TARANTO – Lo scorso 27 marzo, l’allora presidente dell’Ilva Spa Bruno Ferrante, in occasione degli auguri di Pasqua annunciò agli operai del siderurgico tarantino che l’insediamento di Enrico Bondi come amministratore delegato dell’azienda, sarebbe avvenuto nella metà di aprile, “subito dopo l’approvazione del bilancio 2012”. Poi, dopo l’ok della Consulta alla legge ‘salva-Ilva’ varata dal governo Monti, e del conseguente sblocco dell’acciaio da parte del gip Patrizia Todisco sequestrato il 26 novembre 2012, Ferrante annunciò che il bilancio 2012 sarebbe stato rivisto alla luce. A tutt’oggi però, di quel bilancio ancora non vi è traccia. L’Ilva Spa infatti, non ha ancora depositato alcun bilancio. Tant’è che nella tavola rotonda “Bilanci d’acciaio” organizzata mercoledì, i dati della produzione dell’acciaio italiano nel 2012, sono stati annunciati incompleti. E forse, per gli amanti della siderurgia a tutti i costi, è stato un bene.
Visto che senza Ilva sono stati registrati bene tre miliardi di ricavi in meno. L’annus horribilis dell’acciaio italiano, ha visto i ricavi scesi a poco più di 23 miliardi, rispetto ai 26,3 dell’anno precedente. L’analisi, condotta da Siderweb sui bilanci di 700 aziende, ha registrato per i produttori un calo del 12,4%, “in linea con quanto realizzato da chi sta a valle della filiera, cioè centri di servizio e distributori mentre lo shock principale è nel cluster degli acciai inossidabili, i cui valori si sono dimezzati in un anno a poco più di due miliardi di euro, frenati soprattutto dalla crisi di Terni”. A pesare negativamente, oltre alle vicende dell’Ilva e della Riva Acciaio, la congiuntura negativa di tutti i settori che utilizzano l’acciaio, a partire dal comparto delle costruzioni.
Dal punto di vista dei volumi, lo scorso anno Federacciai ha registrato un calo contenuto a 1,5 milioni di tonnellate (-5,1%), un quadro che però è in netto peggioramento nel 2013. Nei primi otto mesi dell’anno, infatti, i volumi prodotti si sono fermati a 15,9 milioni di tonnellate, in calo del 14% rispetto allo stesso periodo del 2012, una discesa determinata principalmente dai prodotti piani, in calo di oltre 20 punti percentuali (che in quel del Nord si addebitano “ai ripetuti stop imposti ad Ilva dalla magistratura”, dimenticando che l’Ilva non ha mai smesso di produrre per un solo giorno).
Dal punto di vista della redditività, l’analisi di Siderweb ha messo in evidenza nel 2012 una brusca discesa del reddito operativo (-24%) mentre globalmente il risultato d’esercizio risale del 26%, chiudendo l’anno a 442 milioni di euro. Utili però solo ad appannaggio dei produttori, mentre centri di servizio e distributori chiudono l’anno in rosso. Per tutti i segmenti è evidente il maggior peso degli oneri finanziari, nel cluster dei produttori sono arrivati a valere oltre un quinto del margine operativo lordo.
E intanto, del bilancio Ilva 2012 non v’è ancora alcuna traccia. Il bilancio d’esercizio, lo ricordiamo per i profani del campo, “è l’insieme dei documenti contabili che un’impresa deve redigere periodicamente, ai sensi di legge, allo scopo di perseguire il principio di verità ed accertare in modo chiaro, veritiero e corretto la propria situazione patrimoniale e finanziaria, al termine del periodo amministrativo di riferimento, nonché il risultato economico dell’esercizio”. Che dite, prima o poi lo tireranno fuori?
Gianmario Leone (TarantoOggi, 18.10.2013)
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