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Ilva, il messaggio di un operaio: «Non baratteremo la nostra vita coi ricatti»

TARANTO Abbiamo ricevuto la lettera di un operaio che lavora in un reparto dell’area a caldo dell’Ilva (quella posta sotto sequestro). La pubblichiamo integralmente convinti che – oggi più che mai – sia giusto e necessario sentire anche la voce di chi vive la fabbrica dall’interno.

“Ciò che afferma l’azienda è contraddittorio; dicono che con il sequestro non possono intervenire con azioni manutentive. E’ tutto falso! Si stanno fermando e si sono sempre fermati ogni volta che lo hanno desiderato, come anche oggi per fare manutenzione nei vari reparti esclusivamente a scopo produttivo (pulizia zone di raffreddamento, sostituzione di qualche rullo). Sono più di dieci anni che lavoro nell’area a caldo e le fermate,  i revamping o come le definiscono ora “azioni manutentive”, le hanno sempre fatte, con e senza sigillo o sequestro.

Ora, invece, s’inventano che se non viene rimosso non possono rispettare l’Aia e gli impegni mantenuti! Ed intanto i sigilli vengono strappati piano piano dando la colpa alle condizioni atmosferiche. Puó burattinare chi è fuori, i ministri, la città, ma mai gli operai che le permettono di guadagnare non milioni ma miliardi di euro, che lavorano mattina, pomeriggio, sera e notte intervenendo prontamente per far sì che la produzione non si fermi. Da padre di famiglia con un mutuo e problemi di salute seri, vorrei ricordare ai proprietari di questa fabbrica mortale che possono fermarsi e far partire le bonifiche rinnovando a livello di salute e sicurezza gli impianti.

Non ci vuole assai, forse qualche annetto… forse di meno (non mettendo in cassa integrazione noi operai ma inserendoci nel rinnovo/bonifica)… i miliardi li abbiamo fatti entrare noi nelle loro tasche. PER AMORE DEI NOSTRI BAMBINI, NON BARATTEREMO LA NOSTRA SALUTE CON I SPORCHI RICATTI. O si ferma e spende decine di miliardi per poi ripartire (tutti insieme) oppure risarcisca la città e coloro a cui ha tolto lavoro e vita”.

Un operaio

NB: Nella foto un cartello posto nell’Acciaieria 1 (area a caldo sotto sequestro). Il sigillo (apposto dai Carabinieri del Noe) è stato completamente rimosso

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