Ilva, Bondi e le relazioni inutili

bondiTARANTO – Una relazione sostanzialmente inutile. La seconda. O, forse, sarebbe meglio dire la continuazione della prima redatta lo scorso dicembre. Inutile perché non dice nulla di nuovo sul futuro. E riporta, per l’ennesima volta, tutto quello che è successo dal luglio 2012 ad oggi (con l’elenco dei sequestri e dissequestri avvenuti nel tempo a danno di Ilva Spa, delle sue controllate e di Riva Acciaio). In aggiunta, una serie di numeri che dicono poco o nulla rispetto a quanto già non si sapesse (del resto, la relazione altro non è che un compito burocratico assegnato al commissario dalla legge 89 del 4 agosto). Ovvero che la produzione dell’acciaio da parte di Ilva nel 2013 è stata inferiore rispetto al 2012, seppur con un leggero incremento nell’ultimo trimestre. Inoltre nelle 46 pagine della relazione, vengono allegati tutti provvedimenti attuati sin qui dal governo, tra decreti e leggi, così come trovano spazio i numeri di tutti gli stabilimenti Ilva in Italia. Allegate anche le relazioni di ARPA Puglia sulla qualità dell’aria del 2013 e sulla querelle degli IPA dello scorso gennaio.

Mancano, ancora una volta, i dati del bilancio 2012 così come quelli del bilancio 2013. Così come mancano i dati precisi in merito all’attuale debito dell’Ilva Spa. Né viene specificato nei confronti di quali istituti di credito la società sia esposta e in quale misura (anche se su queste colonne lo abbiamo documentato negli scorsi mesi). Ciò che è ulteriormente chiaro invece, è che i soldi per l’applicazione dell’AIA continuano a non esserci. Viene riportata come una novità l’acquisto di 60 telecamere, di cui 48 installate e messe in funzione, “l’obiettivo di monitorare le aree potenzialmente interessate da fenomeni emissivi”. Ma poi si scopre che “terminata la fase di installazione entro i termini prescritti, si è avviato, ed è tuttora in corso, l’affinamento del sistema di analisi video, che comporterà il miglioramento dell’efficienza del sistema automatico di riconoscimento degli eventi”.

Dunque siamo ancora all’affinamento del sistema. Inoltre, si scopre anche che “il sistema si basa su una tecnologia che prevede la configurazione dei canali di analisi video attraverso la “segmentazione” dell’area di rilevamento, ottenendo una indicazione sul punto di rilevamento dell’emissione (massa fumosa in movimento). Successivamente, ogni area viene suddivisa in “micro aree”, la cui analisi combinata (in base al numero delle aree impegnate dall’emissione) può fornire una indicazione approssimativa della consistenza dell’emissione (grado di severità)”. In pratica si sono spesi due milioni di euro per 60 telecamere per avere “un’indicazione approssimativa” di ciò che le telecamere riprendono. Il cui sistema di videomonitoraggio “necessita di una continua attività di verifica di buon funzionamento attraverso la validazione degli eventi rilevati”.

L’obiettivo del sistema di videomonitoraggio è quello “di avere uno strumento oggettivo e automatico di riconoscimento degli eventi emissivi significativi al fine di permettere l’implementazione di azioni correttive nel breve e lungo periodo, sempre nell’ottica del miglioramento continuo. Già dalla fase di affinamento in corso e dai colloqui instaurati con le linee produttive si sono potuti trarre spunti importanti per l’identificazione di ulteriori margini di miglioramento”. Dunque, siamo arrivati al marzo 2014 per ottenere “spunti importanti” sulle emissioni.

Infine, una piccola postilla: non fatevi ingannare quando sentite annunciare da parte di Bondi e Ronchi di aver emesso decine di ordini per centinaia di milioni di euro. Perché nelle relazioni Ilva (l’ultima è datata gennaio 2014), è specificato in premessa che l’ordine è un “contratto formale di affidamento incarico ai fornitori”. Nel contratto informale (salvo che si tratti di contratto reale) il contratto è concluso solo con l’accordo (nel caso di contratti reali è invece necessaria la consegna del bene oggetto del contratto); nel contratto formale l’accordo non è invece sufficiente, in quanto esso deve essere manifestato nella forma che la legge prescrive a pena di nullità. Si tratta della così detta forma “ad probationem”, nella quale non è richiesta la firma scritta per la validità del contratto, ma solo a fini probatori: puoi stipulare il contratto anche verbalmente ed esso sarà valido, ma se dovrai provare in tribunale l’esistenza di quel contratto non potrai valerti ad esempio di testimoni, perché l’unica prova ammessa è proprio la stipula scritta del contratto stesso. Ci vediamo alla prossima relazione.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 3 marzo 2014)

 

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