Il Registro Tumori esiste. E’ ora che la Asl parli

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aslTARANTO – Era il 18 marzo del 2010 quando nella “Sala Riunioni” della ASL si parlò per la prima volta del Registro Tumori di Taranto. In realtà, quel giorno ci fu soltanto la presentazione dello “Start up” del Registro Tumori di Puglia. E già quella mattina, le polemiche non mancarono. Da un lato della sala riunioni vi erano Domenico Colasanto (direttore generale Asl Ta), Fabbrizio Scattaglia (direttore sanitario Asl Ta), Aldo Minerba (dirigente S.C. Epidemiologia Statistica Asl Ta), Michele Conversano (direttore dipartimento di Prevenzione), Lucia Bisceglia (Registro Tumori Puglia), Nehludoff Albano (responsabile progetto NSISR – Edotto Puglia), Tommaso Fiore (assessore alle Politiche della Salute Regione Puglia).

Dall’altro, la stampa, tutti i rappresentanti delle associazioni ambientaliste tarantine, diversi cittadini. Ma anche e soprattutto il dr. Patrizio Mazza (direttore del Dipartimento di Ematologia – Struttura Complessa di Ematologia dell’ospedale Moscati, uno dei primi a denunciare il dramma sanitario locale e a parlare di alternative economiche alla grande indsutria). Che ad un certo punto abbandonò la sala in polemica con l’estabilishment della sanità locale e regionale, per poi “ricomparire” sotto forma di comunicato stampa con il quale contestava apertamente la scelta di presentare un progetto ancora in fase puramente embrionale. Inoltre, Mazza constatava e contestava la mancanza “dei dati degli ambulatori che non hanno avuto accesso agli archivi della Asl, come anche quelli di anatomia patologica e di tutti i laboratori privati esistenti”. In pratica, solo in materia di ematologia, mancavano dati riguardanti il 30% dei pazienti. Già allora, dunque, all’interno della sanità tarantina e regionale, più di qualcosa non andava per il verso giusto.

Luglio 2011: i primi dati del 2006

Da quel giorno, passerà oltre un anno prima di tornare a sentire parlare del registro tumori di Taranto. Era il 18 luglio del 2011, quando nel Salone degli Specchi di Palazzo di Città, fu convocata una conferenza stampa per la presentazione dei “Dati preliminari incidenza anno 2006” del Registro Tumori di Taranto. In quell’occasione sindaco Stefàno affermò che “la presentazione di questi dati è l’inizio di un nuovo percorso: certamente si poteva fare prima, è vero, ma si doveva pur iniziare”, mentre il responsabile del Dipartimento di prevenzione dell’Asl di Taranto Michele Conversano affermò che “tra il 1998 ed il 2001, fu effettuata una raccolta dati importante, ma il Ministero dell’Ambiente alla fine non finanziò più i progetti che aveva approvato e quel lavoro è andato perso”.

Scelta, quella del ministero dell’Ambiente che oggi, tantissimi anni dopo, abbiamo la possibilità di leggere con tutt’altro significato. Inoltre, da anni questo giornale chiede conto del perché il registro tumori di Taranto sia stato finanziato dalla Regione Puglia soltanto a partire dal 2010, quando la sua nascita in Italia è datata 1973 e quando tantissimi studi effettuati negli anni ’80 e ’90 da medici tarantini della ASL e non, ed altri studi epidemiologici, segnalavano la drammatica situazione sanitaria della città dei Due Mari. Polemiche a parte, quel giorno si intuì che dal registro tumori sarebbe arrivata la conferma di una situazione sanitaria tutt’altro che rosea e per troppo tempo taciuta. Il dr. Sante Minerba, direttore S.C. Statistica Epidemiologia – Registro Tumori dell’ASL/TA, affermò che per Taranto e Provincia nel 2006 furono riscontrati oltre 3 mila casi di tumore. Di questi, 501 cutanei e 2802 agli organi interni. Le patologie più diffuse erano le neoplasie polmonari, alla prostata e alla mammella.

