Cementir, previsti 150 esuberi

cementirTARANTO – In attesa dell’incontro previsto in questi giorni presso gli uffici dell’assessorato delle Politiche del Lavoro della Regione Puglia, che anticiperà quello previsto al ministero del Lavoro a Roma il prossimo 19 settembre, i calcoli pare siano stati fatti per tempo. Come conferma anche Equita, banca d’investimento italiana con sede a Milano che opera nella finanza internazionale, la Cementir sta negoziando un piano di ristrutturazione in Italia che porterà ad un totale di “circa 150 esuberi” e che prevede “la trasformazione dei cementifici di Arquata (in un centro di macinazione) e di Taranto (il suo destino definitivo non è ancora stato stabilito)” la cui capacità installata, di circa 2,2 milioni di tonnellate, è pari al 50% della capacità del gruppo in Italia.

Inoltre, il piano di taglio costi, stando a quanto è emerso da una presentazione di esso da parte della società di Caltagirone tenutasi presso gli uffici milanesi di Equita, prevede “ottimizzazioni anche all’estero e comporterà dei risparmi a regime pari a 30 milioni dall’anno prossimo”. La previsione è stata confermata per quest’anno: Cementir si aspetta un ebitda (il margine di operativo lordo) superiore ai 150 milioni e una posizione finanziaria netta sotto i 350 milioni: Equita ha invece previsto un margine opertativo lordo a 151 milioni (138 nel 2012) e una posizione finanziaria netta a 352 milioni (373 nel 2012). Per il 2014, inoltre, la società ha dichiarato di aspettarsi una buona progressione dell’ebitda, con gli analisti di Equita che hanno stimato un rialzo del 12% annuo a 170 milioni.

Il fatturato è atteso dagli esperti a 1,043 miliardi quest’anno (976 milioni nel 2012) e a 1,091 miliardi il prossimo, mentre l’utile netto dovrebbe crescere nel 2013 a 26 milioni dai 16 milioni dello scorso anno e portarsi a 40 milioni nel 2014. Sempre secondo quanto si apprende dall’incontro tra l’azienda ed Equita, la Cementir starebbe effettuando uno studio di fattibilità per un investimento da 30-40 milioni per “l’utilizzo di energie rinnovabili in Danimarca, in particolare l’eolico”, che però non sarà finanziato prima del 2015-2016. Nonostante i problemi in Egitto (il 70% della produzione egiziana è destinata all’export), “dove la situazione si è normalizzata dopo alcune turbolenze ad agosto che hanno portato allo stop della produzione, e in Turchia con la debolezza della lira turca che avrà effetti negativi ma contenuti sui numeri delle controllate di Cementir nel Paese”, per gli analisti di Equita il titolo ha un profilo rischio-rendimento interessante.

Il consiglio della finanziaria italiana resta quindi di “acquistarlo (buy) con un target price a 3,2 euro. A Piazza Affari al momento sale dell’1,78% a 2,626 euro”. Questo per quanto riguarda gli interessi dell’azienda e del mercato. Perché come sempre, in mezzo, ci sono i lavoratori. E i territori sui quali insistono aziende come la Cementir. Il piano di “taglio costi” infatti, taglia soltanto i lavoratori e gli investimenti previsti per migliorare l’impatto della produzione sull’ambiente (a Taranto la società di Caltagirone produce ancora oggi con il vecchio impianto operativo dal 1964), non certo gli introiti per l’azienda. Inoltre, tagliare 150 lavoratori, non fa dormire sonni tranquilli agli operai di Arquata e di Taranto: in tutto, nei due stabilimenti, sono infatti occupate appena 178 unità.

Ora: visto che nel piano dei tagli sono stati inseriti soltanto questi due siti, c’è di che pensar male. Inoltre, se per Arquata si prevede la trasformazione in centro di macinazione, cosa ne sarà di quel di Taranto dove appunto è stata ventilata a partire dal 1 gennaio 2014 la possibilità del fermo dell’attività di produzione (per via delle note vicende che legano la Cementir alla produzione di loppa d’altoforno dell’Ilva) con la trasformazione in sito di macinazione? Altrove, peraltro, si sono già mossi: nei giorni scorsi c’è stato un incontro a Torino tra Regione, Provincia, COCIV (Consorzio Collegamenti Integrati Veloci), Cementir e sindacati, dal quale è emersa la possibilità che il sito di Arquata contribuisca alla realizzazione “dell’infrastruttura ferroviaria che il consorzio CoCiV si accinge a realizzare, di manufatti in cemento Sr, ossia di cemento ad elevata resistenza ai solfati così come veniva richiesto nel Capitolato Speciale di progetto redatto da parte di Rfi” per la realizzazione del Terzo Valico, i cui lavori vengono puntualmente rinviati: in pratica il tutto è collegato alla questione della costruzione della TAV Torino-Lione. Un dramma nel dramma. Per salvare 70 posti di lavori del sito di Arquata in Piemonte, si dovrebbe produrre cemento per distruggere una delle zone più belle d’Italia. Peggio di così.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 10.09.2013)

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