Ilva, un incidente evitabile

ilva-taranto_650x447TARANTO – Ancora un incidente all’Ilva. L’ennesimo di una lunga serie di cui abbiamo oramai perso il conto. Testimonianza pratica di come il più grande siderurgico d’Europa continui ad essere in balia degli eventi dove, di fatto, il controllo di ciò che avviene all’interno della fabbrica è affidato ad un demiurgo invisibile più che distratto.

Come abbiamo più volte scritto su queste colonne infatti, la cosa che più preoccupa è che questa specie di roulette russa che coinvolge migliaia di lavoratori ogni giorno, può colpire indistintamente in qualunque momento e in qualsiasi reparto. Il tutto, dunque, si ricollega ancora una volta al discorso della sicurezza dei lavoratori, degli impianti su cui si lavora e dei mezzi usati per svolgere ogni singola attività. E di una manutenzione e di un controllo del tutto assenti.

Questa volta la vittima è giovanissima. Un lavoratore di appena 22 anni, Andrea Incalza, dipendente della ditta Castiglia S.R.L. di Massafra, che opera nell’appalto dell’Ilva e si occupa di pulizie industriali, più precisamente di servizi ecologici e stoccaggio. L’operaio ieri mattina era alla guida di un carrello meccanico semovente (meglio conosciuto con il nome di muletto), sulla strada che parte dal reparto Tubificio 2 e porta ad un’area a mare. La strada in discesa, l’asfalto bagnato, una mossa azzardata o un improvviso guasto al mezzo: uno di questi fattori, o più insieme, han fatto sì che il mezzo si ribaltasse, trascinando con sé il giovane Incalza, rimasto incastrato con le gambe sotto il muletto che l’ha trascinato con sé per diversi metri.

Evento che ha comportato fratture multiple agli arti inferiori, con conseguente operazione e ricovero in rianimazione al S.S. Annunziata: la speranza è che l’intervento riesca a scongiurare l’ipotesi, tutt’altro che remota, di amputazione dell’arto sinistro. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri che hanno avviato le indagini per fare luce sulla dinamica dell’incidente e i tecnici dello Spesal.

Questa la nuda cronaca. Perché l’incidente accaduto ieri, non può certo essere annoverato nell’elenco delle casualità. Innanzitutto, Incalza non avrebbe dovuto percorrere con un muletto il tratto di strada che porta dal tubificio 2 all’area a mare, dove probabilmente era atteso dagli altri colleghi al cantiere di lavoro: quei mezzi infatti, possono lavorare soltanto in aree circoscritte, e non certamente percorrere diversi chilometri: non è un caso infatti se vengono trasportati da appositi camion nell’area in cui devono operare.

Inoltre, pare che il mezzo fosse sprovvisto dei vetri laterali, cosa che comportato lo sbalzamento del corpo del giovane operaio che è così finito inevitabilmente sotto il muletto. Che quasi certamente apparteneva alla stessa Castiglia S.R.L., visto che tra i servizi che essa annovera c’è proprio il noleggio di attrezzature e macchine semoventi.

Ciò detto, la responsabilità di quanto accaduto è ovviamente dell’Ilva ed a seguire della ditta Castiglia. E di chi (ma chi?) avrebbe dovuto controllare. E’ infatti inammissibile che nel più grande siderurgico d’Europa, non vi sia alcuna forma di controllo e si permetta qualunque cosa come se si fosse in un grande parco giochi dell’acciaio. Quel muletto non avrebbe dovuto percorrere tutta quella strada: sarebbe bastato il rispetto di questa semplice regola sul posto di lavoro, per evitare l’ennesimo incidente e soprattutto che un giovane lavoratore di appena 22 anni rischiasse la perdita di una gamba o addirittura qualcosa in più.

Tra l’altro, siamo costretti a chiederci a cosa sia servito lo scorso 11 novembre firmare il protocollo per la sicurezza sul lavoro per Ilva ed Eni. Quel giorno in Prefettura, oltre ai dirigenti dell’Ilva, erano presenti i ministri del Lavoro, Enrico Giovannini, dell’Ambiente, Andrea Orlando, il presidente della Regione, Nichi Vendola, e i rappresentanti degli enti ispettivi e di controllo del territorio. Gli obiettivi di fondo del protocollo erano incrementare la sicurezza sui luoghi di lavoro nelle due aziende, per arrivare a raggiungere il fantasioso obiettivo “incidenti zero”. Previsti inoltre la verifica sull’effettività della formazione svolta dai lavoratori, la validazione preventiva dei piani formativi delle imprese, l’aumento dei controlli ispettivi.

Quel giorno, furono pronunciate le solite pompose frasi ad effetto che i politici tirano fuori dal cilindro per le grandi occasioni: il presidente della regione Puglia Nichi Vendola ad esempio, sottolineò “che l’attuale Protocollo operativo, pur nella difficoltà di sovvertire una cultura del lavoro che ha spesso trascurato i diritti del lavoratori, è una risposta importante ed incisiva alla problematica degli infortuni. Frutto di una efficace sinergia istituzionale, mirante alla collaborazione preventiva degli incidenti, in particolare attraverso il fondamentale aspetto della formazione del personale”.

Il ministro del Lavoro Giovannini invece, sostenne che l’accordo sanciva un impegno comune nella direzione della prevenzione degli incidenti sul lavoro. La sicurezza, precisò il ministro, “si può realizzare attraverso tre aspetti fondamentali: la cura del capitale umano e la formazione del personale – dagli operai ai dirigenti – l’utilizzo di tecnologia e impianti adeguati ed il monitoraggio continuo delle attività”. Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, invece, parlò delle morti sul lavoro: “una questione sociale nella questione sociale, soprattutto quando assumono dimensioni ampie”. Sarà. Ma qualcuno di loro ha verificato che il protocollo abbia avuto effettiva attuazione? Qualcuno nell’Ilva Spa ha il compito di controllare e verificare che i lavoratori e le ditte dell’appalto rispettino le regole garantendo sicurezza ai lavoratori?

Intanto per oggi, sono state indette quattro ore di sciopero a fine turno di lavoro da parte dei sindacati metalmeccanici insieme all’USB. L’astensione dal lavoro riguarderà i dipendenti diretti del siderurgico mentre quelli delle aziende di appalto sciopereranno per l’intera giornata. Lo sciopero ha una duplice motivazione: manifestare solidarietà e vicinanza all’operaio colpito e sollecitare adeguate condizioni di sicurezza nell’Ilva. Il problema è che il destinatario di queste istanze non c’è. O se c’è, nessuno sa chi sia.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 07.02.2014)

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