Ilva, nessuna lezione sul dolore

TARANTO – Esiste un confine oltre il quale bisognerebbe avere il buon senso di non andare. Mai. Specialmente quando si tratta del dolore altrui. Verso il quale si dovrebbe avere sempre il massimo del rispetto. Ma purtroppo per noi e per questo mondo, il buon senso e il rispetto sono qualità che in alcuni luoghi e cuori non sono mai entrati. E mai vi faranno breccia. Tale premessa è d’obbligo per commentare le nuove esternazioni del presidente del Cda dell’Ilva, Bruno Ferrante, che ha scelto di gettare la maschera del mediatore e del diplomatico, per trasformarsi nell’ennesimo falco del Gruppo Riva. E così, seguendo le orme del patron Emilio Riva che nel 2009 si permise il lusso di affermare che il problema dei tumori a Taranto altro non fosse che un’invenzione giornalistica, il buon Ferrante ha pensato bene di travalicare i confini delle sue competenze e conoscenze, lanciandosi in una lezione sull’epidemiologia che travalica i confini del ridicolo, diventando inaccettabile per ogni singolo lavoratore dell’Ilva e ogni cittadino di Taranto.

Intervistato telefonicamente nel corso della trasmissione mattutina di Canale 5 condotta da Maurizio Belpietro, il neo presidente ha iniziato il suo intervento brandendo ancora una volta la minaccia del ricatto occupazionale, sostenendo che “se dovessimo andare al fermo o alla chiusura di alcuni altiforni, così come detto anche nelle decisioni dei custodi, questo evidentemente creerebbe problemi sia sull’attività produttiva che sui livelli occupazionali”. Riferimento oramai chiaro all’altoforno 5, il più grande d’Europa nonché impianto fondamentale nel processo produttivo dell’azienda. Ma se Ferrante si fosse limitato a questo, tutto sommato non avrebbe toccato più di tanto il nostro interesse. Il problema è sorto quando l’ex prefetto di Milano è entrato nel merito di presunte nuove perizie epidemiologiche, che raffigurerebbero scenari ambientali e sanitari per la città di Taranto, differenti rispetto a quanto emerso negli ultimi mesi.

“Si parla di emergenza sanitaria e di inquinamento terribile della zona di Taranto: ho chiesto delle perizie che sto ricevendo in questi giorni da personalità della scienza che mi raccontano una verità diversa. Mi raccontano che a Taranto non c’è emergenza sanitaria”. Chi siano queste personalità della scienza, non è dato sapere. Stesso dicasi per i dati forniti da queste fantomatiche nuove perizie. “Quando sarà il momento – ha promesso Ferrante – le consegneremo alle autorità che ne hanno titolo. Ora stiamo raccogliendo tutti i dati per dimostrare che non c’è emergenza sanitaria, che le condizioni ambientali di Taranto non sono tanto peggiori di tante altre realtà urbane del nostro Paese”. Alle autorità che ne hanno titolo? E chi sarebbero?

Ora. Al di là del fatto che quando si annuncia una notizia del genere bisognerebbe avere quanto meno il buon gusto di fare nomi e cognomi, non possiamo consentire, assolutamente, che Ferrante ci dia lezioni sulla “reale” situazione sanitaria della nostra città. Lasciando intendere che più di qualcuno, in tutti questi anni, a cominciare dai medici per finire all’ultimo dei parenti delle migliaia di morti, abbia voluto fare propaganda o spot elettorali lucrando su un tema così sentito e delicato per criticare sempre e comunque il colosso d’acciaio. E siccome non da oggi, ma da anni, ci occupiamo della questione ambientale parlando con dati alla mano, ci permettiamo il lusso di insegnare noi qualcosa all’Ilva ed alla sua dirigenza.

Del resto, di fronte a studi scientifici e a dati da tempo riconosciuti, c’è poco di cui discutere. E per non essere citati di fondamentalismo o altro, quest’oggi ci serviremo dell’aiuto dell’ARPA Puglia. Che nella documentazione prodotta in sede di “Gruppo di Lavoro per il Riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale per l’esercizio dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto”, ha allegato un documento sul “Contesto epidemiologico-sanitario dell’area di Taranto”. Documento che contiene le principali evidenze epidemiologiche disponibili sull’area di Taranto, che indicano la presenza di rilevanti criticità nel profilo di salute delle popolazioni ivi residenti, ed in particolare a carico dell’area urbana del capoluogo di provincia, rispetto alla quale diversi studi hanno mostrato “chiaramente il ruolo dell’inquinamento di origine industriale”.

I primi due studi epidemiologici che hanno avuto per oggetto l’area di Taranto sono stati due geografici di mortalità condotti dal Centro Europeo Ambiente e Salute dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) su indicazione del Ministero dell’Ambiente relativo a dati del periodo compreso tra il 1981-1987 (Bertolini et al 1997) e nel 2002, che riportava i dati di mortalità del quinquennio 1990-1994 (Martuzzi et al, 2002). Lo studio Bertolini evidenziò un quadro di mortalità che suggeriva la presenza di fattori di inquinamento ambientale diffusi che interessavano entrambi i generi e una rilevante esposizione ad agenti di rischio di origine occupazionale nel genere maschile. Nello studio Martuzzi si riportavano per tutti i comuni dell’area a rischio, eccessi statisticamente significativi rispetto ai valori regionali, nei maschi per la mortalità generale (+10,6%) e per tumore (+11,6%).

