Greenpeace, Gazprom a Eni: “Bussa alla porta sbagliata” – Appello di 11 premi Nobel

Russian Security Services Sieze Arctic Sunrise“Mr Scaroni is knocking on the wrong door”. Traduzione: Scaroni sta bussando alla porta sbagliata. Il portavoce di Gazprom Sergey Kupriyanov replica così alla lettera dell’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, con cui si chiede al Ceo di Gazprom, Alexey Miller, di intercedere presso le autorità  russe per la liberazione degli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia. “Gazprom è una società privata e come tale non ha ne’ i mezzi ne’ il diritto di influenzare il sistema legale russo – si legge nella nota di Kupriyanov – La situazione dei 28 attivisti di Greenpeace attualmente detenuti dipende dall’inchiesta in corso svolta delle autorità russe”. E aggiunge: “Il gruppo Gazprom prende molto sul serio la sicurezza ambientale in tutte le sue operazioni. Solo nel 2012, la società ha investito 1 miliardo di dollari in politiche ambientali”. 

Intanto, undici Premi Nobel per la pace hanno scritto una lettera congiunta al presidente russo Vladimir Putin per sostenere i 28 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti freelance trattenuti per due mesi in custodia cautelare dalle autorità russe con l’accusa di pirateria. Nella lettera i Nobel (l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, la guatelmateca Rigoberta Menchu, l’ex presidente del Costa Rica Oscar Arias Sanchez, le pacifiste nordirlandesi Betty Williams e Mairead Maguire, la pacifista statunitense Jody Williams, la liberiana Leymah Gbowee, la yemenita Tawakkol Karman, l’avvocato e pacifista iraniana Shirin Ebadi, l’ex presidente di Timor Est Jose Ramos Horta e l’argentino Adolpho Perez Esquivel) chiedono al President Putin “di fare tutto il possibile per assicurare che cada l’accusa di pirateria, eccessiva, nei confronti dei 28 attivisti  di Greenpeace e dei due giornalisti freelance, e che ogni accusa contestata trovi riscontro nel diritto internazionale e nella legge russa”.

Descrivendo l’Artico come “tesoro prezioso dell’Umanità”, i firmatari sostengono gli sforzi per proteggere questa Regione dallo sfruttamento petrolifero e dal cambiamento climatico: “Le trivellazioni petrolifere nell’Artico sono un’impresa ad alto rischio. Una fuoriuscita di petrolio in queste acque avrebbe un impatto catastrofico su uno degli ultimi ambienti integri del Pianeta, sulle comunità che vi abitano e su specie animali già minacciate d’estinzione. I rischi di simili incidenti ci sono sempre e i piani di risposta dell’industria petrolifera sono totalmente inadeguati. I cambiamenti climatici ci minacciano tutti, ma sono i più vulnerabili del Pianeta che pagheranno i costi maggiori se i Paesi più sviluppati non agiscono ora”.

Intanto sono quasi 1 milione e mezzo le firme della petizione rivolta alle ambasciate russe per richiedere il rilascio degli attivisti. L’equipaggio dell’Arctic Sunrise, gli attivisti e i due giornalisti freelance a bordo della nave sono nelle mani delle autorità russe da giovedì 19 settembre, quando la Guardia Costiera ha abbordato e sequestrato la nave rompighiaccio di Greenpeace in acque internazionali. Dal 24 settembre sono detenuti in strutture di detenzione preventiva intorno alla città di Murmansk.

Leggi la lettera integrale (in inglese): http://nobelwomensinitiative.org/2013/10/release-the-arctic-30/?ref=204

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