Ilva, da Cologno per spegnimento AFO 1
TARANTO – Sarà la Somin di Cologno al Serio l’azienda che si occuperà di spegnere l’altoforno 1 dell’Ilva di Taranto. La Somin, azienda che opera nel settore da oltre 25 anni (con 125 dipendenti diretti e un indotto che genera altri 60 posti di lavoro), è infatti specializzata nell’istallazione, manutenzione e grandi interventi su impianti per la produzione di acciaio. In tanti però, si chiedono giustamente in che modo avverrà l’opera di spegnimento dell’altoforno, il cui spegnimento e rifacimento, prima ancora di essere ordinato dai custodi giudiziari e prescritto nel riesame dell’AIA dal ministero dell’ambiente, era stato per tempo messo nel conto dai vertici dell’Ilva. L’altoforno in questione, produce ghisa, che poi, in un processo successivo viene utilizzata per la produzione di acciai speciali (la ghisa fusa ad una temperatura di colaggio di 1500°C viene trasportata in acciaieria tramite appositi carri su rotaie, dove avviene la trasformazione in acciaio). L’operazione di spegnimento è complessa e richiederà oltre due mesi di lavoro.
Durante la prima fase è stata prevista la realizzazione di un complesso impianto composto da una vera e propria ragnatela di tubi, all’interno dei quali saranno convogliate immense quantità di acqua, in parte prelevate direttamente dal mare, e che serviranno per il raffreddamento graduale del mantello che riveste l’altoforno. Questa prima operazione prenderà il via a fine mese, il 28 novembre, e richiederà quasi un intero mese di lavoro. Uno degli aspetti delle complesse operazioni di spegnimento riguarda anche la sicurezza del personale, che dovrà operare con l’impianto ancora in funzione e che emana alcuni gas pericolosi per la salute dell’uomo. Nel processo d’altoforno infatti, i minerali di ferro e gli agenti riducenti (come coke e fossile PCI) sono trasformati in ghisa, loppa e gas. Della ghisa si è già detto; la loppa, prodotto di scarto dell’altoforno finisce direttamente alla Cementir, mentre il gas AFO viene immesso nella rete di stabilimento per un auto consumo e la restante parte recuperata tramite centrali termoelettriche. L’altoforno è un vero e proprio esempio di controcorrente di calore e massa: il processo di lavoro è infatti decisamente complesso.
“Il calore viene trasferito dal gas alla carica; questo avviene per immissione di aria calda a 1200°C attraverso dei complessi vento posizionati nella parte bassa dell’altoforno. Quest’aria all’interno della sacca d’altoforno brucia coke e PCI iniettato attraverso le tubiere producendo CO e calore. La massa (di ossigeno) è trasferita dalla carica al gas; il gas riducente (CO)attraversando la carica ferrifera cattura gli atomi di ossigeno degli ossidi di ferro (F2O3 e F3O4) trasformandosi in CO2 che insieme alla restante parte di CO, N2 e H2 costituiscono il gas d’altoforno. Gli ossidi di ferro ridotti dal CO in Ferro viene spillato dal foro di colata sottoforma di ghisa. Il gas sale nel forno mentre la carica scende”. Quest’oggi invece, la ditta Ksb Service Italia Srl inizierà le attività di “discussione tecnica pompa Ksb impianto di desolforazione per valutazione tecnica non conformità ricambio installato”.
Nei prossimi giorni invece, sono attesi i tecnici della “Danieli” di Udine, la multinazionale individuata dai custodi giudiziari per lo spegnimento dell’AFO 5. Il lavoro della Procura, dunque, procede silenzioso. Anche se ieri è tornato a far sentire la sua voce il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Che al termine di un convegno, pur dichiarando come “non ci interessa avere conflitti con chicchessia, ma ci interessa che ciascuno faccia la sua parte affinché si realizzi quanto stabilito”, ha lanciato nuovi segnali alla Procura di Taranto. “E’ necessario che gli interventi all’Ilva si facciano: le prescrizioni contenute nella Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre chiedono all’Ilva di intervenire. Ma – conclude – senza la disponibilità dell’impianto non possono farlo”. Appoggiando di fatto l’istanza che Ilva presenterà a giorni, contenente il dissequestro degli impianti dell’area a caldo. L’ennesima occasione persa dal ministro per fare un po’ di sano e religioso silenzio. Almeno di domenica.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 11 novembre 2012)