Ilva, ecco il piano degli esperti. Ma l’ultima parola sarà di Bondi

enrico-bondi-2TARANTO – Innanzitutto, partiamo dai fatti. Punto primo: la “Proposta di piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” redatta dal comitato dei tre esperti nominato dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando lo scorso 14 luglio, arriva con un mese di ritardo. Il comitato dei tre avrebbe infatti dovuto presentare il testo entro il 15 settembre: ovvero 60 giorni dopo la nomina così come previsto dal decreto 61 del 4 giugno scorso, convertito poi nella legge 89 del 1 agosto. Ritardo tra l’altro prevedibile, visto che si è andati a rimettere le mani su un testo, quello dell’AIA concessa all’Ilva nell’agosto del 2011, già riesaminato dalla commissione IPPC sotto il dicastero dell’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

Punto secondo: il documento presente da ieri sul sito del ministero dell’ambiente (di ben 111 pagine) altro non è che il primo passo del percorso previsto dalla legge: una volta ufficializzato il testo, gli enti locali interessati avranno 30 giorni di tempo per presentare le loro osservazioni, che il commissario Bondi acquisirà e girerà nuovamente al comitato dei tre esperti, che redigeranno poi il testo definitivo del piano, che diventerà operativo con un apposito decreto a firma del ministro dell’Ambiente: il tutto entro 120 giorni dalla nomina del comitato (14 novembre).

Punto terzo: ammesso e non concesso che il tutto avvenga entro i termini prestabiliti, il commissario Bondi avrà poi altri 30 giorni per integrarlo al suo piano industriale. Ad avere l’ultima parola infatti, sarà proprio l’ex ad dell’Ilva. Tanto è vero che a pagina 69 del documento dei tre esperti, è scritto chiaramente quanto segue: “La proposta di Piano formulata dal Comitato di Esperti prevede interventi strutturali ed operativi, che sono stati valutati dal punto di vista dell’efficacia ambientale e della fattibilità operativa, ma al momento attuale non del costo di intervento e del riflesso degli interventi sui costi correnti (pur avendo, per quanto possibile, tenuto conto nelle considerazioni fatte anche di aspetti di sostenibilità finanziaria)”. Ricordiamo che Bondi ha già stabilito dallo scorso luglio, dunque mentre il comitato dei tre iniziava il suo lavoro, che per l’AIA l’Ilva Spa spenderà non più di 1,8 miliardi di euro. Tra l’altro, l’AIA rilasciata all’Ilva prevede l’utilizzo delle BAT (migliori tecnologie disponibili) che secondo le direttive europee prevede che sia l’azienda a scegliere le tecnologie a secondo delle possibilità economiche di cui è dotata. Dunque, tutto quello che sarà considerato “fuori budget”, tale resterà.

Punto quarto: al momento, nessuno è in grado di dire quale impatto sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori e dei cittadini ha avuto e avrà il ritardo sull’applicazione delle prescrizioni previste dall’AIA rilasciata nell’ottobre del 2012. Perché se è vero che i primi 8 mesi di nulla sono addebitabili al gruppo Riva che si è completamente disinteressato anche solo dal programmare i lavori previsti, è altrettanto vero che i ritardi sino al prossimo dicembre sono del tutto attribuibili all’attuale governo, al commissario Bondi e al sub commissario Ronchi, che da un lato hanno preteso ed ottenuto la rimodulazione della tempistica dell’attuazione delle prescrizioni, e dall’altro, grazie a quanto previsto dall’art. 12 del decreto legge sulla Pubblica amministrazione approvato giovedì dall’Aula del Senato (che la Camera dovrà approvare entro il 30 ottobre), stanno ottenendo non solo maggiori poteri sul controllo aziendale e sull’applicazione dell’AIA, ma anche e soprattutto una strada facilitata per aggirare tutti gli ostacoli previsti dalle leggi in vigore, ovvero dalla burocrazia (vedi autorizzazione alla costruzione delle due discariche in località Mater Gratiae, sino ad oggi per 8 anni negata all’Ilva dalla strenua opposizione dell’ex dirigente all’Ambiente della provincia di Taranto Luigi Romandini).

Punto quinto: ancora una volta ci si dimentica che il tema della valutazione dell’efficacia dell’AIA e delle prescrizioni, associate in relazione specificamente alla prevenzione/contenimento degli impatti sanitari derivanti dall’attività industriale oggetto del provvedimento, non sia contemplato dalla procedura autorizzativa ordinaria italiana, se non in relazione al contenimento dell’inquinamento. Ciò deriva, come sottolinea anche il comitato dei tre esperti, dall’implicito ed errato convincimento che i limiti ambientali siano di per sé in grado di garantire la tutela della salute umana ed animale, laddove, viceversa, sia per i cancerogeni genotossici (come il benzo(a)pirene, BaP), sia per il PM10 (come evidenziato nelle linee guida WHO, 2000 e 2005) non è nota la soglia al di sotto del quale si possa escludere l’insorgenza di effetti sanitari.