Dicembre 2012: a Lecce, Assennato presenta i dati di Taranto

Poi, qualcosa si è rotto. O non ha funzionato come avrebbe dovuto. Questo è fuor di dubbio. Perché una sera di oltre un anno e mezzo dopo, era il 21 dicembre dello scorso anno, furono resi noti i dati inediti del registro dei tumori di Puglia, gestito in partnership tra le provincie di Brindisi, Taranto, Lecce e BAT. Il compito di presentarli toccò a Giorgio Assennato, nella veste presidente del comitato tecnico del Registro tumori di Puglia. La scelta ricadde sulla città di Lecce, nella sede del Comune durante il consiglio comunale. Non a Taranto. Strano, perché il registro tumori di Puglia contiene anche e soprattutto i dati del registro tumori di Taranto per gli anni 2006-2007-2008. E Taranto, nello scorso dicembre, era in fibrillazione per le vicende dell’Ilva e l’imminente approvazione da parte del governo della prima legge ‘salva Ilva’. Sia come sia, questo giornale pubblicò quei dati, con relative tabelle. Dati che ripubblichiamo nuovamente oggi: perché nella confusione di queste ultime ore, c’è chi afferma che quei dati e quel registro non esistono, o che non vi sia in quel registro un dato totale sui casi registrati. Prima di farlo però, è bene ricordare che soltanto lo scorso 27 marzo furono accreditate ufficialmente a livello nazionale le sezioni di Lecce e Taranto del Registro Tumori Puglia: la notizia venne annunciata dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, dall’assessore alla Sanità e al Welfare Elena Gentile e il direttore generale di ARPA Puglia e dal presidente del Comitato Tecnico-Scientifico del Registro, Giorgio Assennato. Ovviamente a Bari.

L’accreditamento a Bolzano

Per dovere di informazione ricordiamo che l’accreditamento ufficiale delle prime due sezioni del Registro Tumori Puglia, avvenne nel corso della XVII riunione annuale dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori svoltasi a Bolzano. All’accreditamento possono accedere solo i registri che abbiano completato i dati di incidenza delle malattie neoplastiche per tre anni consecutivi. Il percorso di accreditamento ha visto la Commissione di Valutazione sottoporre ad un lungo esame tutti i dati raccolti sia per Taranto che per Lecce. Quel giorno a Bolzano erano presenti la dr.ssa Anna Melcarne (responsabile della UO Registro Tumori della ASL di Lecce), il dr. Fabrizio Quarta (direttore della UO di Statistica ed Epidemiologia della ASL di Lecce) e il dr. Sante Minerba (direttore della UO di Statistica ed Epidemiologia della ASL di Taranto). Domanda: come mai ottenuto l’accreditamento ufficiale l’ASL di Taranto non ha ancora oggi presentato quei dati all’intera città? Il mistero non è stato ancora risolto.

Giugno 2013: escono i dati, cala il silenzio

Poi, lo scorso 3 giugno, durante una riunione convocata a Bari dal governatore della Puglia Nichi Vendola sulla vicenda Ilva, il dottor Minerba direttore dell’Unità Operativa di Statistica ed Epidemiologia della ASL/TA, illustrò alcune slide inerenti il registro tumori di Taranto (quelle pubblicate da questo giornale e da inchiostroverde.it quasi sei mesi prima). I dati del registro, riguardanti il triennio 2006-2007-2008, evidenziano un dato scientificamente certo ed inconfutabile: il SIN di Taranto (che comprende il capoluogo e Statte) presenta dati di incidenza superiori, per alcune tipologie di tumori, negli uomini che nelle donne, se confrontati sia con i dai del resto d’Italia sia  con quelli del Sud Italia e delle Isole. Negli uomini nel SIN di Taranto si registra un’incidenza superiore rispetto resto della provincia ionica, per i tumori di testa e collo (+32%), colon e retto (+23%), fegato (+39%), pancreas (+38%), polmone (+58%), melanoma cutaneo (+89%), mesotelioma (+296%), ( prostata (+15%), rene e vie urinarie (+93%), vescica (+30%), linfoma non Hodgkin (+45%), per un totale di +30% sul totale dei casi osservati. Nelle donne invece, si registra per lo stomaco un clamoroso +108%, +13% per colon e retto, +84% per il fegato, +50% per il polmone, +32% per melanoma cutaneo, +27% per la mammella, +69% per il corpo dell’utero, per un +20% sul totale dei casi osservati (esclusi cute e tumori non maligni del SNC). Queste percentuali sono da riferirsi al numero atteso di confronto. Per esempio: se per il mesotelioma l’atteso sarebbero 3 casi, noi osserviamo nel SIN di Taranto 12-13 casi per il triennio, il che equivale a circa un 300% di eccesso. Se si confrontano i dati della provincia con il resto d’Italia e il Sud/Isole i dati di incidenza sono leggermente inferiori rispetto a quelli osservati dal confronto SIN-resto della provincia ionica, ma pur sempre significativi. Il dato totale dei casi riscontrati negli uomini è di 5928. 4777 le donne: per un totale di 10.705 casi. Il dato totale è quindi presente nel registro tumori. Tanto per dare un’idea, nello stesso triennio, il registro tumori della ASL di Brescia diagnosticò circa 23.000 casi di tumore, in proporzione maggiore nei maschi (54%), con una media di 7.700 casi per anno, pari a quasi 7 casi su 1000 abitanti l’anno. Lì, dal 1930 al 1983, ha operato la Caffaro, che produceva PCB.

