Eco-sentinelle e cittadini-reporter: i nuovi volti dell’ambientalismo ionico

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Il 2010 sarà ricordato come l’anno delle eco-sentinelle: cittadini armati di telefonini e fotocamere, che usano le loro immagini per denunciare gli scempi ambientali che vengono perpetrati contro il nostro territorio. È questa l’evoluzione tecnologica dell’ambientalismo ionico: un piccolo esercito, fatto di persone intraprendenti, che si mobilita contro i nemici storici della città (veleni e indifferenza), usando tutti i mezzi leciti a disposizione.

Oggi sono i blog e i social network come Facebook ad accogliere l’intelligenza collettiva teorizzata dal filosofo francese Pierre Lévy. Ed è forse questa la novità più eclatante: ognuno di noi può trasformarsi in “cittadino reporter”, esercitare il diritto ad una informazione sempre più capillare e fruibile.  Che sia con un filmato, con una foto o con un messaggio lasciato su un blog, non fa differenza. Ciò che conta è allargare gli orizzonti del giornalismo tradizionale, sensibilizzare l’opinione pubblica,  mettere gli inquinatori di fronte alle loro responsabilità.Sì, oggi questa carta si può giocare.

Ma cosa accadeva quando le conoscenze circolavano in modo più rudimentale? E in che modo si è sviluppata la coscienza ambientalista dei tarantini? Il nostro viaggio della memoria comincia nel 1971, quando molti di noi non erano neanche nati. Durante una delle prime manifestazioni di piazza, “Italia Nostra” espose alcuni panni simbolicamente anneriti dal fumo. Nello stesso anno il circolo culturale “La Routine” raccolse 700 firme per richiamare l’attenzione delle istituzioni sul problema ambientale. Erano i primi vagiti di un movimento che avrebbe preso slancio solo qualche decennio dopo. Negli ottanta, invece, le energie degli ecologisti furono riversate contro la realizzazione di una centrale nucleare ad Avetrana. Era il tempo in cui la gente guardava i fumi delle ciminiere a ridosso dei Tamburi come gli elementi neutri di una scenografia.
Solo sul finire degli anni ottanta, quando il Ministero dell’Ambiente avviò le procedure per dichiarare Taranto “area ad elevato rischio ambientale”, l’attenzione cominciò a spostarsi sui guasti prodotti dalla grande industria. Così, mentre il mondo politico continuava a far buon viso a cattivo gioco, cominciarono ad emergere i tre pionieri del fronte anti-inquinamento: Leo Corvace  (Legambiente), Fabio Matacchiera (Caretta Caretta) e Alessandro Marescotti (Peacelink).
Per circa otto anni  “Caretta Caretta” svolse un’attività “arrembante”, un po’ sullo stile di Greenpeace. Nel 1993 denunciò alla magistratura i versamenti di sostanze inquinanti nel tratto di mare prospiciente gli scarichi industriali. Nel 2000 “Peacelink” puntò l’indice contro i fumi emessi dalla cokeria Ilva pubblicando sul suo sito alcune foto inquietanti scattate di nascosto all’interno del siderurgico. Nello stesso anno la Procura diede il via libera alla prima maxi perizia sulle fonti inquinanti, a cui seguì la delicata stagione dei processi sulla cokeria e i parchi minerali che vide Legambiente costituirsi parte civile e qualcun altro (Provincia e Comune) defilarsi in maniera imbarazzante.
Il resto appartiene alla storia recente. Nel 2001 “Peacelink” scopre l’esistenza di una relazione molto dettagliata con cui la Usl segnala la presenza di alti livelli di benzoapirene, un pericoloso cancerogeno. Il documento, redatto nel 1995, era stato clamorosamente snobbato per circa sei anni. Nel 2005 gli ecologisti scoprono che l’8,8% dell’inquinamento industriale europeo da diossina proviene da Taranto. È la prima notizia del tg regionale della Rai, ma dalle istituzioni non giunge alcuna reazione. Nel maggio del 2007 un dossier di “Peacelink” rivela che da noi si concentra il 90,3% della diossina nazionale. Qualche settimana dopo partono i primi controlli sulle emissioni dal camino E-312 dell’Ilva.
Sempre nel 2007, nasce il comitato referendario “Taranto Futura” promotore di un referendum cittadino sulla chiusura parziale o totale dell’Ilva. Il 2008 è l’anno più intenso: l’associazione “TarantoViva” svela la presenza di alti livelli di diossina nel sangue di alcuni volontari; “Peacelink” scova diossina e pcb in un pezzo di formaggio; il dottor  Pino Merico, fondatore di “Bambini contro l’inquinamento”, arriva agli stessi risultati esaminando il latte materno.
Il frutto di tanto fermento si vede il 29 marzo del 2008: per la prima volta migliaia di persone scendono in strada per marciare contro l’inquinamento. Il successo si rinnova il 29 novembre dello stesso anno, con la manifestazione promossa da “Altamarea”, la sigla che riunisce 18 associazioni. I media nazionali accendono i riflettori su Taranto. Qualcosa succede anche a livello istituzionale: il 16 dicembre 2008 il Consiglio Regionale approva la legge anti-diossina che riduce il limite di emissione previsto dalla legge nazionale. Un primo passo, tutto da monitorare, nel faticoso cammino per la conquista di un ambiente sano. Il 28 novembre 2009 “Altamarea” bissa il successo dell’anno precedente.
Ma questo evento, seppur straordinario, non è sufficiente. Per arrivare al traguardo servono continui scatti di reni. Lo sanno gli ambientalisti che si battono per rendere la grande industria eco-compatibile e lo sanno altrettanto bene i sostenitori di “Taranto libera”, un comitato sorto pochi mesi fa, che vede nella chiusura degli impianti inquinanti l’unica soluzione alla questione ambientale. Il mix tra anime moderate e spiriti ribelli non deve spaventare: anche se non c’è ancora una totale sinergia, il fronte ambientalista è in crescita. Basta partecipare alle riunioni di queste associazioni per rendersene conto. Io l’ho fatto diverse volte.  Ci sono andata soprattutto per ascoltare e per capire, più da cittadina che da giornalista, ed ho avuto la conferma che c’è una Taranto distante anni luce dai piagnistei e dal vittimismo di chi si sente predestinato. Una Taranto che spulcia le carte, che elabora progetti, che studia alternative. Una Taranto viva, che ha voglia di fare. Ora tocca all’altra Taranto, quella ancora ferma al palo, farsi contagiare da questa inedita e costruttiva vitalità.

Alessandra Congedo

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