Parco eolico, oggi il verdetto?

TARANTO – Si terrà oggi a Roma, presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la conferenza dei servizi conclusiva che dovrà rilasciare l’ok definitivo al progetto del parco eolico “near shore” in mar Grande. Della vicenda ce ne occupammo nei primi giorni di agosto dello scorso anno, in pieno caos Ilva. Per poi tornare a puntare i riflettori su questo nuovo scempio ambientale, a partire dallo scorso febbraio, quando la commissione Ambiente del Comune di Taranto espresse il suo no alla realizzazione del progetto.

Il 20 dello stesso mese infatti, si svolse a Roma presso la direzione generale per i porti dello stesso ministero, l’ultima conferenza dei servizi: invitati alla riunione il MISE (ministero dello Sviluppo Economico), il ministero dell’Ambiente, Comune di Taranto, ASL Taranto, la Terna Spa e la Beleolico Srl (di cui diremo in seguito). Ma intorno al tavolo si ritrovarono soltanto in quattro: i rispettivi ingegneri rappresentanti del MISE, del ministero dei Trasporti e delle due società.

Assenti il ministero dell’Ambiente, l’ASL Taranto e il Comune: che però inviò una nota in cui comunicava di aver avviato le procedure per ottenere la deliberazione dell’organo deputato ad esprimere la posizione dell’ente entro il 10 aprile: ovvero il Consiglio Comunale, che dopo aver ascoltato il parere della Commissione Ambiente e della Direzione Attività Produttive del Comune – SUAP,  inviò al Sindaco una breve relazione del progetto lo scorso 26 febbraio, votò compatto (tranne il consigliere Aldo Renna del movimento “Condemi) per il no alla realizzazione del parco near shore nella rada di Mar Grande.

Un’idea nata nel 2008

E’ però quanto mai opportuno, ancora una volta, riannodare i fili della memoria storica per capire di cosa stiamo parlando. Una storia che vede il suo punto d’approdo lo scorso 24 luglio, quando il ministero dell’Ambiente pubblicò il decreto con i pareri delle commissioni VIA e VAS, che sentenziarono l’ok definitivo al progetto. Che nacque l’8 luglio del 2008, quando la Societ Energy presentò istanza per il rilascio della concessione demaniale: soltanto l’8 febbraio scorso venne  invece presentata l’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica.

Il progetto vero e proprio venne presentato nel 2009 dalla stessa Societ Energy S.p.A., con sede a San Giorgio Ionico, sostenuta dalla facoltà di Ingegneria del Politecnico di Taranto e dalla Vestas Italia, l’azienda leader nel settore dell’eolico presente a Taranto con ben tre stabilimenti, che realizzerà le pale. Lo scorso febbraio però, leggendo i documenti, scoprimmo una strana novità: la Societ Energy S.p.A. cedette il 31 agosto scorso alla Beleolico s.r.l. (altra azienda tarantina con sede a S. Giorgio Ionico come la Societ Energy) un ramo d’azienda avente ad oggetto proprio la realizzazione del parco eolico. L’amministratore unico della Societ Energy è Benito Papadia, da sempre socio di Giovanni Colomba (entrambi gestiscono l’Histò San Pietro sul Mar Piccolo, sede di tutti i convegni del Centro Studi Ilva). La Beleolico, che vede all’interno del Cda  proprio Giovanni Colomba, ha come amministratore Gianluca Colomba e come ad il francese Levy Jacques Edouard Jean. Proprietarie della Beleolico sono due società: l’Impresa Del Fiume Spa (con sede sempre a San Giorgio) e la Belenergia Spa che ha sede in Lussemburgo.

Ma prima di arrivare allo scorso 24 luglio, il progetto ha seguito un lungo iter. Il 28 gennaio 2010, la Societ Energy presentò istanza di VIA (valutazione di impatto ambientale) per la realizzazione di un impianto eolico nella rada esterna del porto di Taranto. L’11 giugno del 2009, il Comune di Taranto – direzione Ambiente, Salute e Qualità della vita – con nota acquisita n.6721/2009, espresse parere di compatibilità negativo alla luce del forte impatto paesaggistico che avrebbe implicato la realizzazione dell’impianto “a ridosso dei siti di importanza comunitaria delle pinete dell’Arco Jonico e dell’isola di San Pietro Torre Canneto, nonché per l’interferenza dell’impianto con le attività portuali”.

