Ilva: pm Milano, a processo Emilio e Fabio Riva e altri due

ILVA NUOVAMILANO –  La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per l’ex patron dell’Ilva Emilio Riva, per il figlio Fabio e per altre due persone accusate di associazione per delinquere e truffa aggravata nell’ambito di uno dei filoni di indagine sul colosso siderurgico. Al centro dell’inchiesta, per la quale a gennaio è stato anche emesso un mandato d’arresto europeo per Fabio Riva (si trova a Londra), c’è una truffa ai danni dello Stato che avrebbe fruttato 100 milioni di euro.

La richiesta di giudizio immediato, inoltrata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Mauro Clerici e Stefano Civardi al gip Fabrizio D’Arcangelo, riguarda anche Agostino Alberti, consigliere delegato della società svizzera Ilva Sa, e Alfredo Lomonaco, presidente della finanziaria elvetica Eufintrade. I due sono stati arrestati lo scorso 22 gennaio in contemporanea all’emissione del mandato di arresto europeo per Fabio Riva, attualmente in libertà vigilata a Londra per via dell’inchiesta di Taranto. Secondo il filone di indagine, per il quale sono indagate altre due persone (anch’esse destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare non eseguita in quanto si trovano in Svizzera) e l’Ilva stessa (in base alla legge 231/2001), Fabio Riva e altri manager avrebbero creato una società ad hoc con sede a Lugano, l’Ilva Sa, per aggirare la normativa (la ‘legge Ossola’) sull’ erogazione di contributi pubblici per le aziende che esportano all’estero. In sostanza, la legge prevede che le società, che hanno commesse estere e ricevono però i pagamenti in modo dilazionato nel tempo (dai 2 ai 5 anni), possano ricevere stanziamenti da Simest, la controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti. L’Ilva, secondo l’accusa, non avrebbe potuto avere questi fondi, in quanto veniva pagata per le sue commesse con dilazioni a non più di 90 giorni. E così, in base agli accertamenti, sarebbe stata costituita la società svizzera che prendeva le commesse all’estero e poi si interfacciava con l’Ilva spa. A quel punto, i pagamenti dalla società svizzera all’Ilva venivano dilazionati nel tempo in modo da poter rientrare nella normativa sulle erogazioni pubbliche. La truffa, secondo la ricostruzione dei pm, è stata commessa tra il 2007 e il 2013, e sarebbe di 100 milioni di euro. Cifra che sempre a gennaio il Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano, ha sequestrato agli indagati. Ora la parola passa al gip D’Arcangelo. (Ansa)

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