Quel giorno, insieme ai dati, scrivemmo quanto segue: “Dati terrificanti, di fronte ai quali bisognerebbe semplicemente fermarsi. Restando in silenzio per il rispetto del dolore e della sofferenza che essi portano con sé. Quei dati raccontano la storia drammatica di questa città, dopo anni ed anni di inquinamento prodotto dalla grande industria e dalla Marina Militare. E le previsioni per il futuro non sono di certo migliori. Dati che spiegano, meglio di qualsiasi teoria economica e politica, il perché questo territorio deve essere liberato dalla presenza invasiva e coloniale (aggettivo che usammo oltre quattro anni fa dopo l’ennesima presentazione del Rapporto ambiente e sicurezza dell’Ilva del 2009) degli impianti industriali”: lo riportiamo unicamente per dire a chi oggi ci accusa di non sa bene cosa, che questo giornale per anni è stato dalla parte di Taranto e della verità: in maniera limpida e cristallina. In quei giorni di giugno, non è dato sapere il perché, non si sollevò alcun polverone mediatico come invece accaduto in questi giorni. Sarà perché tutti erano impegnati a discutere sul nuovo decreto legge varato il 4 giugno dal governo attuale.

La perizia epidemiologica e lo studio Sentieri

E’ certo, inoltre, che gli epidemiologi (Annibale Biggeri, Maria Triassi e Francesco Forastiere) nominati dal tribunale di Taranto all’interno dell’incidente probatorio nell’inchiesta sull’Ilva, i dati del registro tumori li hanno consultati eccome. Al termine del loro lavoro scrissero, tra le tante altre cose, che “ in 13 anni (dal 1998 al 2010) a Taranto si sono registrati 386 decessi a causa delle emissioni industriali. Negli ultimi sette anni 174 soltanto a causa del Pm10. Novantuno abitavano i quartieri Borgo e Tamburi, quelli più vicini allo stabilimento siderurgico insieme al rione Paolo VI. In questo quartiere è stato riscontrato un più 27% di mortalità rispetto alle stime effettuate sui dati messi a disposizione dell’Organizzazione mondiale della Sanità con un incremento nella popolazione maschile del 42% per i tumori maligni e del 64% per le malattie dell’apparato respiratorio”. I dati del registro tumori sono stati importanti anche per redigere lo studio Sentieri, redatto dall’Istituto superiore della Sanità e promosso dal ministero della Salute, in cui si leggeva che “a Taranto si registra un eccesso di mortalità per tutte le cause del 14% per gli uomini e dell’8 per le donne. Lo studio accertava che a Taranto, entro il primo anno di vita, muore il 20% di bambini in più rispetto al resto della Puglia. Una percentuale che tocca punte del 40% se consideriamo la fase prenatale”.

Un grazie speciale

Ciò detto, ancora una volta cogliamo l’occasione per ringraziare coloro i quali hanno lavorato con grande ostinazione e passione, in silenzio e per oltre due anni, alla realizzazione del registro tumori di Taranto: persone a cui l’intera comunità tarantina dovrà sempre essere riconoscente. Antonia Mincuzzi (Dirigente Medico S.C. Statistica Epidemiologia ASL TA Settore Registro Tumori e Studi Epidemiologici coordinatore attività del Registro Codificatore), Simona Carone (Biologa, con contratto di collaborazione con l’IRCCS Oncologico di Bari Rilevatore e codificatore), Margherita Tanzarella (Operatore con contratto di collaborazione con l’IRCCS Oncologico di Bari Rilevatore e collaboratore nelle attività di codifica) e Giuseppe Leone (DirigenteAmm.vo S.C. Statistica Epidemiologia ASL TA Informatico Supporto Informatico. Il tutto sotto la supervisione di Sante Minerba (Direttore Medico S.C. Statistica Epidemiologia ASL TA Resp.le Registro, Codificatore). Anche questa è la Taranto migliore da salvare e da cui ripartire.

