Mitili, un tunnel senza fine?

TARANTO – Può tornare ad esplodere da un momento all’altro la questione della mitilicoltura a Taranto. Perché da tanto, troppo tempo, si sta giocando con la pazienza e la vita dei mitilicoltori, oltre che con il destino della risorsa naturale primaria della nostra città. Un argomento che incontra, purtroppo, l’interesse di pochissimi, come se l’inquinamento che ha distrutto l’ecosistema del Mar Piccolo, fosse meno importante di quello prodotto dalla grande industria.

Stranezze tutte tarantine, che molto probabilmente non capiremo mai fino in fondo. Ciò detto, il problema vero è che la vicenda dei mitili del 1° seno del Mar Piccolo, si è infilata in un tunnel al momento senza uscita. Anche perché, la vera verità è che nessuno sa cosa fare in merito alla produzione 2012, il cui frutto ha raggiunto i 6 centimetri e che le analisi sui campioni prelevati dallo scorso agosto sino alle ultime risalenti al mese di marzo, tranne per quelle di novembre, hanno sempre dato esito negativo in merito al superamento del limite di contaminazione da diossina e Pcb (6,5 picogrammi).

Dunque, nei mitilicoltori la domanda sorge spontanea: perché la Asl non revoca l’Ordinanza n.1989 del 22.07.2011 di blocco del prelievo, movimentazione e commercializzazione dei mitili del primo seno di Mar Piccolo? Perché gli esiti delle analisi sui campioni di aprile non sono ancora giunti, nonostante siamo quasi a fine maggio? Possibile che non ci sia il modo per accelerare l’iter e quindi scongiurare la perdita della produzione del 2012, dopo quella dell’intero 2011 terminata nell’inceneritore dell’Amiu?

Perché il problema è semplice: l’ordinanza dello scorso luglio consente lo spostamento del seme dal Mar Piccolo alle aree individuate in Mar Grande, ma vieta la vendita dei mitili: ma se i mitili sono conformi e quindi non inquinati, si dovrebbero vendere senza problemi. Ed invece, a causa del ritardo con cui provengono alla Asl i risultati dall’Istituto Zooprofilattico di Teramo, l’azienda sanitaria locale non vuole assumersi la responsabilità di revocare l’ordinanza. Inoltre, durante una riunione svoltasi presso il Centro Ittico Tarantino nel pomeriggio di ieri, molti mitilicoltori hanno chiesto quanto meno la modifica dell’ordinanza, che riguarda in maniera sommaria l’intero 1° seno del Mar Piccolo, quando alcune zone dello stesso presentano livelli di inquinamento al di sotto dei limiti previsti dalla legge: quindi, in realtà, non sarebbe necessario lo spostamento di tutti gli allevamenti in Mar Grande.

Decisioni importanti, ma non più rinviabili dunque, che dovrà prendere il nuovo tavolo tecnico che sarà convocato a breve in Regione: perché rinviare ancora la soluzione del problema, comporterebbe l’immediata levata di scudi da parte dei mitilicoltori, pronti a dirigersi in massa dal Prefetto e dal Questore, perché il tempo stringe e ogni giorno perso potrebbe portare al fallimento di un intero comparto, che ricordiamo supera le tremila unità lavorative. Senza dimenticare che gli stessi sono ancora in attesa del milione e duecentomila euro stanziato dalla Regione attraverso i fondi FEP, a cui però potranno accedere soltanto i mitilicoltori dotati di licenza regolare (e quelli che nel frattempo hanno regolarizzato la loro posizione avranno o no diritto a questi fondi?).

Tutto questo però, ha inevitabilmente comportato che tutto il processo inerente lo spostamento degli allevamenti nelle aree di Mar Grande si sia nuovamente bloccato. Allo stato attuale delle cose, lo spostamento in Mar Grande dovrebbe riguardare tre cooperative (le domande in totale sono state 28), che a breve saranno del tutto in regola per occupare parte dello specchio di mare individuato negli scorsi mesi (369.000 metri quadrati). Secondo, sempre in questi giorni è previsto il montaggio delle boe. Come si ricorderà infatti, l’approdo degli allevamenti in Mar Grande necessita, inevitabilmente, della presenza dei famosi “corpi morti”, ovvero enormi basi di cemento armato del peso anche di 3,5 quintali, che dovranno sostenere i galleggianti e che dovranno essere trasportati dagli stessi mitilicoltori con delle grandi imbarcazioni.

Tenendo bene a mente come nello scorso autunno venne deciso un periodo di sperimentazione della durata di sei mesi, necessario per testare la zona e la reale possibilità di attecchimento del seme in Mar Grande: perché in molti, per non dire tutti, sanno che il mitile prodotto nel 1° seno del Mar Piccolo ha una sua specificità, che quasi certamente perderà una volta spostato nelle acque di Mar Grande, dotato di una salinità completamente diversa rispetto al Mar Piccolo. Per non parlare del fatto che per lavorare nelle nuove aree, i mitilicoltori dovranno dotarsi di impianti molto costosi: ecco perché molti avrebbero preferito spostarsi nel 2° seno del Mar Piccolo, più salubre da inquinamento da Pcb, ma che potrebbe nasconde altri nemici esterni (come ad esempio il mercurio).

Ancora una volta però, siamo costretti a sottolineare come i mitilicoltori continuino ad essere soli in questa battaglia che invece dovrebbe riguardare l’intera comunità ionica. Un silenzio vergognoso, inaccettabile, che non ha alcuna motivazione plausibile né giustificazioni di sorta, visto che dura da quasi un anno. E così, mentre le istituzioni locali, provinciali e regionali si perdono in decine di riunioni, tavoli tecnici e Conferenze dei Servizi, i sindacati, sempre solerti a difendere il lavoro “tesserato”, ignorano gli altri, come il mitilicoltore, per i quali esso evidentemente non è un lavoro degno della loro attenzione e quindi privo di diritti da difendere.

Ha raggiunto oramai le soglie dello scandalo, invece, il silenzio degli ambientalisti locali, che non hanno mai detto una sola parola sull’argomento, nemmeno in campagna elettorale per farsi un po’ di pubblicità. Sarà che hanno una concezione dell’ambiente “limitata” alle emissioni inquinanti industriali; o sarà che è fin troppo facile attaccare un privato come l’Ilva o un’azienda monumentale come l’Eni, piuttosto che sporcarsi le mani con gli altri grandi problemi ambientali di cui soffre la città, come l’inquinamento del Mar Piccolo, prodotto quasi per intero dall’Arsenale e dalla Marina Militare. Che privati non sono e quindi, magari, qualcuno ha interesse a ché non si tiri troppo la corda. O, forse, sarà che è molto più semplice vivere una vita da radical chic, circondandosi di bella gente da salotto e di personaggi famosi, trascorrendo gran parte del proprio tempo a recitare la parte dei leoni da tastiera su ‘facebook’, invece che stare a stretto contatto con l’odore acre, ma vero, del mondo dei mitilicoltori.

Gianmario Leone (dal TarantoOggi del 23 maggio 2012)

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