Con nota n.11019 dell’11 agosto 2010, la provincia di Taranto – 9° settore Ecologia ed Ambiente – esprimeva parere negativo rilevando, oltre agli aspetti evidenziati dal Comune, “l’incidenza dell’impianto con le diverse rotte migratorie delle specie volatili come documentato dall’ISPRA e la limitazione che esso causerebbe sull’utilizzazione dello specchio acqueo da parte dei velivoli Canadair impegnati nelle operazioni di spegnimento incendi nelle pinete a ridosso”. Il 18 ottobre 2011, il comitato regionale di VIA acquisiva, tramite il delegato del Ministero per i Beni e le Attività Culturali regionale presente nel Comitato stesso, un altro parere negativo: quello del Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, per le province di Lecce, Brindisi e Taranto, perché riteneva che l’impianto costituisse “significativa alterazione del paesaggio, mortificando la visione del mare e dell’orizzonte marino dai complessi monumentali presenti nell’area industriale, dall’isola di S. Pietro dall’insediamento residenziale di Lido Azzurro”.

In una nuova seduta del 10 dicembre 2011, il comitato regionale di VIA, dopo aver esaminato tutta la documentazione progettuale depositata e preso atto dei pareri pervenuti, esprimeva parere negativo e il 20 dicembre 2011, la giunta regionale si pronunciava conformemente (n.2856) riconoscendo “l’interferenza delle torri eoliche con l’attività portuale e retroportuale, soprattutto in relazione alla presenza nella rada del porto di Taranto di traffici di navi mercantili per l’Ilva – per il porto mercantile Evergreen – per la Marina Militare – per la nautica da piccolo diporto turistico – per la nautica da pesca e altro”. Ma tutto questo non è bastato.

I dettagli del progetto

La realizzazione del parco avverrà nella rada esterna del porto di Taranto e sarà costituito da 10 aerogeneratori, ognuno di tre megawatt di potenza, capace di generare trenta megawatt di energia. Saranno disposti in due zone distinte: sei turbine esterne alla diga foranea e quattro esterne al molo polisettoriale (le zone prospicienti al Terminal Container e al V sporgente). Le torri, alte circa 110 metri, convoglieranno l’energia prodotta direttamente alla rete nazionale attraverso un cavo sottomarino lungo due chilometri. I 30 megawatt di energia saranno sufficienti a rendere il porto di Taranto autonomo e indipendente dal punto di vista del fabbisogno energetico. L’opera, chiamata tecnicamente “near shore”, occuperà una porzione d’area che “non ricade nel sito di interesse nazionale né interessa direttamente aree Sic (interesse comunitario) o ZPS (zone protezione speciale)”. Il parco nascerà in uno specchio d’acqua distante 100 metri dalla costa e 7 chilometri dalla città di Taranto. L’investimento complessivo dell’opera è stato stimato in 63 milioni di euro.

Regione e Provincia faranno ostruzionismo?

L’odierna conferenza dei servizi decisoria, avrebbe dovuto svolgersi lo scorso 10 aprile. Ma è stata rinviata perché è stato richiesto un approfondimento dell’intera documentazione. Anche perché i problemi alla realizzazione del progetto, non sono pochi. La Regione Puglia, attraverso l’ARPA, può ancora opporre resistenza: perché è l’ente regionale a dover concedere l’autorizzazione alla movimentazione dei fondali marini per la posa dei cavi elettrici di collegamento a terra.

All’epoca, la commissione del ministero dell’Ambiente, forte delle scellerate scelte industriali del passato, respinse l’opposizione delle Regione Puglia, affermando come il parco non altererà alcun paesaggio, visto che lo sfondo “è costituito dalle grandi infrastrutture per la movimentazione dei container e quindi già fortemente alterato nella sua naturalità”. Aggiungendo inoltre che “non si ritiene che il progetto costituisca un elemento detrattore e nocivo delle qualità paesaggistiche, anzi si può, al contrario, riconoscere a questo progetto il merito di aver identificato correttamente il numero massimo di aerogeneratori compatibili con il sito e la loro collocazione coerente con lo stato di fatto”.