L’eccesso è spiegato in parte dagli eccessi statisticamente significativi del tumore polmonare (+32,9%).Anche per quanto riguarda le donne la mortalità generale (+3,8%) e tutte le cause tumorali (+7,2%) sono in eccesso significativo. L’eccesso di mortalità per tumori è in parte spiegato, come negli uomini, da eccessi per il tumore polmonare (42,9%). Eccessi sono stati rilevati anche per patologie non neoplastiche a carico dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. L’analisi temporale della mortalità per il periodo (1981-1984, 1985-1989 e 1990-1994), ha mostrato un trend in crescita per tutti i tumori e i tumori polmonari in entrambi i generi, e per il tumore della mammella e le malattie dell’apparato respiratorio tra le donne. L’analisi è stata poi ripetuta per il periodo 1998-2002 dall’Unità di Statistica ed Epidemiologia della ASL TA/1, con i dati confermavano i risultati della prima indagine. Lo studio di mortalità di Vigotti et al. (2007) prendeva in considerazione la mortalità per le principali cause nel comune di Taranto dal 1970 al 2004. La mortalità per tumore al polmone, che rappresenta circa il 30% delle morti per tutti i tumori tra gli uomini e il 7% tra le donne, risulta più elevata di quella regionale. Negli uomini sono stati riscontrati eccessi statisticamente significativi in tutti e quattro i periodi. Nel periodo 1998-2004 è stato riscontrato un eccesso statisticamente significativo per malattie respiratorie e polmoniti anche nelle donne.

Lo studio di mortalità di “Martinelli et al (2009)” effettuato su tutte le province pugliesi, sui dati 2000-2004 ha evidenziato un eccesso di mortalità nella città di Taranto del 10% per quanto riguarda la mortalità generale e in particolare nel sesso maschile del 28% per il cancro del polmone rispetto al riferimento regionale. Inoltre 9 tumori (il 70%) sui 13 che sono in eccesso nell’intera provincia di Taranto lo sono nei due comuni inseriti nel SIN (Taranto e Statte). Lo studio geografico di Graziano et al (2009), basato sul Registro Tumori ionico Salentino, ha riguardato i 29 comuni della provincia di Taranto. Per il comune di Taranto sono stati osservati Rapporti Standardizzati di Incidenza superiori: negli uomini per tumore del polmone (1,24), della vescica (1,28), e per Linfoma Non Hodgkin (1,46).

In uno studio caso-controllo (Marinacelo et al 2011) è stato osservato un aumento di rischio, statisticamente significativo, per tumore del polmone in prossimità dell’acciaieria e dei cantieri navali e tale eccesso permane, anzi risulta addirittura più alto, dopo l’aggiustamento per variabili occupazionali, facendo propendere per l’esistenza di un effetto ambientale. I dati preliminari dei Registro Tumori relativi all’anno 2006 hanno evidenziato nel comune di Taranto un tasso standardizzato di incidenza per tutti i tumori in entrambi i sessi più alto rispetto a quello di tutti gli altri distretti della ASL provinciale. Analizzando le cause specifiche si osserva un tasso standardizzato di incidenza del tumore del polmone in entrambi i sessi più alto rispetto a tutti gli altri distretti della provincia e nel sesso maschile si riscontra nel comune di Taranto anche il tasso più alto di tumore della vescica (81 per 100.000 abitanti).

Per questioni di spazio, evitiamo di riproporre i dati dello studio Sentieri (per gli anni 1995-2002 e 2003-2009), in attesa che venga completato. Ci chiediamo dunque, quali perizie abbia in mano Ferrante che possano smentire i dati qui riproposti presenti in studi diversi espletati in anni diversi, che raffigurano una situazione drammatica e in continuo peggioramento. Vorremmo ricordare al buon Ferrante, che in quei dati ci sono la vita e il dolore di migliaia di tarantini: a cominciare da quegli operai che grazie al loro lavoro e al loro sacrificio hanno permesso all’ingegnere dell’acciaio di costruire il suo impero in Italia e in Europa.

Ora, va bene tutto: la nuova AIA, il piano investimenti, gli scioperi, l’acciaio, gli utili, tutto quello che volete. Ma guai a giocare o a sbeffeggiare gli ammalati e i morti di questa città. Vi siete presi la terra, l’aria, l’acqua. Il lavoro, il sudore, le braccia, i polmoni, la vita di un intero territorio. Ma non potrete mai toglierci la nostra memoria. Il nostro dolore, i nostri cari, la nostra storia. Basterebbe soltanto questo, se solo questa città si unisse in un sol corpo, per spazzarvi via del tutto e per sempre da questa terra. Che un domani, anche se forse molto, troppo lontano, tornerà ad essere quella di migliaia di anni fa, tra sole, mare, uliveti e aria pulita. La Storia, caro Ferrante, la scrive il popolo. Presto o tardi. Sempre e comunque.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 29 settembre 2012)

 

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