Ilva, sanzioni AIA nel vuoto

TARANTO – Negli ultimi giorni è iniziata un’improvvisa caccia all’uomo nei confronti del commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Bondi. Un attacco alquanto sospetto, non fosse altro perché vede il governatore Vendola in prima fila lancia in resta, il quale ha forse “dimenticato” il recente passato. E così come accaduto nel 2005 e nel 2010, sta tentando, in vista della quasi certa candidatura per il terzo mandato consecutivo alla guida della Regione Puglia, di tornare a vestire i panni di colui che opera a difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini. Come abbiamo avuto modo di scrivere nei giorni scorsi, c’è più di qualcosa che non torna.

Prima con la storia della relazione, allegata ad una lettera inviata da Bondi, a firma di quattro periti che lavorano per l’Ilva e che hanno contestato la relazione della Valutazione del Danno Sanitario sostenendo tesi risibili e vecchie di almeno un anno, il cui iter però rientrava nell’applicazione del regolamento della legge regionale 21/2012, “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale”, approvata il 17 luglio dello scorso anno.

Come abbiamo dimostrato un “caso mediatico” costruito ad arte per una storia che getta diverse ombre più su chi l’ha costruito e prodotto, che sull’operato di Bondi. Ieri, invece, abbiamo assistito alla seconda puntata, in cui è sceso in campo un protagonista inaspettato: il Garante (o sarebbe meglio dire ex) dell’AIA, Vitaliano Esposito. Il quale, in una lettera inviata alla presidenza del Consiglio, ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e dello Sviluppo e all’ISPRA, rispondendo ad una missiva giuntagli dallo stesso Bondi, ha sostenuto la tesi che il procedimento interdittivo e sanzionatorio in corso nei confronti dell’Ilva di Taranto (perché non ha attuato le prescrizioni nei tempi previsti dall’Autorizzazione integrata ambientale) non può essere sospeso per il fatto che c’è un decreto legge che prevede fra l’altro la possibilità di rivedere la tempistica dell’AIA stessa.

“E’ vero – scrive Esposito con riferimento ai contenuti del decreto legge ora al vaglio delle commissioni Ambiente e Industria del Senato dopo il sì della Camera – che il piano deve prevedere le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’AIA, ma ciò non conduce alla conseguenza della caducazione allo stato dei provvedimenti interdittivi e sanzionatori adottati in relazione a violazioni commesse ed accertate prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni”. Inoltre, sostiene il Garante, le norme prevedono che il commissario dell’Ilva “fino all’approvazione del piano industriale”, anch’esso contemplato dal decreto legge 61 e che arriverà soltanto dopo l’estate, “garantisce comunque la progressiva adozione delle misure dell’Autorizzazione integrata ambientale”.

Tutto vero. Ma lo stesso Garante sa molto bene che per poter avviare il procedimento sanzionatorio, c’è bisogno del rapporto dell’ISPRA (organo di vigilanza). Documento che va redatto nel rispetto della legge 689 del 1981, con “la prova della contestazione e dell’avvenuta notifica all’azienda”. Arrivato ora il rapporto, si mette in moto una fase istruttoria, prevista appunto dalla legge 689. Attenzione, però. Perché il richiamo di questa legge non è per nulla casuale, visto che la stessa prevede che vi sia un contraddittorio e quindi la possibilità che “i rappresentanti dell’impresa siano ascoltati e possano fornire materiali e documenti in merito agli aspetti specifici loro contestati”. Dunque la lettera di Bondi, non contiene nulla di scandaloso o oltraggioso, visto che gli è consentito dalla legge.

Il ragionamento di Vitaliano Esposito inoltre, non chiarisce la cosa più importante: ovvero chi dovrebbe eventualmente pagare le sanzioni che il Prefetto comminerebbe all’Ilva per il mancato rispetto dei tempi dell’attuazione delle prescrizioni AIA. Sì, perché forse ci si dimentica che la figura del Garante era stata istituita dalla legge 231/2012, come ente terzo tra lo Stato e l’Ilva Spa, allora azienda privata gestita dal gruppo Riva. Nel comma 4 dell’art.3 della legge, si legge infatti che il Garante “di indiscussa indipendenza competenza ed esperienza, è incaricato di vigilare sulla attuazione delle disposizioni del presente decreto”.

