Ilva, l’ordinanza di Stefàno e la perla dell’avvocato Perli

TARANTO – Dopo l’incontro avvenuto venerdì scorso in tribunale con il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, nella giornata di sabato ha firmato un’ordinanza sindacale (la seconda nei confronti dell’Ilva dopo quella del giugno 2010 in seguito alla Relazione Tecnica dell’Arpa Puglia sull’inquinamento da benzo(a)pirene nel rione Tamburi) con la quale ordina all’azienda di adottare una serie di provvedimenti per limitare e/o abbattere le emissioni nocive entro 30 giorni a partire dalla notifica dell’atto. In caso contrario, il primo cittadino avverte che gli impianti riguardanti l’ordinanza dovranno sospendere la loro attività.

Nell’ordinanza n.14 pubblicata sull’albo pretorio del Comune, il sindaco ordina all’Ilva di procedere entro 30 giorni “alla installazione sul camino E312 dell’impianto di agglomerazione di un sistema di campionamento di lungo periodo (?) secondo le modalità definite della bozza di Protocollo di intesa redatta dal Tavolo tecnico istituito dal MATTM (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) come osservato dal gestore in data 27/05/2011, di adottare idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri abbattute dagli elettrofiltri a servizio del camino E312”; “di adottare idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri abbattute dagli elettrofiltri ESP e MEEP a servizio del camino E312 dell’impianto di agglomerazione AGL2”; “l’avvio immediato delle attività finalizzate alla realizzazione, nel più breve tempo tecnicamente possibile, di adeguato sistema di abbattimento polveri relativo alle acciaierie, con obbligo di comunicare il crono programma entro 15 giorni e di aggiornare periodicamente l’ente sullo stato di realizzazione”; “per l’area batterie, il completamento delle procedure operative e gestionali, finalizzate ad evitare o minimizzare le emissioni fuggitive, con l’obbligo di comunicare il crono programma entro 15 giorni ed aggiornare l’ente sullo stato di realizzazione”; infine, “sino all’adozione dei provvedimenti previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), di limitare la produzione effettiva a non oltre 10 milioni di tonnellate annue”.

E’ questa, dunque, la risposta politica del sindaco Stefàno alla lettera del procuratore Sebastio dello scorso 2 febbraio ed alla relazione tecnica elaborata dai periti chimici nell’ambito dell’indagine in corso nei confronti dell’Ilva. Relazione che metteva finalmente nero su bianco come “all’interno dello stabilimento Ilva di Taranto non siano osservate tutte le misure idonee ad evitare la dispersione incontrollata di fumi e polveri nocive alla salute di lavoratori e terzi (cittadini)”, oltre a sottolineare come “allo stato attuale alle emissioni derivanti da questi impianti non sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto dei limiti dei parametri inquinanti previsti dal D.M. 5 febbraio 1998 sopra detti, tali emissioni non risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale. Inoltre poiché ai suddetti camini non sono installati i sistemi di controllo in continuo alle emissioni, non c’é alcun elemento che dimostri il rispetto dei limiti”. Nell’ordinanza infatti, il Sindaco scrive che l’ordinanza è dovuta al fatto che dalla relazione “si desumono elementi conoscitivi tali da destare particolare allarme” e che sussistono “le condizioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente”.

Questo per quanto attiene alla cronaca stringente. Perché la realtà è come sempre un’altra. E merita una lettura critica di ben altro spessore. Anche perché l’ordinanza del Sindaco, pur essendo strettamente mirata a “colpire” alcune delle criticità sottolineate dai periti chimici nella loro relazione, appare come sempre sin troppo aleatoria e poco precisa. Ad esempio, in cosa consisterebbe questo “campionamento di lungo periodo”? A quale dei tre sistemi esistenti fa riferimento? Quali sarebbero queste “idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri”? Quale sarebbe questo “adeguato sistema di abbattimento polveri relativo alle acciaierie” di cui scrive Stefàno? In cosa consisterebbe “il completamento delle procedure operative e gestionali, finalizzate ad evitare o minimizzare le emissioni fuggitive”? Ciò detto, Stefàno dovrebbe spiegare il perché di tanto ritardo nell’agire. Ad esempio, potrebbe spiegare il perché tale ordinanza sia stata emessa lo scorso giugno, dopo la relazione fornita dal reparto dei Carabinieri del NOE di Lecce, che dopo aver tenuto sotto sorveglianza a distanza per 42 giorni l’Ilva di Taranto, sottolineava già all’epoca quanto poi relazionato dai periti chimici in merito alle emissioni da parte dell’Ilva, consigliando il sequestro degli impianti del siderurgico.

