerto, sono stati al quartiere “Tamburi” ad ascoltare la voce dei residenti e a toccare con mano il dramma di chi vive a pochi passi dalle ciminiere dell’Ilva.

«Conoscevamo già le problematiche di Taranto – dice Fabi ma tutto cambia quando si guardano gli occhi delle persone che vivono questa realtà. Tutto diventa più forte a livello emotivo perché scatta l’immedesimazione». Fabi definisce “criminale” la decisione di costringere le persone a scegliere tra salute e lavoro. Gli fa eco, sul palco, Silvestri: «Quando non sono le istituzioni a risolvere i nostri problemi e ad evitare di farci cadere in quell’orrendo ricatto – sottolinea – l‘unica soluzione è che lo facciano direttamente i cittadini, come state facendo voi».

Tra l’esibizione di Silvestri e quella dei Litfiba si parla dell’emergenza sanitaria che incombe sulla città ionica. A farlo è l’oncoematologo Patrizio Mazza, uno dei primi medici a denunciare l’inquietante trend che si riscontrava a Taranto rispetto alle malattie oncologiche (e non solo). Nel suo intervento ha ricordato il caso del bambino di dieci anni a cui fu diagnosticato un carcinoma del rinofaringe riscontrabile solo in fumatori incalliti (ovviamente adulti) e la difficoltà a farsi ascoltare dalle istituzioni.

«La mattina inizio a lavorare che c’è gente che mi aspetta – racconta il medico – e quando finisco ne trovo altra ancora che chiede aiuto. Noi continuiamo a sollecitare risposte all’emergenza sanitaria ma poi vediamo che la Regione limita i fondi e procede coi tagli. Ora chiedo a voi di dare voce a questa esigenza: la gente deve essere curata meglio anche a Taranto». E sul nesso di causalità tra le emissioni inquinanti (Eni, Ilva, inceneritori) e le malattie, il dottor Mazza spazza via ogni dubbio: basta vedere i casi di chi si ammala e leggere i numeri per comprendere che qualche nesso c’è.

Sul palco, anche le testimonianze di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, il 18enne studente ucciso a Ferrara il 25 settembre 2005 dopo essere stato fermato dalla polizia per un controllo, ed Egidia Beretta, la mamma di Vittorio Arrigoni, l’attivista, pacifista e giornalista ucciso nel 2011 a Gaza. Si è parlato di immigrazione con il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini ed è stato lanciato un appello da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, ricercatore e giornalista barbaramente ucciso in Egitto in circostanze ancora tutte da chiarire. Tra i volti di Taranto, quelli di Candida Fasano, ricercatrice che ha spiegato le difficoltà che incontra chi fa ricerca in Italia, e Vincenzo Fornaro, l’allevatore che ha dovuto privarsi di circa 600 capi di bestiame a causa della diossina emessa dal siderurgico, oltre ad una delegazione del comitato Taranto Lider,  impegnato sul fronte dell’informazione e della sensibilizzazione su una patologia ancora non abbastanza conosciuta, nonostante la sua ampia diffusione sul territorio, come l’endometriosi.

GALLERIA FOTOGRAFICA A CURA DI FRANCESCO SETTEMBRE

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