TARANTO – Ieri mattina l’ennesimo sversamento in mare di sostanze oleose dall’ilva. È bene chiarire cosa comporta una contaminazione ambientale di questo tipo. Una volta in mare gli oli tendono a spargersi rapidamente su vaste superfici e anche una piccola quantità copre in breve tempo estese aree marine creando una sorta di pellicola mortale. Questo sottile strato oleoso galleggia sulla superficie poiché è più leggero dell’acqua e impedisce i necessari scambi gassosi che avvengono costantemente tra aria e acqua. Ostacola quindi il passaggio dell’ossigeno che è vitale per le creature marine come lo è per quelle terrestri.
La pellicola oleosa induce anche la morte dei microscopici organismi animali e vegetali che costituiscono il plancton e che vivono in prossimità della superficie. A questa grande categoria appartengono gli organismi alla base delle principali reti alimentari marine ma anche numerosissime forme larvali di altrettanti animali che trascorrono le prime fasi della loro vita nel plancton. Insomma, le sostanze oleose inducono un impatto gravissimo sulla superficie del mare e le frazioni più pesanti possono anche affondare e depositarsi sul fondo arrecando danni agli organismi che vivono attaccati al substrato roccioso e che non possono allontanarsi in aree non inquinate.
E le operazioni di contenimento e aspirazione dell’olio sversato non potranno mai sanare del tutto il tratto di mare contaminato. L’impatto prodotto ieri si aggiungerà ai mille altri impatti che il nostro mare continua a subire da decenni. Quando finirà questa schiavitù? Quando la città capirà che il Mare è l’unica speranza? Quando si accorgerà che nonostante tutte le violenze subite, il Mare continua a offrirci tesori naturalistici che non meritiamo e che sono sempre in costante pericolo?
Rossella Baldacconi, Dottore di Ricerca (PhD) in Scienze Ambientali
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