Per il PM10, il WHO (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha ribadito nel mese di giugno 2013 nel documento “Review of evidence on health aspects of air pollution – REVIHAAP interim report” (“Recensione di prove sugli aspetti sanitari dell’inquinamento atmosferico – relazione intermedia REVIHAAP”) che, anche al di sotto dei limiti di legge previsti per il particolato, sono osservabili effetti sanitari sulle popolazioni esposte. La necessità di una stretta integrazione tra gli aspetti sanitari e quelli ambientali è evidenziata in un documento del 2000 del Ministero della Salute britannico “Investigating the Health Impact of Emissions to Air from Local Industry”, redatto proprio alla vigilia dell’introduzione della Direttiva 96/61/EC Integrated Pollution Prevention and Control (IPPC, tradotto in Italia con Autorizzazione Integrata Ambientale) in cui si chiarisce che “il gestore deve fornire una stima degli effetti sanitari dei rilasci nelle matrici ambientali, e soprattutto in atmosfera”.

Il problema è che per i tre esperti questa lacuna viene colmata dall’AIA rilasciata dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini “che contiene un esplicito, quando inedito, riferimento alla tutela della salute, prevedendo che l’autorizzazione stessa possa formare oggetto di riesame all’esito del completamento delle procedure di Valutazione di Danno Sanitario previste dalla legge regionale n. 21/2012, alla quale si è data attuazione con il regolamento regionale n. 24/2012 (articolo 3, comma 3, del Decreto del Riesame). A dette disposizioni ha fatto seguito l’art 1/bis della l. 231/2012, che ha recepito l’istituto di genesi regionale, estendendone l’applicazione a tutti gli stabilimenti dichiarati di interesse strategico nazionale”.

Peccato che la Valutazione del Danno Sanitario redatta lo scorso maggio da ARPA Puglia sull’Ilva, ha stabilito che ad AIA attuata in ogni suo aspetto, il rischio cancerogeno per la popolazione sarà del 50% (stima poi rivista addirittura al ribasso dall’ISDE). Un percorso serio, a fronte di questi dati, dovrebbe prevedere la revoca dell’AIA. A vita. Evento peraltro già previsto dall’articolo 29-decies della normativa AIA, che al punto 9 prevede chiaramente che in caso “di inosservanza delle prescrizioni e di reiterate violazioni che determinano situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente, sussistono le condizioni per revocare l’autorizzazione all’esercizio dell’attività produttiva”. Concludiamo riportando una vera e propria “genialata” che si trova a pagina 12 del documento in questione: “In virtù dell’esigenza prioritaria di definire misure di tutela ambientale e sanitaria si è inteso stabilire che, fino alla completa ultimazione degli interventi strutturali sugli impianti che subiscono un arresto per l’adeguamento o la ricostruzione a seguito di prescrizione AIA, gli stessi non sono autorizzati a riprendere l’esercizio”.

E meno male. Volevamo anche farli ripartire senza aver finito i lavori?

Gianmario Leone (TarantoOggi, 12.10.2013)

I PRINCIPALI INTERVENTI RIVISTI DAL PIANO DEI TRE ESPERTI

I dettagli principali della “Proposta di piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” sono i seguenti (tutti gli interventi sono stati ovviamente rivisti per quanto riguarda la tempistica della presentazione dei progetti, della partenza e della conclusione dei lavori). Per quanto riguarda i tempi per la copertura parco minerali primario, la presentazione del progetto è prevista entro novembre 2013, i lavori dovranno essere avviati entro febbraio 2014 e conclusi entro febbraio 2015. Per la copertura dei parchi minori, visto che il progetto è stato presentato, l’avvio lavori è entro novembre 2013, il completamento entro luglio 2015. Per il parco loppa, invece, progetto presentato il mese prossimo, fine lavori entro dicembre 2015.

Per il montaggio degli scaricatori al porto, provviste di benne ecologiche, il primo intervento sarà fatto ad aprile 2014, l’ultimo, invece, a luglio 2015. Per quanto concerne i nastri trasportatori la progressione dei lavori di copertura sarà la seguente: 35% marzo prossimo, 55% aprile 2014, 75% settembre 2015, 100% giugno 2016. La chiusura degli edifici che contengono materiali pulvirulenti ne prevede 5 entro il 28 febbraio 2014, 5 entro agosto 2014, 9 entro 28 febbraio 2015. Per gli altiforni, per l’1, fermato a dicembre scorso, ripartenza ad agosto 2014: “sono in corso di definizione le soluzioni progettuali e il programma dei lavori”.

Per l’altoforno 2, fermato per crisi di mercato, il riavvio avverrà a gennaio prossimo e l’ultimazione degli interventi di depolverazione avverrà entro il 31 marzo 2014. Già completati i lavori sull’altoforno 4 mentre per l’altoforno più grande, il 5, gli esperti hanno programmato un calendario che va dalla fermata entro l’1 settembre 2014, condensazione vapori loppa entro il 31 luglio 2015, depolverazione campo di colata entro la stessa data. “In ogni caso – si specifica – il riavvio potrà avvenire solo che il ripristino previsto sia stato completato”. Il piano degli esperti, infine, propone “misure per garantire il rispetto delle norme di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro” e individua anche “i necessari interventi di adeguamento” per quanto concerne “l’operatività in condizioni di sicurezza degli impianti con particolare riferimento ad eventi capaci di configurare incidenti rilevanti o potenziali fenomeni di incendio o esplosione”.

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