Marcegaglia, quale futuro?

pannelli solariTARANTO – Un vertice per capire se esiste un futuro per lo stabilimento Marcegaglia di Taranto. E se sì, di quale portata e natura: sia da un punto di vista produttivo che soprattutto occupazionale. A questo servirà il vertice convocato per questa mattina a Roma al ministero dello Sviluppo economico, tra Marcegaglia Buildtech, divisione del gruppo che si occupa del fotovoltaico, sindacati metalmeccanici e Praxi, la società di consulenza incaricata lo scorso dicembre dalla stessa azienda di individuare nuovi investitori per il sito di Taranto. Questa mattina la Praxi dovrebbe fornire un primo resoconto del lavoro svolto: stando alle anticipazioni trapelate negli ultimi tempi, pare che vi siano alcune aziende internazionali del fotovoltaico, ed altre operanti in altri settori, disposte a subentrare a Taranto alla Marcegaglia Buildtech. Ma siamo ancora alle manifestazioni d’interesse e le vicende della Miroglio inducono alla massima prudenza.

Anche perché questo territorio, ancora una volta, si ritrova a pagare dazio a scelte imprenditoriali tutt’altro che limpide e trasparenti, incoraggiate da un lassismo sindacale-istituzionale alquanto irritante. Lo scorso ottobre infatti, come un fulmine a ciel sereno (ma non certo per i sindacati che da diverso tempo erano a conoscenza di quanto stesse per accadere) Marcegaglia Buildtech annunciò la chiusura dello stabilimento e il conseguente fermo produttivo, a causa “dell’irreversibile” crisi che ha colpito negli ultimi tempi il mercato del fotovoltaico.

Decisione confermata nell’incontro al MiSE del 22 novembre e poi ribadita nell’ultimo vertice del 10 dicembre scorso, durante il quale l’azienda rese noto di aver delegato la Praxi “di individuare potenziali investitori interessati”, lavandosene di fatto le mani. Scelta che invece agli occhi di Regione e sindacati metalmeccanici apparve come un “chiaro” segnale di come “l’azienda non abbandona definitivamente il sito di Taranto ma si fa carico della sua reindustrializzazione”. Interpretazione alquanto “strana” per giudicare il comportamento di un’azienda che chiude uno stabilimento (nel quale sono occupati 132 lavoratori) e delega ad una società di consulenza il compito di trovare una soluzione. Lavoratori che dallo scorso 2 dicembre sono stati collocati in cassa integrazione straordinaria per 12 mesi, dopo aver consumato altri 12 messi di cassa integrazione.

Certo, sicuramente qualcosa non è andato per il verso giusto nei programmi della Marcegaglia. Azienda che come la Vestas, ha investito a Taranto usufruendo dei contributi statali (con vincolo di 5 anni) garantiti dalla legge 181del 15 maggio del 1989, che prevedeva “misure di sostegno e di reindustrializzazione per le aree di crisi siderurgica, in attuazione del piano nazionale di risanamento della siderurgia”. Un aiuto di Stato per diversificare la produzione industriale di territori come Taranto già all’epoca in crisi (dopo la chiusura della Belleli e di ciò che restava dei cantieri navali), incentivando gli imprenditori ad investire aiutandoli economicamente.

Dopo essere arrivata a Taranto nel 2000 per produrre caldaie industriali, il gruppo mantovano decise di cambiare strada: attraverso un investimento di 15 milioni di euro tra il 2010 ed il 2011, che rinnovò stabilimento ed impianti, decise di puntare al settore del fotovoltaico producendo in proprio lamine flessibili a film sottile, in silicio amorfo. Lamine che vengono incollate su un pannello per ottenere un manufatto, il pannello, da utilizzare per la copertura dei tetti delle nuove costruzioni volte alla produzione di energia elettrica solare rendendole autosufficienti. Come riportammo nei mesi scorsi, quando il 29 settembre del 2011 fu presentato il piano industriale alla presenza del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, Antonio Marcegaglia, amministratore delegato del gruppo, si sbilanciò affermando: “Vogliamo fare di Taranto la capitale del fotovoltaico in Italia”.

Certo, va bene la crisi di mercato del fotovoltaico ed il fatto, come sostenuto dall’azienda, di non poter più contare sul partner industriale che forniva le lamine sottili di silicio amorfo: ma la verità economica, come avemmo modo di spiegare mesi addietro, è essenzialmente un’altra. Perché il gruppo Marcegaglia ha scelto di puntare tutto su un settore in cui è da tempo protagonista: la trasformazione dell’acciaio. A testimoniare questa scelta, l’investimento di 10 milioni di euro annunciato lo scorso febbraio per lo stabilimento Marcegaglia di Villa Selva in provincia di Forlì, per il biennio 2014-2015. Operazione che servirà al gruppo per confermarsi il primo produttore mondiale di tubi saldati in acciaio inossidabile di alta qualità (che coprono la gamma che va da 6 a 400 millimetri di diametro), costruendo quattro nuove linee laser.

La crisi, dunque, non è certamente del gruppo Marcegaglia. Ed a pagarla, ancora una volta, sono i lavoratori tarantini. Che meriterebbero di essere tutelati ben diversamente. E a cui la verità va raccontata. Tutta. Sempre. 

Gianmario Leone (TarantoOggi, 10.03.2014)

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