Chi guiderà le città del futuro: la volontà degli elettori o l’intelligenza degli algoritmi?

Nel futuro è possibile che l’intelligenza artificiale ascenda al potere togliendo agli uomini ogni tipo di libertà?
Gli studiosi dicono che nella strada che porta al 2050, l’intelligenza artificiale si profila come un attore silenzioso ma determinante nella gestione della quotidianità.
Con una popolazione mondiale destinata a sfiorare i 7 miliardi nel prossimo futuro, il quadro che si prospetta sembra una scena da racconto distopico.
Non è un mistero che le amministrazioni locali si affidano sempre più frequentemente a sistemi intelligenti. Questo per coordinare flussi di traffico, monitorare infrastrutture, prevenire crisi ambientali e ottimizzare i servizi pubblici.
Per esempio a Parigi, algoritmi sofisticati identificano in tempo reale criticità stradali e agevolano il rilascio di permessi edilizi. A Valencia, una rete di sensori prevede carenze idriche e inondazioni, aumentando la resilienza urbana. Emblematico è il caso di Hangzhou, dove il “City Brain”, sviluppato da Alibaba, governa l’assetto urbano mediante analisi predittive. In questo modo si riduce la congestione amministrativa. Simili esperienze, registrate in oltre 200 iniziative europee secondo il report “AI Watch”, segnalano un mutamento strutturale nella concezione stessa del modo di governare le città.
Una governance aumentata, non automatizzata
Tuttavia, la crescente pervasività dell’IA nelle dinamiche urbane non implica una sostituzione delle decisioni umane. Per ora è una sua evoluzione. Secondo autorevoli analisi del World Economic Forum, l’intelligenza artificiale dovrebbe fungere da amplificatore cognitivo. Si delinea così un paradigma di “governance anticipatoria”, in cui le tecnologie predittive informano le politiche pubbliche, lasciando però alle autorità elette il compito di decidere.
L’AI consente di prevedere picchi di consumo, ottimizzare percorsi logistici, individuare tempestivamente criticità. Come osserva la Dott.ssa Clara Lenain di Sciences Po, l’IA agisce come un copilota. Infatti suggerisce rotte, ma il timone resta, per ora, saldo nelle mani dell’uomo. Esperienze internazionali, come quella della Finlandia, mostrano come l’integrazione dell’IA nei processi pubblici possa essere un ausilio lungimirante, purché accompagnata da adeguate competenze istituzionali.
Tecnologia e democrazia
L’adozione massiva dell’intelligenza artificiale, tuttavia, impone una riflessione profonda sul piano etico e istituzionale. Il rischio di bias di utilizzo e di concentrazioni di potere decisionale nell’AI rappresentano una sfida. La fiducia pubblica non può essere data per scontata: deve poggiare sulla trasparenza. Il mondo reale offre la possibilità per i cittadini di contestare le decisioni automatizzate.
Alcuni governi stanno introducendo comitati etici, piattaforme open source e revisioni algoritmiche partecipative, nel tentativo di armonizzare progresso tecnologico e responsabilità civica. In questo scenario, il vero nodo non sarà l’efficienza, ma la capacità delle democrazie di collaborare proattivamente con l’AI.