Michele Riondino: “L’unico voto utile è quello non sprecato, non regalato, non svenduto”

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riondino“Il successo dell’ 1 maggio di Taranto, organizzato dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, ha riposto al centro del dibattito le potenzialità delle iniziative dal basso, senza sponsor e “benedizioni” dall’alto. I cittadini hanno raccolto la nostra sfida, al grido di “io non delego, io partecipo”, riuscendo a realizzare qualcosa di magnifico. Si sono sostituiti alle istituzioni; hanno dimostrato che si possono superare i diversi punti di vista se come traguardo ognuno pone lo stesso obiettivo”. Lo afferma Michele Riondino, attore  e protagonista dell’organizzazione del Primo Maggio tarantino in una nota che riportiamo integralmente.

“Non mi soffermerò ulteriormente su quanto realizzato l’1 maggio e già ampiamente commentato in altre occasioni. Vorrei porre l’accento, invece, sulle paure e le reazioni di chi teme che tutto ciò possa in qualche modo scalfire il proprio potere. Sapevamo che prima o poi le loro provocazioni sarebbero arrivate. Evidentemente invitare la gente a non esprimere alcun voto mette i politici di professione alle strette. D’altro canto le logiche che da sempre governano la politica e l’economia di Taranto non contemplano il coinvolgimento della gente comune nella realizzazione dei progetti e nella pianificazione dello sviluppo.

Quando ciò avviene con successo qualcuno inizia a sentire venir meno il terreno sotto i propri piedi. Il cittadino è ridotto a elettore passivo, chiamato a scegliere spesso tra facce della stessa medaglia e lasciato nell’ignoranza di ciò che viene deciso nelle stanze chiuse (pensiamo, ad esempio, al recupero-speculazione della Città Vecchia o al folle Piano Cimino). E allora via all’operazione paura per spaventare chi si è avvicinato in questi giorni al Comitato con un nuovo spirito di speranza. Quale malefico progetto può avere in mente Michele Riondino quando invita i cittadini a non votare? Quale spirito eversivo lo guida? L’inchiostro si spreca e i politici, gli stessi che dovrebbero dare risposte a questa terra, si pongono addirittura come ultimo baluardo della democrazia.

Nessuno di loro si è fatto carico delle proposte della campagna Rischio Sanitario Taranto; nessuno di loro si è venuto a confrontare con il Comitato sui problemi concreti o sulle ipotesi da esso avanzate per reperire le risorse necessarie a ridisegnare il sistema sanitario locale. Quando, però, si tratta di buttare fango eccoli di nuovo lì in prima fila. Ovviamente non tutti (almeno questo) ma uno non manca mai: Michele Pelillo. Tenta spudoratamente di inventarsi meriti che qualunque tarantino di buon senso sarebbe capace di smontare e, come ogni professionista della politica, non prova nessun pudore nel farlo. Parla di risultati ottenuti signori miei, di grossi risultati.

Il signor Pelillo è riuscito a fare cose in un anno che nemmeno in 50 anni si è stati in grado di fare. Ma cosa ha fatto? Ah si, ha contribuito ad autorizzare una grandissima discarica di rifiuti industriali, che sicuramente ci aiuterà a risolvere la questione ambientale; ha coperto finalmente i parchi minerali a ridosso delle case del rione Tamburi con delle magnifiche reti da calcetto; sta facendo ridiscutere e modificare al Senato l’impianto di un disegno di legge, già passato alla Camera a febbraio, il quale se tutto va bene dovrebbe arricchirsi di un nuovo dettaglio: i crimini ambientali dovranno essere dichiarati irreversibili per poter essere puniti.

In pratica per punire chi commette reati ambientali i giudici avranno bisogno di almeno dieci, quindici anni di indagini e di un danno che non possa più essere contenuto e risolto. Inoltre sicuramente il signor Pelillo in quest’anno avrà affrontato e risolto anche le problematiche legate alla questione sanitaria, alle infrastrutture, all’occupazione e forse avrà anche trovato la cura al cancro. Evidentemente però è troppo timido per prendersi tutti i meriti e allora non si presenta in pubblico a mostrare i risultati. Non ama gli allori della gloria, preferisce offrirli alla stampa tramite dichiarazioni spontanee.

