Ilva, dati diossina: Assennato punta l’indice contro l’impianto di agglomerazione

La nostra ambizione e' quella di rafforzare significativamente la performance ambientale di Ilva e di allinearla, se non addirittura di migliorarla

2-arpaTARANTO – Sotto accusa è l’impianto di agglomerazione dell’Ilva. Questa mattina, il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, ha espresso il suo parere sui picchi di diossina rilevati nel rione Tamburi tra novembre 2014 e febbraio 2015. Un parere che è stato già inoltrato con una nota al presidente della Regione Michele Emiliano e agli altri interlocutori istituzionali. Confermando l’elevata criticità di quei valori, Assennato afferma che ci potrebbe essere una correlazione con le polveri derivanti dagli elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione. Da nessun altra fonte, infatti, potrebbero derivare concentrazioni così alte di diossina, paragonabili solo a quelle riscontrate in una discarica della Terra dei Fuochi.

«L’Ilva possedeva questi dati da parecchio tempo e li ha comunicati in ritardo – ha evidenziato Assennato durante la video-conferenza che ha visto la sede di Taranto in collegamento con Bari e altre città pugliesi – questo non è un modo corretto di gestire la governance aziendale che dovrebbe essere basata sulla trasparenza degli atti». Ancora una volta, quindi, il siderurgico ha preferito mettere la polvere sotto il tappeto. «Una tattica sbagliata – ha aggiunto Assennato – perché è servita soltanto ad alimentare i sospetti. Questo comportamento è ancora più anomalo». Assennato ha escluso un rischio sanitario di tipo inalatario legato a quei valori così alti: «Sono polveri troppo grossolane per comportare tale rischio. Però, ci possono essere pericoli per ingestione e attraverso l’ingresso nella catena alimentare».

graficon arpaNella parte conclusiva della nota presentata ad Emiliano e agli entri preposti, Arpa ha riassunto le sue riflessioni: «All’eccezionale aumento di diossina rilevato dal deposimetro della rete Ilva, in via Orsini, non ha corrisposto un aumento della quantità delle polveri nel deposimetro. La quantità, quindi, è rimasta invariata. La concentrazione di diossine ha raggiunto livelli così elevati da essere riscontrabili solo nelle polveri di abbattimento di alcuni elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva». Dato che viene confermato anche dal confronto tra i congeneri delle diossine. Insomma, nessun altra sorgente sarebbe in grado di giustificare dati così abnormi. Assennato ha comunque ribadito la necessità di procedere con ulteriori approfondimenti. Ci sono, infatti, aspetti ancora tutti da chiarire.

Ad Assennato abbiamo chiesto com’è arrivata tutta quella diossina nel deposimetro del rione Tamburi. «Come tutti sapete – ha risposto il direttore generale –  noi abbiamo avuto questi dati solo mercoledì scorso. Inoltre, ho dovuto disporre l’invio di un ufficiale di polizia giudiziaria in Ilva per poter avere il cd contenente i rapporti di prova. Questo era il dovere di Ilva: darci i rapporti di prova, avuti solo venerdì scorso, non la relazione del prof. Onofrio (Politecnico di Torino) che noi abbiamo comunque valutato e studiato. Abbiamo dovuto fare quindi delle valutazioni in maniera ultrarapida insieme a tutti i nostri esperti di diossina (dal dottor Giua al dottor Esposito). Al momento, in coscienza, non possiamo dire altro. Abbiamo, comunque, definito un programma di attività da compiere entro fine mese. Faremo le analisi dei deposimetri che abbiamo nella nostra rete nel rione Tamburi per verificare i valori relativi a quel periodo. Certo, se l’Ilva ci avesse informati prima, saremmo intervenuti subito». In merito alla possibilità che quei picchi di diossina possamo essere collegati alla movimentazione del suolo nell’ambito di interventi di caratterizzazione e bonifica, Assennato è stato secco: «Non posso escludere nulla al momento».

Il quadro comincia ad essere più completo. Come avevamo auspicato nel nostro articolo dello scorso 27 febbraio (clicca qui), finalmente è arrivato il parere di Arpa Puglia che fa da contraltare a quanto asserito nella relazione pro Ilva del prof. Onofrio. La pubblicazione dei contenuti di quella relazione ci è costato attacchi gratuiti che rispediamo al mittente. Il dovere di un giornalista è quello di fornire ai propri lettori tutti i tasselli di un mosaico, anche quelli sgraditi. Solo questo permette ad ogni cittadino di trarre le proprie conclusioni. Infine, è questa la cosa che più ci preme sottolineare: i nostri lettori sono molto più intelligenti di chi li crede condizionabili da un titolo.

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