Inoltre la Fiom ricorda alla Direzione Territoriale del Lavoro che già il 3 marzo del 2011 l’Ilva e le organizzazioni sindacali firmarono, proprio ai sensi dell’articolo 4 Legge 300 20.05.1970, un verbale di mancato accordo “in cui la FIOM Cgil, a differenza di FIM Cisl e UILM Uil, manifestò il proprio dissenso rispetto al progetto illustrato con le stesse motivazioni sopra riportate”.
A seguito dell’invio del verbale di quel mancato accordo, “da parte di Ilva S.p.a. alla DPL., le RR.SS.UU. della FIOM Cgil Francesco Bardinella e Francesco Brigati furono ascoltate, presso la Direzione dell’azienda, dalla dott.ssa Marinosci della DPL di Taranto, la quale voleva capire le motivazioni per cui gli stessi si erano mostrati contrari rispetto alla installazione degli impianti di videosorveglianza”. Pertanto la segreteria della FIOM Cgil, unitamente alle RR.SS.UU, chiede l’intervento della Direzione Territoriale del Lavoro per quanto di sua competenza.
L’azienda ha giustificato l’iniziativa dell’installazione delle telecamere, per individuare i responsabili dei danneggiamenti agli ascensori, a quanto pare pratica alquanto diffusa in azienda e che ha creato non pochi disagi per quei lavoratori che dopo 8 ore di lavoro, per tornare negli spogliatoi sono costretti a farsi diversi piani di scale a piedi. Come detto però, la Fiom Cgil non ha firmato l’accordo, in quanto ritiene la ripresa video della zona ascensori, durante i lavori di pulizia o di manutenzione degli stessi, una violazione della legge, e dello Statuto dei lavoratori, in quanto costiuisce un controllo a distanza delle attività poste in essere dai dipendenti diretti o dell’appalto. La Fiom infatti, propende non per un’azione di repressione ma per una “persuasione morale” che permetta ai lavoratori di isolare i vandali, individuarli e denunciarli. Siamo proprio curiosi di sapere chi sono questi “campioni”.
G. Leone (TarantoOggi, 24.07.2014)
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