Il Garante, inoltre, “avvalendosi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e sentendo le rappresentanze dei lavoratori, acquisisce le informazioni e gli atti ritenuti necessari che l’azienda, le amministrazioni e gli enti interessati devono tempestivamente fornire, segnalando al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’Ambiente e della Salute eventuali criticità riscontrate nell’attuazione della predetta autorizzazione e proponendo le idonee misure, ivi compresa l’eventuale adozione di provvedimenti di amministrazione straordinaria anche in considerazione degli articoli 41 e 43 della Costituzione”.

Eventualità, quella del commissariamento (però soltanto temporaneo) dell’Ilva, che lo stesso Garante ha indicato al Governo il 30 maggio scorso, soltanto cinque giorni dopo le dimissioni del Cda dell’Ilva. Commissariamento arrivato con il decreto legge dello scorso 4 giugno, la cui revisione del testo ha portato al siluramento della figura del Garante, avvenuta lo scorso 4 luglio e riportata su queste colonne nell’indifferenza generale. “Il Garante cessa lo svolgimento delle sue funzioni con l’approvazione del disegno di legge di conversione del decreto legge Ilva”.

A stabilirlo fu un subemendamento al testo presentato dai relatori, Raffaele Fitto (Pdl) e Enrico Borghi (Pd), ed approvato il 3 luglio dalle commissioni Ambiente Ll.Pp e Attività produttive della Camera. Sarà infatti il commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Bondi, “in accordo con la Regione e gli enti locali interessati”, a promuovere le iniziative di informazione e consultazione finalizzate ad assicurare la massima trasparenza ai cittadini sulle procedure adottate nelle operazioni di bonifica e recupero ambientale previste dalla legge.

Del resto, con il commissariamento dell’Ilva, il siderurgico tarantino sino al 31 dicembre 2015 non è più un’azienda privata. Ma affidata dallo Stato all’amministrazione controllata di un commissario. Inoltre, ci si dimentica che lo stesso decreto prevede che i tre esperti nominati dal ministero dell’Ambiente, insieme al sub commissario Edo Ronchi, redigeranno un “piano di lavoro” che potrà modificare la tempistica delle prescrizioni AIA.

Tutto ciò detto, ci chiediamo: chi dovrebbe pagare le sanzioni per il mancato rispetto dei tempi sino allo scorso 30 maggio (ultima ispezioni dei tecnici ISPRA), visto che lo stesso decreto prevede che le risorse dell’Ilva debbano essere utilizzate unicamente per portare avanti l’attività produttiva e che l’AIA sarà rivista? Per caso dovrebbe pagarle lo stesso Bondi? O i vari ministeri interessati dalla vicenda? O lo Stato stesso? E poi: come mai il Garante ha iniziato ad assumere un atteggiamento improvvisamente ostile all’Ilva soltanto dopo la soppressione della sua figura o soltanto quando ha capito che il gruppo Riva si era disfatto della gestione dell’azienda? E’ bastata una sua lettera contro Bondi per farlo diventare un paladino della giustizia e dell’imparzialità in città.

Eppure, lo scorso 23 gennaio all’Ilva, lo ricordiamo ben sorridente al fianco del presidente Ilva Bruno Ferrante nella sua prima venuta a Taranto, così come lo ricordiamo ben silente sino alla fine del maggio scorso, oltre che dotato di caschetto durante una visita all’Ilva lo scorso 8 marzo, al termine della quale non contestò la nota dell’Ilva in cui si leggeva che il Garante aveva preso visione dello “stato di avanzamento delle prescrizioni”.

Così come ricordiamo quanto scrisse lo scorso 30 maggio, quando negava che ci fossero le condizioni per proporre l’amministrazione straordinaria. Perché?Leggiamo insieme: “Manca, invero, allo stato, il presupposto stesso per l’adozione di questa misura (ossia lo stato di insolvenza dell’azienda), mentre le prime risultanze acquisite per le vie brevi – che indicano nel trimestre 27/01/2013-27/04/2013, un trend positivo rispetto all’evoluzione riscontrata nel precedente trimestre – non legittimano in alcun modo una posizione punitiva nei confronti di uno stabilimento, i cui dirigenti e le cui maestranze tutte stanno dimostrando nei fatti il loro valore e la volontà di riscatto dell’immagine”. Amen.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 20.07.2013)

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