Ilva, il gruppo Riva si sdoppia

TARANTO – La notizia giunge dai piani alti della finanza milanese: il gruppo Riva ha deciso di sdoppiarsi per semplificare l’attività industriale, in un momento di profonda tensione sia sui mercati, sia sul fronte giudiziario per la vicenda dell’Ilva di Taranto. Ma in cosa consiste tale sdoppiamento? In pratica, sarà nettamente separata la produzione nei due comparti presidiati dal gruppo: da un lato ci saranno i laminati piani a freddo e a caldo e dall’altro i prodotti lunghi.

Dunque, mentre a Taranto sembra che nulla si muova in attesa della decisione finale sull’AIA e delle prossime mosse legali, proseguono silenziose le grandi manovre all’interno del primo gruppo siderurgico italiano, forte di un fatturato di ben 10,02 miliardi di euro. Operazioni che, fanno sapere da Milano, sono iniziate in tempi non sospetti: in primavera, dunque in pieno incidente probatorio, e con un obiettivo ben preciso: semplificare la struttura societaria e guadagnare efficienza. Ciò che invece neanche gli ambienti finanziari ed economici del nostro paese hanno ancora capito, è se la riorganizzazione possa preludere ad operazioni straordinarie, come ad esempio l’accorpamento o addirittura la cessione di asset industriali.

Del resto, il Gruppo Riva è una specie di bunker, dal quale è impresa ardua carpire informazioni e dove la chiarezza alberga soltanto nella mente del patron Emilio Riva. Di certo, il riassetto in atto ridisegnerà completamente la galassia del gruppo siderurgico lombardo rispetto al passato. L’ultima tappa del cambiamento in atto, è stata l’assemblea della holding capogruppo Riva Fire, che mercoledì 17 ottobre ha deliberato la scissione parziale e proporzionale della società a favore della controllata Riva Forni Elettrici.

In particolare, si legge in una nota di “Borsa Italiana”, è stato conferito il ramo di azienda relativo alla produzione e commercializzazione di prodotti lunghi, cioè le partecipazioni Riva Acciaio, Stahlbeteiligungen Holding, Riva Energia, Muzzana Trasporti e Parsider. Operazione non da poco visto che sotto la Riva Forni Elettrici passeranno riserve per 310,6 milioni, di cui 210,6 milioni serviranno come dotazione patrimoniale della controllata. Con la separazione dei prodotti piani da quelli lunghi si completa insomma la riorganizzazione societaria del gruppo Riva Fire che nel corso del 2012, con diverse operazioni straordinarie, “ha permesso l’accorciamento della catena di controllo e l’eliminazione degli intrecci partecipativi tra le controllate attive nel settore dei prodotti lunghi e quelle operanti nel settore piani”. Chiamali “fessi”.

Intanto, nella tarda serata di ieri, una nota stampa ufficiale del gruppo precisa che negli esercizi dal 2008 al 2011, Riva Fire ha percepito compensi per prestazioni per un totale di circa 253 milioni di euro. La precisazione é in risposta ad un articolo dell’Espresso in uscita oggi. Nel dettaglio, i compensi sono stati pari a 90.401 euro nel 2008, 23.032 nel 2009, 61.944 nel 2010, 78.474 nel 2011. Tali compensi, continua la nota, sono determinati in misura pari all’1,3 % del fatturato consolidato di Ilva solo in caso di MOL positivo, al contrario la percentuale si abbatte del 50% scendendo allo 0,65% in caso di MOL negativo.

E sono “correlati alle prestazioni effettivamente rese da Riva Fire nei confronti della controllata Ilva. La misura di tali compensi è stata verificata da primaria società di consulenza esterna indipendente, che ne ha statuito la congruità rispetto ad altre fattispecie analoghe. Inoltre, l’importo del corrispettivo sopra citato, è stato espressamente previsto nell’ambito dei patti parasociali stipulati tra i soci Ilva (tra cui anche la famiglia Amenduni che detiene il 10%, il 90% è di Riva) al momento dell’acquisizione avvenuta nel 1995.

La famiglia Riva non avendo percepito, negli anni in questione, alcun dividendo da Riva Fire, si riserva di adire le vie legali a difesa della propria onorabilità”. Secondo l’inchiesta del settimanale “L’Espresso” invece, l’Ilva pagherebbe e Riva incasserebbe. Dal 2008 al 2011, sostiene il settimanale, una holding controllata da Emilio Riva insieme a figli e nipoti, “ha ricevuto almeno 190 milioni di euro a titolo di compensi per servizi di varia natura prestati al grande gruppo siderurgico”. In pratica, spiega “L’Espresso”, “i Riva si sono trasformati in consulenti di se stessi, profumatamente pagati, con i soldi dell’acciaieria di Taranto.

Un’operazione in conflitto d’interessi su cui nessuno tra i sindaci o gli amministratori di Ilva ha avuto nulla da obiettare. La holding Riva Fire ha siglato anni addietro ricchi contratti di consulenza con Ilva, che paga di conseguenza. In questo modo la famiglia ha ricevuto decine di milioni ogni anno”. In attesa di conoscere la realtà dei fatti dell’ennesima querelle riguardante la famiglia Riva, ciò che è certo è che da tempo sono in atto operazioni che vanno nella direzione esattamente opposta al risanamento degli impianti sin qui promesso soltanto a parole. Lo abbiamo scritto lo scorso agosto: Riva ha iniziato una lenta e silenziosa fuga redditizia da Taranto. E’ bene che tutti se ne rendano conto ed agiscano di conseguenza.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 26 ottobre 2012)

 

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