A Taranto Pm10 ai minimi storici – Dati su cui riflettere

TARANTO – Scriveva il giornalista (oltre che ambientalista, intellettuale e politico) Antonio Cederna sulla pagine del “Corriere della Sera” nel lontano 1972 a proposito dell’Italsider: “Un’impresa industriale a partecipazione statale, con un investimento di quasi duemila miliardi, non ha ancora pensato alle elementari opere di difesa contro l’inquinamento e non ha nemmeno piantato un albero a difesa dei poveri abitanti dei quartieri popolari sottovento”.

Restarono parole inascoltate. Basti pensare che le famose colline ecologiche che avrebbero dovuto contenere parte delle polveri che si sollevano dai parchi minerali, devono essere ancora realizzate del tutto. Per non parlare del progetto “innovativo” del barrieramento proposto dall’Ilva: bocciato dai custodi giudiziari dopo essere stato salutato con giubilo alla posa delle prima pietra agli inizi di luglio (prima del sequestro) da sindacati, politici e curia tarantina.

Ma al di là dei cenni storici e delle pur giuste recriminazioni, bisogna fare i conti con la realtà. Che dimostra, anche grazie ai rilevamenti di ARPA Puglia ed ai grafici presentati durante gli Stati Generali dell’ente martedì scorso alla scuola Deledda del rione Tamburi, che in tutti questi anni sarebbe bastato un minimo di volontà, intelligenza e rispetto per l’ambiente e la salute dei cittadini, per evitare il dramma ambientale e sanitario che viviamo da decenni e che gli esperti epidemiologi hanno già assicurato continueremo a vivere e vederne gli effetti per almeno altri 20 anni.

Lo scorso 25 e 29 agosto, avevamo lanciato l’ennesimo, inascoltato allarme. Stiamo parlando degli sforamenti dei valori di PM10 sopra il limite di legge (50 µg/m3) nel quartiere Tamburi. La centralina situata in via Machiavelli infatti, dal 1 gennaio allo scorso 23 agosto, aveva registrato per ben 33 giorni valori oltre la media, quando il limite massimo di sforamenti annuali consentiti dalla legge è di 35. Ad una settimana di distanza, il limite di legge non solo è stato raggiunto, ma anche superato: il sito di ARPA Puglia aggiornato a martedì 28 agosto, registrò 36 superamenti per la centralina di via Machiavelli.

Pessimi anche i dati della centralina di via Archimede, sempre nel rione Tamburi: qui i giorni in cui si è registrato un valore superiore di PM 10 sono diventati 25. Ricordiamo inoltre che lo scorso anno, le due centraline di monitoraggio che sono le più vicine all’area industriale, registrarono 40 sforamenti giornalieri in via Archimede e 45 in via Machiavelli. Sempre per quanto riguarda il PM 10, la centralina di via Machiavelli possiede attualmente anche il triste record di sforamenti giornalieri maggiori rispetto a tutto il resto della Puglia.

Guardando questi dati, inoltre, non si può non tornare a sottolineare ancora una volta quanto i periti epidemiologi (Annibale Biggeri, docente ordinario all’università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica, Maria Triassi, direttore di struttura complessa dell’area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli, e Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia dell’Asl di Roma) incaricati dal GIP Patrizia Todisco nell’ambito dell’incidente probatorio sull’Ilva chiesto dal procuratore capo Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero, scrissero nella loro relazione peritale: “Nei 7 anni considerati, (2004-2010) per Taranto nel suo complesso, si stimano 83 decessi attribuibili ai superamenti del limite Oms di 20 microgrammi al metro cubo per la concentrazione annuale media di Pm10. Nei sette anni considerati per i quartieri Borgo e Tamburi si stimano 91 decessi attribuibili ai superamenti Oms di 20 microgrammi al metro cubo per la concentrazione annuale media di PM10”.