È modesto il ragazzo. Non voglio, però, dedicare a lui troppo spazio di questa mia nota. Voglio rivolgermi alle persone comuni come noi. Miei cari concittadini, il mio invito “demagogico” al non voto è un atto politico, è una presa di coscienza, è l’ultimo gesto di sfida alle istituzioni che si sono rese nemiche del popolo. Il voto è sacro e non va sprecato. È proprio per questo che dico che è per rispetto di quel sangue versato da altri prima di noi che non si può più sprecare la nostra forza, la nostra ultima arma.

L’unico voto utile è quello non sprecato, non regalato, non svenduto. Votare il meno peggio è come accettare l’idea che non si potrà mai arrivare al miglior risultato possibile; quello che risponde alle esigenze della collettività, quello che risolve e non insabbia, chiude un’epoca e ne rilancia un’altra. A Taranto il voto non è stato sufficiente a limitare l’azione di chi si muove nell’ombra e governa sempre e comunque al di là dei colori politici. Chi parla di “sistema Archinà”, con riferimento all’inchiesta della magistratura sull’Ilva, fa un clamoroso errore. Quello era il “sistema Taranto” e, seppure sotto altre forme, determina ancora oggi le sorti di questa terra. È per questo che non mi sento rappresentato. Il sindaco attuale afferma di non essere sorpreso dalle mie invettive e che gridando dal palco ho solo voluto motivare un pubblico giovane usando termini giovani (oddio quanto odio il termine “giovane”).

Ecco dunque la considerazione che il signor Stefàno ha del nostro punto di vista e del nostro risentimento nei suoi confronti. Ritiene sia solo uno sfogo tardo adolescenziale, come la richiesta di attenzione di un figlio in piena tempesta ormonale. Caro Ippazio, lo dico fuori dai denti: il topexan è un ricordo del passato, quella che grido oggi è rabbia e voglia di riprendermi il tempo che ci hai sottratto. È solo quando i cittadini di Taranto si riapproprieranno della politica che andare a votare avrà di nuovo il grande significato voluto dai nostri padri costituenti.

Non applaudiamo chi fa arrivare a Taranto i soldi per gli screening sanitari perché sappiamo che non ci aiuteranno a risolvere neanche in parte il problema; non crediamo a chi si affida all’AIA perché sappiamo che, anche qualora si trovassero i soldi per applicarla, non impedirà all’Ilva di inquinare. Voglio sentir parlare di alternative, fermo degli impianti e bonifiche e chi continua a dire che il futuro è l’acciaio semplicemente non sa quel che dice.

Come può la gente di Taranto continuare a votare chi sostiene che l’Ilva diventerà ecocompatibile quando addirittura Antonio Gozzi, presidente di Federacciai (tutt’altro che un ambientalista), dichiara che l’azienda sta fallendo e che chi lo nega non dice la verità? Questa terra avrebbe meritato politici e sindacati capaci di programmare quel dopo Ilva che è oramai dietro l’angolo. Solo loro fanno finta di non vederlo e fingono clamorosamente nella speranza che quando accadrà non toccherà a loro farsi carico del problema. È da queste considerazioni che nasce la mia intransigenza.

Il vuoto elettorale che auspico, per forza di cose dovrà essere colmato dalla candidatura e l’elezione di una figura nuova e indipendente, libera e autonoma. Qualcuno che metta insieme le anime dei diversi comitati e delle diverse associazioni, che unisca ambientalisti e operai. Solo fino ad allora nessuno dovrebbe sprecare il proprio voto. In attesa che lo spirito dell’ 1 maggio possa contagiare ogni aspetto della vita pubblica tarantina, io non riporrò più fiducia in chi non parlava e non parla di riconversione impiegando per primi gli attuali lavoratori dell’Ilva”.

 

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