Ilva e salute, Ambrogi Melle: basta essere trattati come cavie

Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Lina Ambrogi Melle, consigliere comunale del Gruppo Ecologisti per Bonelli.

Mi accorgo che negli ultimi giorni ci sono stati interventi che potrebbero generare un po’ di confusione nell’opinione pubblica. Pertanto ritengo di dover fare alcune precisazioni riguardo le recenti dichiarazioni di un consigliere comunale, lui si dichiaratamente in campagna elettorale come candidato sindaco a differenza della sottoscritta che lavora da anni senza alcuna finalità propagandistica ma semplicemente in coerenza con il programma della lista civica “Ecologisti per Bonelli” del 2012.

Dunque la richiesta al Ministero dell’Ambiente di revoca dell’Aia all’Ilva, come espresso nella mozione approvata in consiglio comunale, è soprattutto un atto di indirizzo politico che dovrebbe chiarire al Governo la volontà del Comune  di Taranto di voler tutelare la vita e la salute dei tarantini al di sopra di ogni altro interesse economico o di parte.

Ricordo perfettamente le parole del nostro sindaco allorquando mise la sua firma sull’Aia promettendo di ritirarla qualora non fosse stato rispettato rigorosamente il cronoprogramma di realizzazione delle prescrizioni in esso contenute. Ebbene, nel 2015 sono scaduti ampiamente i 36 mesi previsti e le prescrizioni Aia più importanti e costose non sono state realizzate.

Perché allora, alla luce anche degli ultimi studi epidemiologici in cui, come dichiara l’Ordine dei Medici di Taranto “l’unica relazione di causa e di effetto tra inquinanti e malattie a Taranto è quella dimostrata dal Prof. Francesco Forastiere e colleghi, e riferita agli inquinati immessi in ambiente dall’impianto siderurgico”, non intervenire chiedendo al Governo di porre fine a questo genocidio revocando l’Aia  e quindi chiudendo gli impianti pericolosi dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, già sottoposti a sequestro dalla magistratura?

Voglio poi ricordare al distratto consigliere comunale, che giudica improponibile il nostro ricorso alla Corte di Strasburgo, che il nostro ricorso depositato nell’ottobre 2015, non solo è stato accolto, ma ha anche ottenuto la trattazione urgente lo scorso 2 febbraio 2016 ed in maggio 2016 si è aperto formalmente il procedimento contro lo Stato italiano, da noi accusato di violare, con le sue leggi “salva Ilva”, i nostri diritti alla vita ed alla salute. Ora attendiamo, entro il 12 dicembre 2016, le difese del Governo italiano che ha già chiesto diverse proroghe, evidenziando così le sue difficoltà anche morali in questa triste vicenda.

Al nostro sindaco chiedo ancora una volta di non permettere che continuino a studiarci come CAVIE, mentre tengono in funzione impianti che sono stati abbondantemente certificati come causa di malattie e di morti a Taranto. Ma di quali altri studi abbiamo bisogno? Ci sono le perizie epidemiologiche del Tribunale che portarono il 26 luglio 2012 ad un sequestro senza facoltà d’uso degli impianti pericolosi dell’area a caldo.

A Genova fu sufficiente quello per chiudere l’area a caldo, mentre a Taranto , nonostante le numerose certificazioni successive dello studio SENTIERI, del registro Tumori con i relativi aggiornamenti, fino ad arrivare all’ultimo studio Forastiere della Regione Puglia in collaborazione con la Regione Lazio, l’ARPA e l’ASL , ancora si chiedono conferme e ulteriori studi. E’ invece arrivato il momento di prendere decisioni forti e di mettersi al fianco di una popolazione stremata dalle malattie, dal dolore, dalla mancanza di lavoro che reclama un futuro diverso per i propri figli.

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