E ancora: “si stimano 193 ricoveri per malattie cardiache attribuibili ai superamenti del limite Oms di 20 microgrammi al metro cubo per la media annuale delle concentrazioni di Pm10 e 455 ricoveri per malattie respiratorie”. Attenzione però: perché i periti hanno preso come riferimento il limite di 20 microgrammi al metro cubo indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, mentre quello stabilito dalla legislazione italiana è di 50. Per questo motivo, l’Ilva è convinta di essere nei confini della legge e di rispettare ambiente e salute.

Ma attenzione. Perché ad un certo punto, accade qualcosa di “incredibile”. Come sottolinea la stessa ARPA Puglia nelle sue relazioni. “L’impressionante crollo del PM10 nelle due centraline del quartiere Tamburi (via Machiavelli e via Archimede) a partire dal settembre 2012, che, insieme ai valori di pm10 riscontrati nelle altre centraline della città, consentono di affermare che nel periodo(settembre-dicembre 2012), rispetto al PM10, Taranto è stata tra le città meno inquinate d’Italia. I valori nel periodo sono stati inferiori persino a quelli bassi riscontrati nel 2009, quando ci fu un calo fortissimo della produzione di ILVA. L’improvviso e strepitoso miglioramento dell’inquinamento da PM10 potrebbe essere legato alla diversa gestione dei cumuli dei parchi minerali adottata dai custodi giudiziari di ILVA. Usiamo il condizionale per la dovuta cautela, dato che i custodi sono dirigenti di questa Agenzia”. Taranto tra le città meno inquinate d’Italia: sembra uno scherzo irriverente, ed invece è la pura realtà.

E’ bastato gestire con un minimo di raziocinio l’altezza dei cumuli, per ottenere un risultato “stupefacente”. Questo, però, è avvenuto soltanto perché la magistratura ha sequestrato l’area a caldo, tra cui i parchi minerali, affidandoli ad esperti onesti. Che non hanno inseguito e sposato la logica del profitto. Perché il motivo per cui sino ad oggi l’Ilva non ha mai predisposto un’operazione del genere, è sin troppo facile intuirlo: per abbassare i cumuli di minerale, bisogna scaricarne di meno; ciò vuol dire, produrre di meno; quindi, ridurre il guadagno. Hanno preferito ricoprire interi quartieri di polvere lesiva per l’ambiente e la salute dei cittadini, pur di non rinunciare al guadagno economico. Ed hanno potuto agire in questo modo soltanto grazie alla complicità delle istituzioni, dei sindacati e di tutti coloro i quali avrebbero potuto e dovuto impedire un tale scempio.

Non solo. Perché dai grafici di ARPA Puglia si apprende come per la prima volta da quando l’agenzia regionale per la protezione ambientale misura il benzo(a)pirene nei filtri PM10 del quartiere Tamburi, la media mobile annuale è pari 0.85 ng/metro cubo (dati aggiornati al mese di settembre), inferiore all’obiettivo di qualità di 1ng/m3: negli ultimi quattro anni invece (2008, 2009, 2010 e 2011), l’obiettivo di qualità non è mai stato rispettato. Stiamo parlando di PM10 e benzo(a)pirene (quest’ultimo appartenente alla famiglia degli Idrocarburi Policiclici Aromatici): sostanze altamente cancerogene per la salute umana, in quanto più facilmente si incuneano nelle vie respiratorie veicolando sostanze altamente inquinanti.

Queste non sono opinioni o invettive: ma fatti corroborati da dati e studi scientifici. E dimostrano soltanto una cosa: che sarebbe bastato comportarsi da persone oneste e controllare, per evitare drammi umani che hanno causato indicibili sofferenze. Un motivo in più per scegliere un futuro senza grande industria. Forse siamo ancora in tempo. Ma bisogna avere il coraggio di farlo. Sempre che ognuno di noi voglia davvero un futuro diverso. Più sano e naturale per tutti.

Gianmario Leone (22-12-2012)

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