Ciao, ciao Distripark

TARANTO – La notizia è di quelle che rischiano di compromettere il futuro economico della nostra provincia, prima ancora di iniziare a progettare quelle economie alternative che ci permetterebbero nel medio lungo periodo, di spezzare la monocultura dell’acciaio. La questione è questo: la Regione Puglia ha chiesto al Ministero dello Sviluppo economico di definanziare il progetto del Distripark di Taranto, previsto nella parte retrostante del porto ed inserito nella delibera CIPE del 2011, destinando i soldi in questione a favore della realizzazione del Molo polisettoriale dello scalo.

In pratica, si tratta di cambiare la finalità del finanziamento di 35 milioni di euro, che provengono dalla “Programmazione Risorse Residue FSC 2007-2013” attribuite alla Regione Puglia, ai sensi della Delibera CIPE n. 166/07, che in origine ammontavano a 3.271,7 M€, successivamente ridotte a 2.794,6 M€ come da Delibera CIPE n. 1/11, in seguito ai tagli apportati al FSC per esigenze di finanza pubblica. Tali risorse sono state finalizzate, nella consistenza di 1.441,7 M€, nelle delibere CIPE settoriali, ed in particolare così suddivise: 1015,4 M€ con la Delibera CIPE “Infrastrutture di mobilità stradali e ferroviarie” del 3 agosto 2011; 250 M€ mediante la Delibera CIPE del 30 settembre 2011 “Innovazione, ricerca e competitività”; 79,2 M€ mediante la Delibera CIPE del 20 gennaio 2012 “Frane e versanti”. 97,1 M€ mediante la Delibera CIPE del 30 aprile 2012 “Interventi nel settore idrico finalizzati al superamento delle procedure di infrazione comunitaria”. A valle di tali delibere di programmazione settoriale, restano da programmare risorse pari a 1.352,9 M€.

Il reimpiego del denaro previsto inizialmente per il Distripark, secondo il programma della Regione, dovrebbe ora servire per la “Riconfigurazione della banchina del molo”: cioè per il progetto previsto nel Protocollo d’intesa per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto, sottoscritto lo scorso 20 giugno dal governo, dagli enti locali e dall’Autorità portuale di Taranto. “La Regione Puglia propone il definanziamento dell’intervento Districtpark Taranto, situato nella parte retrostante del porto di Taranto – si legge nell’ultima delibera CIPE del Ministero pubblicata in anteprima dal sito de “Il Nautilus” -, inserito all’interno della precedente delibera CIPE n. 62 del 03/08/2011 per un valore pari a 35 milioni di euro, con il reimpiego delle risorse così liberate per il finanziamento dell’intervento Riconfigurazione della banchina del Molo Polisettoriale del porto di Taranto. Intervento già previsto nell’ambito del Protocollo di intesa sul Porto di Taranto sottoscritto il 20 giugno tra gli altri da MIT, MATTM, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Autoritànportuale di Taranto”.

Questi 35 milioni si trovano anche nel “Protocollo d’intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto”, firmato lo scorso 26 luglio a Roma, nella parte in cui si parla del progetto “Riconfigurazione ai fini dell’adeguamento della banchina del molo polisettoriale per consentire i dragaggi fino a 16,50 metri, comprensivi di distribuzione elettrica e superamento interferenze”, il cui importo ammonta a 51 milioni di euro. Questi 51 mln sono infatti così divisi: Regione Puglia FSC 2007-2013 35.000.000, Autorità Portuale 12.000.000, TCT SpA 4.000.000. “La Regione – si legge sempre nella delibera del CIPE – ha motivato tale proposta con la strategicità dell’opera da realizzare, funzionale e complementare con le altre opere previste, ravvisando pertanto l’opportunità di finanziare l’infrastruttura della parte antistante del porto, piuttosto che di quella retrostante”. Ed è forse questa la parte più incredibile di tutta la vicenda.

