Ilva, Vendola ritrova il coraggio dei “bei tempi”

“L’Ilva di Taranto va resa compatibile con l’ambiente, ma non va chiusa perché questo sarebbe una catastrofe”. E’ questa la risposta che il governatore della Regione Puglia, nonché leader di SEL, Nichi Vendola, ha fornito ieri durante il video forum dell’Ansa alla domanda se si possa considerare praticabile anche per Taranto un percorso simile a quello della Ruhr in Germania, quando gli operai ormai disoccupati vennero reimpiegati per bonificare il territorio. Torna dunque in auge, in piena campagna elettorale, la “bellissima” teoria dell’eco-compatibilità per l’Ilva che nessuno è stato in grado sino ad oggi di spiegare in termini pratici.

Sarà che proprio per questo piace tanto a politici e sindacalisti: perché appunto una “bellissima” idea che mai e poi mai sarà possibile mettere in pratica. Ciò detto, è evidente che quando sente odore di campagna elettorale, il buon Vendola ritrova il coraggio quasi sfrontato dei “bei tempi” che furono. E così il governatore passa all’attacco, sostenendo che “lo Stato dovrebbe scuotere l’azienda affinché cambi atteggiamento e investa per rendersi eco-compatibile”, lasciando così alla libera interpretazione di chi lo ascolta, il sentore che il governo attuale e tutti i precedenti sin qui succedutisi, hanno di fatto volutamente ignorato la situazione dell’Ilva di Taranto. Ma essendo anche lui un uomo dello Stato, è ovviamente costretto a giustificarsi sul suo operato da governatore negli ultimi 7 anni: “Sulle competenze noi governatori siamo stati molte volte abbandonati. Tante volte mi sono sentito come il bambino di ‘Io speriamo che me la cavo’. Me la sono dovuta cavare da solo infatti molto spesso – aggiunge -: governo e Parlamento si sono accorti ora che a Taranto e in Italia c’é un problema di fatiscenza degli apparati produttivi che sono inquinanti? Spesso ho rischiato di superare i limiti delle mie competenze per fare norme che esistono solo in Puglia”.

Norme che però, all’atto pratico, si sono rivelate del tutto insufficienti e inadeguate. Ma è proprio sul più bello che Vendola commette un clamoroso autogol. Denunciando cose sin qui mai ammesse prima d’ora. “Se l’Italia vuole continuare ad avere una importante industria siderurgica – ha conluso Vendola – lo Stato deve obbligare le imprese a destinare una parte dei loro ciclopici profitti in ambientalizzazione degli apparati produttivi. Non si possono avere altiforni antidiluviani, per fare solo un esempio. Ma la discussione l’abbiamo fatta solo in Puglia ed è diventata una discussione nazionale solo quando è scoppiato il bubbone dell’inchiesta”. Dunque, in un colpo solo, Vendola non solo smentisce l’Ilva che ha sempre sostenuto di aver investito un miliardo di euro nella sola “ambientalizzazione” dell’azienda, ma ammette che gli impianti sono “antidiluviani”, cioè talmente vecchi che neppure un loro risanamento consentirebbe all’Ilva di rispettare i parametri europei sulle emissioni. Peccato che in tutti questi anni il governatore non abbia mai avuto il coraggio politico di denunciare ed ammettere evidenze che oramai sono sotto gli occhi di tutti.

Ma l’Oscar della giornata di ieri va assegnato senza ombra di dubbio all’on. Salvatore Ruggieri, componente dell’Udc pugliese. Il quale, accecato dai fumi della campagna elettorale, attacca frontalmente Vendola accusandolo di aver gestito “la situazione di Taranto esattamente come Berlusconi ha gestito la crisi economica: dire che andava tutto bene e nascondere il disastro che stava per scoppiare”. Non solo. Perché Ruggieri arriva addirittura a sostenere la tesi secondo cui Roma, quindi lo Stato, i vari governi e il ministero dell’Ambiente, sino ad oggi non fossero a conoscenza della situazione ambientale di Taranto. “Come poteva intervenire il governo nazionale prima delle inchieste, se lui non ha lanciato l’allarme?”.

In pratica, per l’on. Ruggieri, se un territorio non lancia un “S.O.S.”, lo Stato non chiede, né si informa, né conosce la realtà dei territori di un Paese che dovrebbe conoscere alla perfezionare per poterlo amministrare. Siamo esterrefatti. Perché Ruggieri attacca Vendola anche sulla famosa legge “anti-diossina” (la n.44 del 2008, ndr) non sulla sostanza, ovviamente. Per Ruggeri, “fu una legge importante che la Regione ha avuto il merito di approvare, ma paragonabile ad una goccia nel mare. Lì, Vendola non richiese uno sforzo al governo né un intervento straordinario, ben sapendo invece, da governatore, ciò che a Roma non si conosceva con tanta chiarezza: quella legge era rivolta ad una realtà molto più drammatica di quello che si é voluto allora raccontare”.

Ma Ruggieri sa che esiste un ministero dell’Ambiente? E’ al corrente che la procedura per il rilascio dell’AIA all’Ilva nell’agosto del 2011 è durata anni ed è ora oggetto d’inchiesta da parte della Procura di Taranto? Per “fortuna”, però, “quando invece il quadro é stato chiaro a tutti, il governo Monti ed i parlamentari pugliesi sono stati in prima linea, senza risparmiarsi, per trovare una soluzione valida e condivisa. Non a parole, ma nei fatti, con coerenza e dimostrando grande senso di responsabilità”. Vedendo il risultato finale, ovvero un decreto e una legge finiti alla Corte Costituzionale per presunta illegittimità costituzionale che non hanno risolto alcunché, era molto meglio se governo e parlamentari pugliesi avessero continuato a fare ciò che hanno portato avanti per decenni: ovvero un totale disinteresse per Taranto e i suoi problemi, se non addirittura per alcuni di essi una vera e propria connivenza con l’industria per continuare a perpetrare il dramma ambientale e sanitario che da anni sono costretti a pagare i cittadini di Taranto e provincia. Non certamente loro.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 05.02.2013)

 

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