O, ad esempio, il Sindaco dovrebbe spiegare perché il Comune non ha partecipato come invece avrebbe dovuto, alla procedura per il rilascio dell’A.I.A. avvenuto lo scorso 5 luglio. Se si fosse prestata attenzione, già all’epoca ci si sarebbe accorti del fatto che dal parere definitivo della Commissione IPPC sulla base del quale il ministero dell’Ambiente rilasciò l’A.I.A., scomparivano una serie di prescrizioni, come la rete di monitoraggio esterno alla cokeria utile per rilevare le emissioni di IPA e del benzo(a)pirene; come il depotenziamento del sistema di videoregistrazione delle emissioni diffuse e fuggitive; come l’aumento dei limiti per i macroinquinanti (tra cui polveri, ossidi di azoto e di zolfo); come sui parchi minerali fosse venuto meno il piano di fattibilità per la loro copertura richiesto all’ILVA nella versione precedente, lasciando al solo barrieramento la risoluzione del problema (progetto avallato peraltro dallo stesso Comune di Taranto lo scorso anno); come per le emissioni derivanti dall’utilizzo di Pet Coke, nulla sia previsto se non il ricorso ai sistemi di abbattimento che nell’Ilva non esistono, come non é previsto il monitoraggio in continuo di IPA, benzene e polveri per le operazioni di caricamento del coke; per concludere sull’ok alla capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate annue di acciaio (ad ogni incremento della produzione corrisponde un aumento delle varie forme di inquinamento). Questo solo per restare sul tecnico e per dimostrare che ordinare oggi quel che si doveva e poteva almeno in parte fare ieri, è una scappatoia poco credibile. Fermo restando che per noi l’A.I.A. non andava affatto rilasciata, prescrizioni o meno: per il semplice motivo che, come avviene per la patente, essa andava rilasciata solo una volta che l’Ilva avesse dimostrato di rispettare tutti i limiti di emissioni dopo essersi dotata di tutti gli strumenti del caso. E’ ridicolo rilasciare una patente a chi dimostra di voler guidare non rispettando le regole esistenti, pretendendo addirittura di insegnare agli altri come si dovrebbe guidare, facendo peraltro ricorso al Tar.

La realtà è che Stefàno sa fin troppo bene che l’Ilva farà immediato ricorso al Tar, rendendo di fatto “inutile” questa nuova ordinanza. Così come sa che l’Ilva non potrebbe mai, in appena 30 giorni, ottemperare a tutti le richieste presenti nell’ordinanza. E se per ipotesi l’Ilva non dovesse ricorrere al Tar e non dovesse rispettare le prescrizioni previste nell’ordinanza, Stefàno avrebbe il coraggio di far sospendere le attività produttive all’Ilva? Dunque siamo di fronte all’ennesima scialba operazione politica in piena campagna elettorale: una pezza a colori che non servirà ad attutire le responsabilità di chi negli ultimi cinque anni avrebbe potuto iniziare a pensare e ad attuare un percorso comune con enti, associazioni e singoli cittadini, per porre le basi per una Taranto libera dalla grande industria nel prossimo futuro, invece di perdersi in mille discorsi vuoti di significato e azione politica. Di chi non ha avuto remore, ben assistito dal presidente della Provincia Florido e dal presidente delle Regione Vendola, nel definire appena un paio di mesi fa l’Ilva come un’azienda modello a livello europeo. Di chi non ha mai contestato nulla in tutti questi anni di numeri sparati a caso, di frase roboanti, di obiettivi raggiunti, di miliardi spesi, di promesse fatte, di eco-compatibilità raggiunta o da raggiungere, di strette di mano compiacenti, di sorrisi beffardi, di avvii in pompa magna di impianti all’ultimo grido, di chi proprio la scorsa settimana parlava di una città che non esiste paventando impossibili bonifiche.

Un’ordinanza non solo fuori tempo massimo, ma anche vuota di significato politico: avrebbe avuto molto più senso ordinare la chiusura immediata degli impianti, in attesa di conoscere la relazione dei periti epidemiologi che sarà depositata il prossimo 1 marzo. Quello sì che sarebbe stato un atto di tutela per tutti i cittadini di Taranto, operai in primis. Invece si è scelto ancora una volta di agire sotto la scorta della Magistratura, coprendosi dietro un’azione portata avanti da altri. D’altronde si sa, come diceva il buon De André nella canzone “La guerra di Piero”, nella vita spesso “ci vuole tanto, troppo coraggio”: quello che i nostri politici non avranno mai.

LA PERLA DI PERLI – Francamente la relazione dei periti a noi pare poco attendibile. La diossina nel terreno può esserci arrivata in tanti modi. La perizia in nessun punto ha indicato che Ilva opera non rispettando i limiti di legge”. A parlare in questi termini al microfono di Tv7, la trasmissione di approndimento di Rai 1 che venerdì sera ha mandato in onda la seconda parte dell’inchiesta sull’Ilva di Taranto, é uno degli avvocati che difende l’Ilva, Francesco Perli. Nei giorni scorsi abbiamo più volte riportato su queste pagine le conclusioni a cui sono giunti i periti nominati dall Procura di Taranto, che dimostrano in via scientifica ciò che l’Ilva ed i suoi legali continuano scandalosamente a negare restando ad un puro livello teorico. Sarebbe interessante sapere dall’Ilva e dall’avvocato Perli da dove mai dovrebbe provenire questa diossina secondo loro: dal cielo? dal mare? dal vento? dai fiori? dalla terra stessa? dalle auto dei cittadini? dalle caldaie delle case? si autoproduce? o qualcuno alle spalle del siderurgico si diverte a spargere diossina, magari di notte, per non essere visto? Suvvia, signori, un pò di serietà. E di onestà intellettuale. Capiamo l’ansia per il terreno che frana lentamente sotto i vostri piedi, ma abbiate almeno la dignità di rispettare la vita e l’intelligenza dei cittadini di Taranto.

Gianmario Leone

g.leone@tarantooggi.it

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