E, seppur commissariata, alla conferenza dei servizi parteciperà anche la Provincia di Taranto, per la duplice competenza in merito all’autorizzazione alla posa dei cavi interrati e di movimentazione ed escavazione di materiale del fondale marino. Verranno inoltre informate e invitate a partecipare in qualità di gestori pubblici servizi la R.E.L. S.p.A. ANAS S.p.a. per l’interferenza del cavidotto con le proprie reti di competenza. Come detto, ai lavori partecipa anche la Terna S.p.A., operatore di reti per la trasmissione dell’energia elettrica, che attraverso la controllata Terna Rete Italia gestisce in sicurezza la Rete di Trasmissione Nazionale con oltre 63.500 km di linee in alta tensione. A quanto risulta dalla documentazione in nostro possesso, la Beleolico (al momento titolare di un preventivo di connessione) s’impegnò nella conferenza dei servizi dello scorso 20 febbraio, a predisporre il progetto definitivo per le opere di rete di connessione agli impianti della Terna. Infatti proprio oggi gli esiti di due sotto procedimenti in corso presso la Terna e la provincia di Taranto, saranno comunicati durante la riunione.

“Avvertenza” per i delfini

Il progetto approvato dal Ministero dell’Ambiente, possiede una serie di prescrizioni, che dovranno essere “rigorosamente rispettate” sotto la supervisione dell’ARPA Puglia. Quella che lo scorso agosto più ci indusse alla riflessione, era la seguente: per evitare di disorientare eventuali mammiferi marini presenti nella zona, durante le fasi di battitura del palo e di lavorazioni rumorose in genere, preliminarmente ad ogni giornata di lavoro, si dovrà “accertare visivamente la presenza di animali acquatici (cetacei in particolare) nell’intorno di 1 miglio dall’area delle lavorazioni; verificare la presenza in acqua di cetacei tramite il posizionamento di gruppi di idrofoni posti sui 4 punti cardinali equidistanti a 1, 5 e 10 km dall’area di cantiere; qualora non vengano né segnalati visivamente né registrati segnali di presenza di cetacei nell’arco di 30 minuti, si dovrà comunque procedere con la tecnica del soft start, ovvero raggiungere con una adeguata tempistica la potenza massima dì svolgimento dell’operazione rumorosa”.

E pensare che proprio nel luglio 2012, l’associazione Jonian Dolphin Conservation, composta da giovani tarantini professionisti del mare, andò a Roma per presentare un documentario straordinario sui delfini che abitano il Mar Grande, poi riproposto durante l’estate anche a Taranto. Che lasciò a bocca aperta e affascinò decine di bambini e di turisti. Del resto il “dolphin watching” (la visione di cetacei, delfini e balene nel loro habitat naturale) è da anni oramai motivo di interesse turistico. In America i tour per avvistare questi esemplari sono diventati una vera e propria industria: perché non fare altrettanto a Taranto con i delfini, si sono chiesti gli operatori dell’associazione tarantina? La risposta è nell’ok al progetto da parte del Ministero dell’Ambiente, avallato dal ministero dei Beni Culturali, che nel corso del procedimento ha clamorosamente cambiato idea sulla sua realizzazione.

Inoltre, la commissione del ministero dell’Ambiente, forte delle scellerate scelte industriali del passato, respinse l’opposizione delle istituzioni locali, affermando come il parco non altererà alcun paesaggio dalle origini mitologiche, visto che lo sfondo “è costituito dalle grandi infrastrutture per la movimentazione dei container e quindi già fortemente alterato nella sua naturalità”. Aggiungendo inoltre che “non si ritiene che il progetto costituisca un elemento detrattore e nocivo delle qualità paesaggistiche, anzi si può, al contrario, riconoscere a questo progetto il merito di aver identificato correttamente il numero massimo di aerogeneratori compatibili con il sito e la loro collocazione coerente con lo stato di fatto”. Come a dire che una città di mare dai tramonti mozzafiato lo eravamo una volta, non certo oggi. E così adesso potremo ammirare dal lungomare in lontananza non solo le gru del porto e quelle ancora più lontane della TCT. Ma condivideremo la vista delle montagne dell’Appennino lucano e calabrese con delle enormi pale eoliche, che ogni giorno serviranno da monito per ricordarci che quello è il “futuro” e indietro non si torna. Forse.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 09.06.2013)

 

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