Ilva, futuro in mano ai parlamentari…

Si salvi chi può: “Il destino di Taranto non è soltanto nelle mani dei tarantini o dei pugliesi: è nelle mani di un’intera classe dirigente che si fa carico dei problemi, delle ansie e delle attese di quella comunità”. Non poteva pronunciare frase peggiore il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, al termine dell’incontro con i parlamentari pugliesi che si è svolto ieri mattina a Bari presso la sede del Consiglio Regionale. All’incontro hanno partecipato il Presidente della Provincia di Taranto, l’assessore all’ambiente Sebastiano Romeo rappresentante del Comune di Taranto, il Presidente del Consiglio Regionale, i Presidenti dei gruppi consiliari, i Consiglieri regionali della provincia di Taranto, gli Assessori regionali all’Ambiente e alla Salute e il Presidente dell’Arpa.

L’ennesima inutile riunione politica su quello che ieri è stato denominato il “Dossier Taranto”, ribadendo come l’inquinamento prodotto dalla grande industria nella città dei Due Mari sia oramai da considerarsi un problema di natura nazionale, ha di fatto trasferito la patata bollente nella mani dei parlamentari pugliesi. “Abbiamo deciso – ha ribadito Vendola – di far lavorare la delegazione parlamentare, non soltanto come punto di raccordo tra il Governo centrale e le altre istituzioni (Regione, Provincia e Comune), ma anche su un profilo di tipo normativo legato agli interventi straordinari che occorre fare per la città di Taranto. Una legge speciale per Taranto? Forse potrebbe essere questa la risposta, ma sarà il lavoro condiviso dei parlamentari a sciogliere questo nodo”. Cosa potranno ottenere i parlamentari pugliesi dal Governo tecnico di Monti non è dato sapere. Basterebbe ricordare come nell’agosto del 2010 gli stessi non mossero un dito per fermare l’iter del famoso decreto legislativo 155, varato sotto Ferragosto, che di fatto abbuonò tutto il Benzo(A)pirene emesso dal 1999 ad oggi autorizzandola ad andare avanti fino a tutto il 2012: basterebbe questo episodio per diffidare dell’opera dei “nostri” parlamentari.

Tra l’altro, demandare a uomini politici che non provengono da questo territorio (tranne l’onorevole tarantino Vico, che però ricordiamo essere a favore della eco-compatibilità, oltre che ex sostenitore oggi pentito del rilascio dell’AIA dello scorso luglio, da sempre è schierato a difesa dell’industria), che non conoscono se non per titoli la situazione di Taranto, appare una disperata operazione politica in vista del giorno fatidico del 30 marzo. Perché è chiaro che le nostre istituzioni hanno inscenato una disperata corsa contro il tempo, per non arrivare a mani vuote a quella data e così poter dire di aver “fatto” qualcosa di “importante” sulla questione ambientale. Ma sanno anche loro che sarà tutto inutile. Chiedere oggi una “Vertenza o Agenda Taranto”, dopo aver fatto passare ben 24 anni da quando Taranto venne considerata “Sito di Interesse Nazionale”, appare alquanto folcloristico. Chiedere finanziamenti economici incalcolabili per “il ciclo della bonifica” ad un Governo tecnico alle prese con una gravissima crisi economica internazionale, appare del tutto fuori luogo, specie per un territorio dove la grande industria continua ad operare senza intenzione alcuna di andarsene.

Fossimo nei panni del ministro dell’Ambiente Corrado Clini, chiederemmo ai nostri politici che fine hanno fatto i 26 milioni che il ministero competente finanziò nel lontano 2006 per la bonifica del Mar Piccolo. Oppure chiederemmo loro, allargando la domanda anche alla Asl di Taranto e ai sindacati, il perché non hanno avviato alcuna indagine epidemiologica in questi lunghi 24 anni; o il perché non hanno attivato prima il registro tumori (che parte solo dal 2006); o il perché hanno firmato atti d’intesa con l’Ilva negli anni, senza andare a verificare anno dopo anno se quegli atti fossero stati rispettati ed in che misura e ritirando le parti civili sprecando l’occasione di chiedere all’Ilva il risarcimento del danno, che dopo la condanna in Cassazione del 2005, Riva è obbligato a versare nelle casse del Comune di Taranto ed in quello di Statte (per la cronaca anche ieri il sindaco Miccoli non era presente all’incontro: con la sua assenza che continua a tingersi di giallo). E potremmo continuare all’infinito.

Oggi, invece, si chiede a tutte le parti in causa di far prevalere “spirito di responsabilità e un sentimento d’amore per questa città, per costruire un percorso proficuo”, quando per decenni si è stati conniventi con la grande industria, girandosi dall’altra parte ogni qual volta si creava la possibilità concreta di “disturbare” gli interessi economici della grande industria. Spacciando per battaglie rivoluzionarie vinte, una legge regionale sulla diossina del tutto priva di obiettività scientifica, interventi sul benzo(a)pirene pressoché nulli visti i rifiuti dell’Ilva a collaborare e rinnegando l’AIA concessa lo scorso luglio, al tempo sbandierata come una grande conquista nella “dura” battaglia intrapresa contro l’Ilva.

In chiusura, due piccole annotazioni: in merito alla polemica sul quarto inceneritore, Vendola ha detto che ‘”su questi argomenti occorre raccontare la verità e ‘ che bisogna avere l’accortezza di parlare in maniera meno surriscaldata dei problemi di Taranto”: qui l’unica verità è che la Regione ha rilasciato la procedura di Via per il quarto inceneritore (che esisteva già ma era inattivo dal 2009) e l’unico surriscaldamento dell’aria proverrà dai due forni in cui bruceranno i rifiuti. Infine, da una nota del Comune, apprendiamo che il Sindaco prossimamente presenzierà a Roma al Ministero delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico per definire le schede progettuali atte a risarcire il nostro territorio da anni di presenza industriale incontrollata. Sarà. Ma è meglio che vi rassegniate: oramai siete fuori tempo massimo.
Gianmario Leone

g.leone@tarantooggi.it

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