Facciamo un passo indietro nella storia. La Distripark Taranto s.c.ar.l. venne costituita a Taranto nel 2002 tra Provincia di Taranto, Comune di Taranto, Camera di commercio di Taranto e Autorità Portuale di Taranto. L’oggetto sociale previsto per l’opera era la promozione, l’attivazione ed il completamento di tutte le procedure tecnico-amministrative e la realizzazione delle opere necessarie per la costruzione di un Distripark, nonché degli interventi connessi con la creazione di una rete di trasporto intermodale in grado di agevolare lo sviluppo della logistica. La presenza di una simile struttura a servizio della distribuzione e della logistica, oltre che essere di supporto all’acquisizione di nuovi traffici marittimi, “incentiverà l’insediamento e la coesistenza di una pluralità di imprese di trasporto, di logistica e di trasformazione, che potranno conferire valore aggiunto alla merce in entrata/uscita dal Porto di Taranto. Tali aree, pertanto, costituiscono un insediamento privilegiato per le PMI manifatturiere con processi produttivi ad alta intensità di manodopera che trasformano semilavorati e componenti di provenienza nazionale e internazionale, per ottenere prodotti da fornire ad altri operatori nazionali o da esportare in altri Paesi”.

L’importanza pubblica e strategica del Distripark di Taranto venne riconosciuta anche dalla delibera CIPE n. 155/2000 che finanziò l’avvio dell’insediamento della piattaforma logistica di Taranto. Ora. L’accordo per il rilancio del Porto di Taranto siglato lo scorso giugno, seguiva l’inaugurazione dei lavori per la Piastra Logistica dello scalo ionico avvenuta lo scorso 26 marzo, con tanto di taglio del nastro da parte del viceministro ai Trasporti, Ciaccia. Investimento complessivo 219,4 milioni di euro. Sempre in quei giorni, il porto ionico venne inserito nelle reti europee Ten-T. Il cantiere comprende diverse opere ritenute necessarie per assicurare al porto di Taranto uno sviluppo non solo come scalo di transhipment di container, ma anche come gateway e piattaforma logistica. E cosa propone invece oggi la Regione Puglia? Far sparire il Distripark, ovvero l’area allocata a monte dei terminal portuali e integrata con un sistema di trasporto intermodale, dove viene reso possibile dare valore aggiunto alle semplici operazioni di carico e scarico dei container. Le merci scaricate dai container, attraverso operazioni di confezionamento, etichettatura, assemblaggio, controllo di qualità e imballaggio, vengono preparate per la spedizione al cliente finale. Le merci possono così essere adattate alle richieste dell’utente e ai requisiti del paese di destinazione.

All’interno di un Distripark ci sono magazzini, servizi gestionali, servizi informativi e telematici ma anche capannoni dove possono essere svolte attività manifatturiere per trasformare semilavorati, di provenienza internazionale o nazionale, in prodotti finiti da avviare nei mercati esteri. L’insediamento di un Distripark in un’area retro portuale, quindi, costituisce un elemento chiave per creare intorno a un porto un indotto che generi occupazione e sviluppo. Nel porto di Taranto, a ridosso del Molo polisettoriale, venne individuata un’area adeguata all’insediamento di un Distripark. Il CIPE nel gennaio 2002, assegnò alla Provincia di Taranto oltre 12 milioni di euro per la realizzazione del Distripark. Provincia e Comune che oggi sono chiamati a rispondere del perché negli ultimi 10 anni nulla è stato fatto. E soprattutto della destinazione finale di quei soldi stanziati per un’opera che non ha mai visto l’alba. Così come Regione e Governo dovrebbero spiegare a che gioco stanno giocando. Perché è chiaro a tutti che realizzare una Piastra Logistica senza il Distripark non ha alcun senso.

E pensare che proprio il completamento della piattaforma logistica del porto di Taranto, la realizzazione del Distripark e il potenziamento del collegamento infrastrutturale ma anche gestionale tra questi e l’aeroporto di Grottaglie (che avrebbe un suo senso diventando “cargo”) rappresentano un intervento prioritario per l’affermazione della piattaforma logistica tarantina nel contesto internazionale. Ma evidentemente, a Roma e a Bari, hanno già deciso che Taranto dovrà continuare ad essere la città dell’acciaio e degli interessi della Marina Militare. Ci stanno scippando ancora una volta di un futuro alternativo alla grande industria. Ma le colpe di tutto questo sono anche delle nostre istituzioni che continuano a dormire, compromettendo qualunque possibile svolta economica al nostro territorio.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 30 agosto 2012)

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