Una città fantasma – Riflessioni sul corteo in ricordo di Claudio Marsella, operaio Ilva

TARANTO – Se una collettività non è in grado d’indignarsi e di sentire un moto di coscienza nelle viscere neanche di fronte alla morte, vuol dire che i problemi di cui soffre sono molto più profondi e radicati rispetto ai veleni che da decenni grande industria e Marina Militare hanno consapevolmente sparso nell’aria, nel suolo e nell’acqua. Sabato pomeriggio infatti, questa città ha scritto un’altra pagina vergognosa sul libro della sua gloriosa e millenaria storia di un tempo. Al corteo promosso dagli operai Ilva del reparto Movimentazione Ferroviaria in ricordo del 29 enne Claudio Marsella, scomparso lo scorso 30 ottobre, hanno partecipato appena poche centinaia di persone.

Un’assenza colma di indifferenza che mette i brividi se rapportata al futuro che ci attende. Al fianco degli operai del MOF, non c’erano i colleghi dell’Ilva degli altri reparti, né quelli del primo e del terzo turno della giornata di sabato: c’erano, di contro, delegazioni di operai scesi da tutta Italia per esprimere la loro solidarietà e dare il loro sostegno allo sciopero dei lavoratori del MOF, in pieno braccio di ferro con il gruppo Riva che allo sciopero ad oltranza ha risposto mandando dalla prossima settimana duemila operai dell’area a freddo in cassa integrazione per tredici settimane. Sono venuti da Napoli, da Latina, da Bari, dal nord est e addirittura dallo storico stabilimento Mirafiori di Torino. C’erano loro, non gli operai tarantini, né quelli della provincia o di altre province. Quando però nei mesi scorsi l’azienda aprì i cancelli, fornendo tute nuove di zecca, kit e striscioni patinati, scesero per strada per bloccare la città e le arterie principali a migliaia, al solo “sentito dire” che l’Ilva stesse per chiudere. “Misteri” operai.

Ciò non vuol dire che i lavoratori del MOF non abbiano le loro colpe: perché protestare per un accordo del 2010 soltanto dopo la morte di un collega, non è certo un buon biglietto da visita. A conferma di ciò, arrivano le parole dal palco finale di uno di loro: “Dopo la morte di Claudio non esiste che tutto resti come prima. Ci hanno definito eroi, ma anche sciacalli. Claudio è morto anche per la nostra indifferenza e la mancanza di voglia di lottare”. Non c’erano le istituzioni locali, provinciali e regionali: un’assenza che continua a scavare il profondo solco che separa sempre di più i cittadini dalla politica e dai suoi scandalosi rappresentanti. Non c’erano i sindacati metalmeccanici Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil: non c’erano i segretari generali, né i delegati sindacali del siderurgico, soltanto perché il corteo era organizzato dall’USB, sindacato non riconosciuto, al di fuori del recinto di coloro che “hanno diritto di parola” e quindi di “rappresentanza”.

Non c’era Confindustria, sempre pronta e prona a difendere la grande industria e i suoi faraonici e deleteri progetti, ma non gli operai che quei progetti dovrebbero realizzare. Non c’erano le menti “illuminate” e “raffinatissime” dell’intellighenzia e della borghesia tarantina che negli ultimi due mesi, fingendo di essersi ricordati di essere cittadini di Taranto, si stanno in realtà riorganizzando per provare a capire dove andare a ricreare i loro interessi, visto che per decenni hanno “sapientemente” girato il volto dall’altra parte: sempre. Non c’erano i medici di base, i pediatri, o altri esponenti del campo medico: ma se Claudio Marsella fosse morto per una qualche malattia legata alle emissioni inquinanti, forse, sarebbero stati presenti. Non c’era l’intero arco ambientalista, se non per qualche esponente presente a titolo personale. Non c’erano i maggiori rappresentanti del movimento, che però un giorno sì e l’altro pure trovano il modo di far parlare di sé in televisione, sui giornali e sui social network.

A dire il vero, qualche “noto” ambientalista c’era: ma forse avrebbe fatto meglio a restare a casa, visto che per anni ha urlato contro gli operai, accusandoli di essere degli assassini sol perché lavoravano in un’azienda che con le sue emissioni inquinanti causa malattia e morte nella popolazione tarantina. Oggi, all’improvviso, arriva una solidarietà che sa tanto di becero protagonismo. L’assenza dei medici e degli ambientalisti, è pesante: perché lascia trapelare un messaggio sinistro davvero inquietante. Ovvero che la morte abbia un peso e un significato diverso a seconda del modo in cui arriva e non sia, invece, una privazione e un dolore uguale per tutti. Non c’erano gli operai del comitato “liberi e pensanti”: come ha fatto simpaticamente notare un componente del neonato movimento, “oggi per strada ci sono solo i cittadini, non gli operai dei liberi e pensanti”. Non c’erano i cittadini di Taranto: e non prendiamoci in giro dicendo che era sabato, che l’orario del corteo, le 14.30, era improponibile o che Marsella non era un tarantino “doc”.

La verità è che questa città è ancora lontanissima dall’aver maturato una coscienza collettiva che miri alla difesa del bene comune e della salute di ogni singolo cittadino. Perché nonostante decenni di veleni, di malattie, di morti, di incidenti sul lavoro, ognuno è ancora chiuso nel suo recinto per coltivare il suo piccolo giardino e difenderlo ad ogni costo. E l’assenza di ieri, è soltanto l’ultima di un lunghissima lista di iniziative disertate dalla città per la difesa dei suoi diritti e del territorio. Di questo passo, continuando a mandare segnali di questo tipo alle istituzioni, alla grande industria e ai suoi sodali, il futuro lo scriveranno ancora una volta loro. Ma a quel punto, nessuno osi lamentarsi. “Claudio lavorava per avere una famiglia, un futuro. Per fare tutto. Non è riuscito a fare nulla. Fate qualcosa voi, ma fatela col cuore”: l’appello sincero del fratello di Marsella, sabato è caduto nel vuoto, finendo per rimbombare lungo le pareti dei palazzi del centro desolatamente vuoto.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 12 novembre 2012)

 

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