Porto di Taranto, TCT al passo di addio

porto di tarantoTARANTO – Il ritornello è lo stesso da almeno tre anni a questa parte. Ed è stato ripetuto anche ieri sera a Roma: “La strategicità del Porto di Taranto e del suo terminal è stata ribadita oggi (ieri per chi legge), a Palazzo Chigi, durante l’incontro con le istituzioni locali (il Sindaco Ippazio Stefàno, il presidente dell’Autorità Portuale Sergio Prete) e le organizzazioni sindacali di categoria nazionali e territoriali”. Questa la nota diramata ieri sera da Palazzo Chigi. Per il governo – rappresentato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, dal Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e dalla Sottosegretaria al Lavoro Teresa Bellanova – il porto di Taranto rappresenta “una priorità per il Paese e per l’Europa, nel quadro del cosiddetto Corridoio Nord-Sud. Per tale ragione, nel richiamare l’azienda TCT al massimo senso di responsabilità, il Governo ribadisce il proprio impegno ad operare per mantenere aperte le prospettive produttive e occupazionali del Terminal e tutelare al meglio i 540 lavoratori interessati dalla vertenza”. Ma la realtà è ben diversa. Del resto, già la scorsa settimana si era ben compreso come stavano le cose: ben tre rinvii nel giro di appena 72 ore.

L’assemblea degli azionisti della Taranto Container Terminal (di cui Hutchinson è azionista col 50 per cento, Evergreen col 40 e il gruppo Maneschi col restante 10) che era chiamata a dare una risposta definitiva sulla pre-intesa siglata nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, riunitasi lunedì in prima chiamata e martedì in seconda, aveva rinviato ogni decisione al Cda di ieri alle 12 del mercoledì. Ma il tutto è stato rinviato all’assemblea dei soci del prossimo 12 giugno. Dunque, sulla carta c’è ancora qualche speranza. Ma sino a ieri non è giunto alcun segnale positivo sulla volontà di restare a Taranto e quindi sull’accettazione della pre-intesa siglata il 18 maggio scorso a Roma dal governo, dall’Autorità Portuale e dall’amministrazione comunale.

Ma stando a quanto trapelato nel vertice di ieri, la realtà e soprattutto il futuro per il porto di Taranto sarà ben diverso. Lo stesso sottosegretario De Vincenti ha aperto i lavori sottolineando che al di là delle prospettive che avrà il porto una volta terminati tutti i lavori, è sempre più vicino il disimpegno della Taranto Container Terminal. In ballo ci sono infatti i 540 lavoratori a cui il 28 maggio è scaduta la cassa integrazione, ed attualmente sono in ferie forzate. Ovviamente in ballo c’è la concessione della banchina del molo polisettoriale sino al 2061: che in caso di abbandono, è stato spiegato ieri, tornerebbe in possesso del governo e dell’Autorità Portuale. A quel punto l’obiettivo diventerebbe quello di attrarre nuove società terminaliste interessate ad operare nello scalo ionico sin da subito per quanto concerne il traffico “feeder”, per poi accrescerlo nel corso dei prossimi due anni così come previsto dalla pre-intesa del 18 maggio.

Che prevedeva come che il 2015 e il 2016 fossero utilizzati per l’esecuzione dei lavori: soltanto nel 2017 sarebbe iniziata la ripresa del traffico merci stimata intorno ai 200mila TEU l’anno, per poi tornare a marciare a regime nel triennio 2018-2021 con una media di 800mila-1 milione di TEU l’anno. Presupposto perché ciò si realizzi nei tempi proposti, era che Evergreen facesse rientrare a Taranto il traffico portato a partire dal 2011 al Pireo (quando furono dirottate al porto del Pireo due linee internazionali su quattro del traffico merci, trasloco poi proseguito con la decisione dello scorso 21 settembre con cui Evergreen cancellò dal suo sito istituzionale Taranto come approdo delle navi oceaniche) oltre che i feeder che dal mese di maggio sono stati dirottati nel porto di Bari. Oltre, ovviamente, al rinnovo della cigs, alla condivisione del cronoprogramma dei lavori di adeguamento al terminal e agli investimenti che le competevano direttamente: i lavori a carico della società terminalista riguardavano l’ammodernamento delle dieci gru esistenti e l’installazione delle nuove, che saranno in grado di operare sulle portacontainer di ultima generazione (interventi ammontanti a circa 7 milioni di euro): ma sin dallo scorso ottobre, quando fu sospeso il traffico merci proprio con la giustificazione di iniziare questi lavori, non si è mossa una foglia.

I sindacati hanno capito, da tempo e non certo da oggi, che il momento è delicato. E che ciò che più conta adesso è mettere al sicuro, con il rinnovo della cig, i 540 posti di lavoro in ballo. Se possibile, il ministro Del Rio è stato ancora più netto e pessimista del sottosegretario De Vincenti: del resto, lo stesso ha seguito molto da vicino la vicenda del porto di Taranto nell’ultimo anno. E se Del Rio sostiene, come affermato durante il vertice di ieri, che la TCT non crede più nella possibilità di continuare ad operare nello scalo ionico, avendo scelto altre destinazioni (su tutte il Pireo e la Spagna), c’è da credergli. La TCT è ad un passo dalla liquidazione, inutile continuare a prenderci in giro. Ma le avvisaglie di tutto questo, sono arrivate già da tantissimo tempo. Mesi, per non dire anni. Nel corso dei quali, con responsabilità e ruoli ovviamente diversi, tutti hanno la loro colpa: governo, Comune e Provincia, sindacati (e i lavoratori che ancora troppo si fidano e si affidano a quest’ultimi e poco s’informano sul loro destino), classe dirigente (Confindustria, Camera di Commercio, Cofcommercio e via dicendo, che negli ultimi mesi ha avuto come unico obiettivo quello di piazzare sullo scranno della presidenza dell’Autorità portuale un suo uomo) e società civile da sempre poco attenta alle vicende del porto.

Che abbiamo seguito con attenzione in tutti questi anni, lanciando una serie infinita di allarmi rimasti come sempre del tutto inascoltati (se qualcuno ha buona memoria, ci si ricorderà di quando denunciammo nell’agosto del 2012 la distrazione dei fondi destinati al Distrpark, 35 milioni di euro dirottati alla “Riconfigurazione della banchina del molo” da parte della Regione Puglia in sede di accordo nel giugno precedente, con l’avallo anche delle nostre istituzioni locali, come confermò l’ex presidente della Provincia Gianni Florido nel settembre dello stesso anno). Ed oggi, quindi, siamo costretti a concludere come facemmo già lo scorso aprile, dopo la notizia della scelta dello scalo di Bari da parte di Evergreen, per il traffico “feeder”: “altrove, hanno già deciso. E non da oggi. Ora, mi raccomando, prendiamocela nuovamente con Roma, con il “governo ladro”, con Bari, Vendola (il neo eletto Emiliano) e quant’altri. Per piangerci addosso e rimpiangere un futuro diverso e migliore per tutti abbiamo pur sempre tempo davanti a noi. L’eternità. Auguri”.

Gianmario Leone

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