Una critica ed una polemica inutile e dannosa. Per tutti

Tutto ciò detto, torniamo all’attualità di questi ultimi giorni. Dopo che l’associazione Peacelink diffuse lo scorso weekend il numero dei cittadini di Taranto esenti dal ticket sanitario col codice “048”, quello per le neoplasie, cioè dei tumori, la cui validità è determinata in 5 anni: 8.916. Ribadiamo ancora una volta, così come avvenuto anche ieri durante la conferenza stampa indetta da Peacelink, che su queste colonne non è stato contestato il numero degli esenti, visto che proviene direttamente dagli uffici della ASL. Ma che quel dato grezzo, non rappresenta fedelmente la realtà. Vuoi perché nell’elenco degli esenti del ticket “048” rientrano anche i pazienti a cui è stata diagnosticata una presenza di carcinoma (non dal medico di base, ma dopo accurata visita medica e specialistica, il tutto poi passa dal distretto sanitario che ha l’ultima parola) oltre che coloro i quali hanno superato, per il momento, la battaglia con il “male”. Ciò non vuole assolutamente dire, lo ripetiamo sino alla noia, che c’è qualcuno oltre a chi scrive, che pensa che un tumore sia come un’influenza che una volta passata non ritorna più. Inoltre, tutte le ASL d’Italia da sempre sostengono i seri limiti nell’uso di dati amministrativi come i codici delle esenzioni ticket nella stima della prevalenza o dell’incidenza. C

osì come abbiamo sottolineato come quel dato grezzo non rappresenti, purtroppo, l’inconfutabile ed indispensabile nesso di causalità tra le emissioni industriali e i fenomeni di malattia e morte da essi causati nei cittadini di Taranto. Qui si è unicamente contestata la metodologia che ha seguito l’associazione Peacelink nel diffondere quel dato: secondo il nostro modesto parere, sarebbe stato meglio contattare prima la ASL, fosse anche soltanto per ottenere delucidazioni in merito e fornire un’informazione più completa ai mass media ed alla cittadinanza. Il peccato originale, ovvero la domanda “chi ha dato a Peacelink il permesso di rendere noti quei dati” era appunto legata a questo modo di procedere. Ci è stato detto che porsi quella domanda vuol dire violare da parte nostra l’art.21 della Costituzione italiana sulla libertà d’informazione. E che per questo ci si rivolgerà all’Ordine dei giornalisti della Puglia (che in realtà deve ancora dire alla città chi e quanti sono i giornalisti, i giornali e i mass media per anni conniventi e al soldo dell’Ilva: e pensare che in questi giorni ci sono cittadini che affermano sui social network che questo giornale è pagato dalla proprietà del siderurgico). In realtà a noi pare che proprio l’art.21 della Costituzione consente a questo giornale di porsi delle domande e di avanzare dubbi e/o critiche quando lo ritenga opportuno. Sull’operato di chiunque.

Ma pare che in questa città si debba per forza di cose appartenere ad una fazione, ad un presunto movimento: se si è liberi, totalmente liberi, non va bene. Se si prova a rompere il credo tutto tarantino del “alla fine siamo tutti amici”, si finisce per essere vittime del dileggio pubblico: in questo caso sarebbe meglio dire virtuale, visto che sono ancora troppi i “leoni da tastiera” in questa città. Purtroppo, c’è chi vuol ridurre tutto per forza di cose ad una questione personale. Ma abbiamo sempre riconosciuto a tanti singoli cittadini e alle diverse associazioni presenti sul territorio (a partire proprio da Peacelink), il loro impegno nella lotta ambientale. Ciò non significa però, che non si possa sbagliare. Noi per primi. Così come tutti gli altri. Infine un appello: che la ASL di Taranto parli, si esponga una volta e per tutte. Che prenda posizione sugli ultimi eventi, così come sui dati del registro tumori e sulle mappe epidemiologiche. Lo deve alla città ed al lavoro dei suoi dipendenti. Questo continuo e perdurante silenzio non fa altro che aumentare la tensione e il nervosismo in città, specie in chi è poco informato. E ciò è un male. Per tutti.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 07.09.2013)

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