Se nel 2014 il problema sono un paio di bermuda…

discotecaTARANTO – E poi ti ritrovi di venerdì sera, con il solito gruppo di amici, con l’unica voglia di staccare la spina da tutto. Allontanando per qualche ora i pensieri e le negatività della realtà in cui vivi. E siccome è estate, c’è più voglia di stare insieme, di andare nei locali dove c’è più gente, tanto per vedere l’effetto che fa. E così si decide, pur essendo tutti uomini, di provare ad entrare in una della location più “in” di Taranto: “Tanto al massimo facciamo la solita magra figura all’ingresso e cambiamo posto”.  Ma evidentemente la fortuna è dalla nostra parte ed all’ingresso non fanno troppi problemi. “Siamo ospiti di un nostro amico” e si entra con il rigoroso ticket in mano (che equivale ad un biglietto d’ingresso tramutato in una prima consumazione che pagherai “soltanto” 10 euro) gentilmente consegnato da una donna, che però non si risparmia la classica domanda: “Ma il vostro amico ragazze non ne conosce?”.

E lì è compito del più pronto rispondere: “Non si preoccupi signora, tanto siamo tutti gay”. E giù risate, pacche sulle spalle e si entra. Purtroppo però, non tutti hanno l’ironia nel dna, specialmente in certi posti e in certe serate. Tempo due minuti e tre “bodyguard” ci vengono a “prendere” chiedendoci gentilmente di tornare un attimo alla porta. E lì il pensiero maligno ti coglie all’istante: vuoi vedere che ora ci sbattono fuori e succede un casino? Ed invece, con nostra grande sorpresa, il richiamo è dovuto ad una sorta di “lezione” morale: “Ragazzi, però non vi potete presentare vestiti così all’inaugurazione di un locale come questo”. La sorpresa e lo sgomento è generale. Il “reato” è quello di essersi presentati in bermuda, maglietta e scarpe da ginnastica di venerdì 4 luglio in una città di mare. Il sorriso di scherno che spunta sui nostri volti è tutto un programma.

Ma siamo bravi ragazzi, in cerca di qualche ora di svago. E certamente non è il caso di fare “questioni”. Ma nello stesso tempo stupidi non siamo ed ora siamo dentro al locale e ci restiamo. Vestiti così come siamo. Perché la semplicità è un valore che in questa società che tutto trasforma e distrugge, pare essere diventata quasi un’onta. Poi però, quando entri nel locale, tutto torna. Perché siamo a Taranto. Città che ancora oggi vive di falsi miti e false rappresentazioni. E quello che si presenta ai tuoi occhi è uno spettacolo raccapricciante. La nostra “grande bellezza”. Una schiera di politici, avvocati, calciatori, imprenditori, commercianti, medici, massoni e finte “veline”.

Tutti tirati a lucido per il “grande evento”. Tutti lì in mostra per farsi “vedere”. Per affermare che “esistono” anche loro. E soprattutto tutti rigorosamente firmati dalla testa ai piedi. Perché il “rimprovero” dei bodyguard celava ben altro. Ovvero il fatto che quando non sei “nessuno”, in certi posti non dovresti proprio entrarci. O, quanto meno, dovresti avere la “delicatezza” e il “rispetto” di elevarti al livello di chi “conta”. Di un esercito di personaggi francamente ridicoli. Che a 40, 50 e 60 anni si credono ancora dei ventenni. E soprattutto che se la profumano fin troppo: ignorando volutamente, per una serata, ciò che sono realmente. Perché alla fine Taranto non è Roma o Milano, e i fatti e le storie e le vite degli altri le conosciamo fin troppo bene. Un’ostentazione fuori luogo, che un minimo di amor proprio dovrebbe consigliare di lasciare a casa negli armadi.

Poi però, pensi anche al fatto che da anni continuiamo a dirci che siamo una città che dovrebbe investire e vivere di turismo. Ma che turismo vuoi fare se qui facciamo ancora le “liste” per entrare nei locali? Se facciamo ancora storie per come una persona si veste? E se fossimo stati dei turisti invece che dei ragazzi di Taranto? Che immagine avremmo dato? E se ce ne fossimo andati?

Possibile che siamo così poveri mentalmente da preferire di perdere dei soldi pur di avere un certo “livello” di presenze in un locale? Roba da ridere se non fosse la triste realtà. Una società che sta vedendo giorno dopo giorno disgregarsi le relazioni sociali per via dell’utilizzo malato dei social network e di cellulari sempre più “moderni”. Dove si è perso il confine tra la realtà e la finzione, per cui non sai più chi hai di fronte. Non sai più se e quando una persona è sincera, vera, pulita. Dove non sai qual è il confine tra quello che realmente è, quello che si dice di essere e quello che si scrive e si mostra di sé. Dove la parola data equivale ad una foglia che vola via con il vento. Dove la coerenza è sempre più un’utopia. Dove il rispetto per gli altri si è andato a farsi benedire.

La nausea è grande. Poi, però, ti volti indietro e volgi lo sguardo verso la città. E ti rendi conto che questa è solo una visione molto parziale della realtà. Che si nota di più soltanto perché più appariscente e scintillante. Basta guardare per un attimo oltre le nostre costruzioni e convenzioni mentali, per renderti conto che per fortuna esiste un altro tipo di città. Un altro tipo di società. Quella delle associazioni e del volontariato. Quella che aiuta i migranti venuti da lontano. Quella dei giovani che rimettono in piedi posti abbandonati, ripuliscono e ridanno vita alle piazze, alle spiagge. Quella che lotta ogni giorno per far tornare il Borgo antico uno dei luoghi più belli del mondo. Quella di chi ogni giorno tenta di essere migliore del giorno precedente.

Quella di chi fa semplicemente il suo dovere. Quella di chi ogni giorno lotta per i propri ideali. Quella di chi va comunque avanti nonostante tutto e tutti. Ed allora ti rendi conto di essere dalla parte giusta. E che alla fine quella massima che hai sempre tenuto ferma nella mente, è una grande, piccola verità: che se questo sporco mondo è ancora in piedi, è per merito della gente per bene. Che ancora oggi, nonostante tutto, è ancora la maggioranza. Forse ancora troppo silenziosa. Ma pur sempre maggioranza è. E così, ritornata la serenità mentale, mentre esci dal locale dei “vip”, sorridendo rivolgi loro col sorriso una frase semplice, ma infinitamente vera: “Ah…me dispiace, ma io so’ io…e voi non siete un cazzo!” (Alberto Sordi Roma, 15 giugno 1920 – Roma, 24 febbraio 2003, nel film “Il marchese del Grillo” del 1981 diretto da Mario Monicelli). Ad maiora.

 Gianmario  Leone (TarantoOggi, 07.07.2014)

Video consigliatohttps://www.youtube.com/watch?v=VL6t8BJ_7Gg&feature=youtu.be

Foto: immagine di repertorio

 

 

 

Be the first to comment on "Se nel 2014 il problema sono un paio di bermuda…"

Tinggalkan komentar