Taranto, la città dei mille progetti che… non decollano mai

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TARANTO – Tra il dire e il fare c’è di mezzo il… Mar Piccolo. È proprio questo mare interno il simbolo dei tanti progetti mancati per lo sviluppo di Taranto e per il suo rilancio economico. Le sue acque risultano ancora inquinate (specialmente nel primo seno), parte del ciclo biologico di produzione dei mitili è ancora vietato, le bonifiche sono ancora in fase di studio di fattibilità.

Taranto è la città dei mille progetti, rimasti quasi sempre solo su carta e rimandati all’infinito in un crescendo di disillusioni per i cittadini che ormai non credono più a nulla e che disperano nelle capacità della politica di dare un volto alle idee. La crescente astensione dal voto è l’evidente segno della sfiducia dei cittadini nelle istituzioni ormai da tanto tempo incapaci di promuovere azioni di cambiamento rispetto allo stato di un territorio sofferente dal punto di vista strutturale, economico, sociale, sanitario e ambientale.

Ricordiamo tutti le parole pronunciate nel 2012 da parte dell’ex ministro Clini che, in piena battaglia legale, contrapponeva le ragioni della Procura di Taranto alle iniziative del Governo in merito al sequestro degli impianti di produzione dell’Ilva, garantiva tempi brevi (addirittura pochi mesi) per la copertura dei parchi minerali e l’attuazione delle prescrizioni AIA.

Ebbene, nel bel mezzo del 2017, siamo ben lungi dalla completa realizzazione di tutte le misure richieste per rendere (cosa di per se discutibile) compatibile da un punto di vista ambientale la grande industria. In particolare, il progetto di copertura dei parchi minerali sembra opera davvero complicata, sia per l’impegno economico che essa comporta, sia per la pregressa situazione di inquinamento dei terreni e della falda sottostanti che andrebbero bonificati prima della realizzazione delle strutture che finalmente eliminerebbero la diffusione delle polveri minerali nei quartieri più vicini all’acciaieria.

Bonifica del SIN Taranto, ecco l’altra opera incompiuta: siamo ancora a percentuali di territorio risanato davvero minime, circa l’8% del totale (secondo i dati ufficiali forniti dal sito del Ministero dell’Ambiente) e questo malgrado la presenza a Taranto di un Commissario del Governo e roboanti promesse di investimenti che sarebbero dovuti arrivare tramite denaro pubblico e denaro sequestrato ai Riva.

Dalle mancate bonifiche al mancato rilancio di agricoltura e allevamento il passo è breve. Senza la realizzazione delle prime, Taranto non potrà mai scrollarsi di dosso il marchio di territorio inquinato e non vi potrà essere la giusta valorizzazione delle sue produzioni agricole d’eccellenza che potrebbero favorire lo sviluppo del comparto eno-gastronomico di cui da anni si parla e che altri territori, anche prossimi al nostro, hanno saputo rendere caratterizzante per le economie locali.

La Città Vecchia è altro simbolo del fallimento dei tanti piani di recupero e ristrutturazione che si sono susseguiti nei decenni scorsi: dal “Piano Blandino” passando per Urban II e arrivando al Tavolo per Taranto; tutta una serie di tentativi di riportare il borgo antico a condizioni di vivibilità e di valorizzazione del patrimonio artistico e architettonico che sono costati decine di milioni di denaro pubblico senza un risultato nemmeno paragonabile al successo che analoghe iniziative hanno avuto in altre città e paesi pugliesi: da Bari a Lecce, passando per Oria, Ceglie Messapica, a Cisternino, località in cui la rinascita dei centri storici ha dato linfa vitale allo sviluppo turistico.

La Città Vecchia, malgrado tutto, continua ad attrarre visitatori, sebbene persista una condizione di degrado urbano ormai grave: l’importanza che essa potrebbe avere per un rilancio turistico del territorio è enorme se fosse trattata come una risorsa e non solo come uno strumento per alimentare canali di spesa pubblica non inseriti in un progetto organico generale. Potremmo elencare altri progetti grandi e piccoli che sono stati presentati e spesso subito abortiti o bloccati in attesa di finanziamenti.

Ne citiamo solo alcuni: ampliamento dell’offerta universitaria, Museo del mare, Parco delle Gravine, porto turistico, riconversione civile delle aree militari dismesse, lungomare del Mar Piccolo, riconversione ex base navale presso Stazione Torpediniere, nave museo Vittorio Veneto, ospedale San Cataldo, aeroporto di Grottaglie per voli civili, metropolitana leggera, autostrade del mare, clinica per delfini, parco acquatico delle Cheradi.

Una miriade di progetti spesso accattivanti che potrebbero cambiare il volto di Taranto, trasformarla in una città proiettata verso un futuro non solo industriale, ma che restano nei cassetti delle amministrazioni locali e del governo regionale e nazionale. Il vero dubbio è che si propongano tanti progetti per non cambiare davvero nulla e il vero obiettivo di chi ci governa sia quello di lasciare Taranto in una sorta di limbo perenne in cui l’illusione del cambiamento ci lasci solo intravedere quella svolta che in effetti non avverrà mai.

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