Call center, osservatorio nazionale

call centerTARANTO – 80.000 addetti e un giro di affari di 1,3 miliardi di euro, di cui solo il 60% stabilizzato, e molte aziende, tra le quali Almaviva e Teleperformance, che utilizzano gli ammortizzatori sociali. Sono i numeri del mondo dei call center in outsourcing, un business che, tra delocalizzazioni (solo in Albania sono in diecimila a lavorare per i call center italiani) e le gare di appalto al ribasso, rischia il collasso. A breve saranno a rischio, secondo i sindacati di categoria Slc Cgil, Uilcom Uil e Fistel Cisl, 10mila posti di lavoro. “Gran parte dei lavoratori dei call center – spiegano – beneficiano degli ammortizzatori sociali che sono in scadenza e difficilmente finanziabili”. Solo per fare un esempio, è in fase di rinnovo il contratto di solidarietà per i lavoratori di Almaviva.

Per questo i call center hanno da tempo lanciato un sos al Governo: servono interventi regolatori, soprattutto per evitare la jungla nei rapporti di lavoro e la concorrenza fiscale tra regioni. Di questo, e altro, si è discusso ieri al ministero dello Sviluppo Economico al primo tavolo che il dicastero di via Veneto dedica al comparto. Il confronto – presieduto dal vice Ministro Claudio De Vincenti alla presenza anche di alti dirigenti del Mise e del Ministero del Lavoro – ha visto la partecipazione delle associazioni Assocontact, Federutility e Asstel e delle segreterie nazionali dei sindacati di categoria Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Nel mirino ci sono, in modo particolare, le gare al massimo ribasso, responsabili delle conseguenti delocalizzazioni aziendali e quindi della contrattualizzazione selvaggia. La richiesta corale che viene dai call center è che sia riscritta la normativa sui cambi di appalto, applicando l’articolo 2112 del codice civile, quello che disciplina la cessione dei rami d’azienda. L’esecutivo ha lanciato la proposta, che è stata ben accolta da tutti i presenti, di un osservatorio nazionale. Con l’impegno, da parte dei ministeri interessati dalla vertenza, ad approfondimenti tecnici e legislativi su tutte le questioni sollevate, la riunione è stata riconvocata per la metà di giugno.

“Abbiamo chiesto al governo di produrre semplici modifiche legislative in grado di migliorare l’occupazione facendo risparmiare la spesa dello stato in ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione”, ha dichiarato al termine dell’incontro di ieri Michele Azzola, segretario nazionale della Slc Cgil. “Non si tratta – continua Azzola – di avanzare richieste fantasiose, ma di allineare l’Italia a quanto già fatto dagli altri Paesi europei che hanno recepito puntualmente i contenuti della direttiva 2001/23/CE a tutela dei lavoratori”. La Fistel Cisl ha apprezzato la presenza al tavolo del vice ministro De Vincenti “che ha dimostrato conoscenza e disponibilità ad analizzare e risolvere le criticità del settore”, ha dichiarto il segretario nazionale della Fistel, Giorgio Serao. “Abbiamo posto al centro la questione delle delocalizzazioni, le gare al massimo ribasso senza tener conto dei minimi contrattuali dei lavoratori, la riduzione Irap e abbiamo condiviso con le altre organizzazioni sindacali la necessità di estendere il 2112 alle commesse che cambiano appaltatore garantendo così diritti e salario – prosegue Serao -. Abbiamo chiesto al ministero del lavoro di attivare l’ufficio ispettivo e di verificare la corretta applicazione del 24 bis legge Fornero sul rispetto della privacy, della comunicazione al ministero delle delocalizzazioni e dell’avviso all’utente se risponde un call center estero”.

Per Salvo Ugliarolo, segretario nazionale della Uilcom, l’incontro di ieri è stato un “momento importante per il settore”. “Dopo la circolare Damiano con la quale sono state regolarizzate migliaia di posizioni lavorative, soprattutto al Sud – ricorda il sindacalista – la politica ha praticamente abbandonato a sé stesso il settore. Con il summit il governo ha, invece, dato  segno di grande interesse”. La Uilcom ha acceso i riflettori in particolar modo sui cambi d’appalto e le cessioni di ramo d’azienda. “Su questo fronte – avverte Ugliarolo – non è più tollerabile un vuoto normativo che è causa primaria di troppi licenziamenti. Diversamente da quanto accade in Francia e Uk, ad esempio, in Italia quando un’azienda perde una commessa a favore di un’altra oppure cede le attività di contact center i lavoratori, troppo spesso, non seguono la commessa o lo spin off ma vengono licenziati”. Ciò nonostante, i sindacati ieri hanno confermato lo sciopero nazionale dei lavoratori dei call in outsourcing center indetto per il 4 giugno, con tanto di manifestazione a Roma. Infine, la Camera prosegue l’indagine conoscitiva sui call center. Ieri la commissione Lavoro ha ascoltato le riflessioni di Massimo Canturi, Ad di Comdata.

G. Leone (TarantoOggi, 28 maggio 2014)

 

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