Ilva, Arpa Puglia e Ispra stanno completando le verifiche sui picchi di diossina a Taranto

Ilva - tamburi

TARANTO – Entro la prossima settimana Arpa Puglia dovrebbe terminare l’esame dei dati relativi alla rete dei suoi deposimetri nel rione Tamburi. Sul tavolo c’è ancora la questione legata alla diossina rilevata nei deposimetri Ilva tra novembre 2014 e febbraio 2015, periodo in cui si sono verificate delle anomalie che hanno comportato dei picchi di 791 picogrammi su metro quadro giornalieri. Valori secondi soltanto al disastro di Seveso.

Il dottor Massimo Blonda, direttore scientifico, chiamato a guidare Arpa Puglia in attesa della nomina del nuovo direttore generale che prenderà il posto di Giorgio Assennato – andato in pensione lo scorso 10 marzo (leggi qui) – spiega che la questione verrà trattata nell’ambito di un tavolo di approfondimento tecnico-scientifico che vedrà coinvolti anche Ispra e Regione Puglia. A giocare un ruolo importante, infatti, è proprio Ispra.

Lo scorso 23 marzo, in occasione della sua visita allo stabilimento di Taranto per il Precetto Pasquale, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti aveva dichiarato: “Abbiamo incaricato la nostra società Ispra, Istituto superiore per la protezione ambientale, di effettuare una indagine sui picchi di diossina registrati al rione Tamburi di Taranto e stiamo aspettando i risultati che dovrebbero arrivare nel giro di qualche settimana”.

Della vicenda ci siamo occupati ampiamente a fine febbraio quando alcune associazioni ambientaliste (Peacelink, Verdi) hanno denunciato l’esistenza di questi dati tenuti sotto silenzio per oltre un anno, nonostante fossero già noti all’azienda. Il 27 febbraio avevamo pubblicato anche i contenuti salienti di una relazione di parte, messa a punto dal prof. Maurizio Onofrio (Politecnico di Torino) che riteneva l’Ilva non responsabile di quella diossina finita in quantità così elevate nel deposimetro di via Orsini (leggi qui).

Tesi smentita nel giro di pochi giorni dal direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, che nel corso di una video-conferenza con le sedi dell’agenzia in varie città pugliesi, aveva puntato l’indice contro l’impianto di agglomerazione dell’Ilva (leggi qui). «La concentrazione di diossine ha raggiunto livelli così elevati – aveva detto ai giornalisti – da essere riscontrabili solo nelle polveri di abbattimento di alcuni elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva».

Inoltre, nei giorni seguenti, Assennato aveva prodotto una relazione contenuta in cinque pagine in cui si delineavano tre possibili scenari: quello in linea con la tesi del prof. Onofrio che scagionava il siderurgico; quello che mette in relazione la contaminazione dei deposimetri con le emissioni diffuse delle polveri degli elettrofiltri MEEP, aventi la massima concentrazione di PCDD/F; e infine, lo scenario che considerava l’errore umano e lo scambio del campione del deposimetro di via Orsini. Ipotesi ritenuta, comunque, di bassa probabilità.

Ora non ci resta che attendere i risultati delle verifiche che stanno compiendo Arpa Puglia e Ispra. Come anticipato dal dottor Blonda, occorre pazientare ancora un po’ per avere un quadro più chiaro e completo su quanto accaduto in quel periodo nel rione Tamburi. E ci sarà da attendere anche per conoscere il nome di chi prenderà il posto del prof. Assennato come direttore generale. «Il bando è stato emanato – ha spiegato Blonda a InchiostroVerde – ma bisognerà attendere i tempi tecnici». A quanto pare non saranno brevissimi.

 

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