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Primo Maggio a Taranto, Travaglio e quei pezzi di verità omessi

TARANTO«Per fortuna non tutti hanno taciuto in questi anni, non tutti hanno chiuso gli occhi, la bocca e le orecchie. Per fortuna non tutti hanno usato la lingua per leccare. Per fortuna qualcuno ha usato anche la lingua per parlare, per gridare, per denunciare e anche per sparlare della classe dirigente e tra questi ci sono anche molti giornalisti». Bene, partiamo da queste parole pronunciate da Marco Travaglio, direttore de “Il Fatto Quotidiano”, nel tardo pomeriggio di ieri sul palco del Primo Maggio tarantino. Parole che avremmo condiviso anche noi se fossero state accompagnate da informazioni più complete e oggettive su quanto avvenuto in ambito giornalistico da diversi anni a questa parte.

Travaglio ha commesso il grave errore di basarsi sulle informazioni e sulla documentazione ricevuta – evidentemente – solo da alcuni addetti ai lavori. Il che non gli ha evitato di commettere qualche passo falso come citare i “Capriati” (storico clan barese) invece di riferirsi ai “Modeo” nella parentesi dedicata alle relazioni “pericolose” coltivate dall’ex sindaco e parlamentare ionico Giancarlo Cito. Così come non ci risulta che l’ultimo decreto salva Ilva preveda il rispetto solo dell’80% delle prescrizioni come ha lasciato intendere il direttore de “Il Fatto Quotidiano”.  Il Piano ambientale, infatti, “si intende attuato se entro il 31 luglio sono realizzate, almeno nella misura dell’80%, il numero delle prescrizioni in scadenza a quella data”. Mentre il 100% delle prescrizioni Aia dovrà essere completato entro il 4 agosto 2016. Un impegno su cui non scommettiamo un centesimo neanche noi, ci mancherebbe altro, ma la precisazione va comunque fatta.

Travaglio ha raccontato, quindi, una realtà parziale e disordinata. Cosa che da un giornalista affermato e stimato a livello nazionale come lui non ci saremmo certo aspettati. Travaglio ha citato alcuni collaboratori del suo giornale che ieri hanno curato un inserto speciale dedicato all’evento tarantino, e ha incensato le gesta di un cronista locale, diventato all’improvviso “eroe per caso” e paladino della battaglia contro i Riva e contro l’inquinamento “Made in Ilva”. Ha omesso di ricordare che lo stesso giornalista lavorava per una emittente televisiva che prendeva i soldi per la pubblicità dell’Ilva e che dopo il blocco di questi introiti, guarda caso, aveva repentinamente sposato una linea “ribelle”. C’è stato un tempo in cui la stessa emittente (Blustar) non esitava a mandare in trasferta i suoi giornalisti per lisciare il pelo al colosso dell’acciaio in convegni dedicati alla tecnologia. Notizie così “prodigiose” da meritarsi la prima parte del tg.

Inoltre, Travaglio non si è soffermato adeguatamente su coloro che sono stati giornalisti “giornalisti” anche in tempi non sospetti, molto prima che scoppiasse l’inchiesta “Ambiente Svenduto” (estate 2012). Ha omesso di dire, ad esempio, che c’è stato un quotidiano (TarantoOggi) che la pubblicità dell’Ilva non l’hai mai pubblicata e i cui giornalisti non erano invitati alle conferenze stampa del Siderurgico. Così come ci sono stati alcuni colleghi che hanno continuato a fare il loro dovere anche in testate sovvenzionate dalla dirigenza Ilva. Forse si contano sulle dita di una mano, è vero, ma ci sono stati. Non ci sembrano dettagli irrilevanti. Fanno parte della storia di Taranto. In pochi la conoscono bene, ma a noi (che a Taranto ci viviamo da sempre) spetta ricordarlo.

Alessandra Congedo

Foto 1 di Francesco Settembre

Foto 2 di SegnoUrbano.it

 

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