Ilva, il Garante non c’è più

TARANTO – “A(h)IA”, abbiamo perso il Garante. La figura istituita per la “rigorosa” applicazione dell’Autorizzazione integrata ambientale, introdotta dal Governo Monti lo scorso anno col decreto 207 del 3 dicembre poi convertito nella legge 231/0212 detta ‘Salva Ilva’, “cessa lo svolgimento delle sue funzioni” con l’approvazione del disegno di legge di conversione del decreto legge Ilva. A stabilirlo un subemendamento al testo presentato dai relatori, Raffaele Fitto (Pdl) e Enrico Borghi (Pd), approvato ieri dalle commissioni Ambiente Ll.Pp e Attività produttive della Camera. Sarà infatti il commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Bondi, “in accordo con la Regione e gli Enti locali interessati”, a promuovere le iniziative di informazione e consultazione finalizzate ad assicurare la massima trasparenza ai cittadini sulle procedure adottate nelle operazioni di bonifica e recupero ambientale previste dalla legge. Che qualcuno ci salvi! Ma ve l’immaginate un organo composto da Enrico Bondi, Regione Puglia, Provincia (commissariata) e Comune di Taranto che dovrà informare i cittadini sull’applicazione delle prescrizioni AIA nella “massima trasparenza”?

E che la sua posizione fosse oramai appesa ad un filo oltre che oramai superata, l’aveva intuito lo stesso Esposito, quando durante l’audizione della scorsa settimana presso le commissioni Ambiente Lavori pubblici e Attività produttive della Camera, dichiarò che al momento “non è chiaro chi è chiamato a valutare” anche solo una semplice richiesta di modifica “non sostanziale” dell’azienda su una o più prescrizioni previste dall’AIA. Del resto, il testo del nuovo decreto non solo prevede la figura di un “sub commissario” (individuato nella persona di Edoardo Ronchi) che andrà ad affiancare il commissario straordinario Bondi, ma anche la nomina di un comitato di “tre esperti” che insieme a Ronchi dovrà redigere un non meglio precisato “piano di lavoro”, che come denunciato sin dal primo momento su queste colonne, avrà anche il potere di arrivare a modificare la stessa AIA. Anche se pare che dalle discussioni di questi giorni sul testo del decreto, pare che l’obiettivo finale sia quello di consentire una modifica “limitatamente alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni”.

Dunque, l’avventura di Vitaliano Esposito è durata appena sette mesi. Staremo a vedere cosa s’inventeranno adesso politici e sindacati, che al momento della nomina lo scorso 11 gennaio, espressero parole di giubilo per l’ex procuratore generale della Corte di Cassazione, visto che andava a ricoprire un ruolo molto delicato come quello di “Garante per il monitoraggio dell’esecuzione delle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva, che vigilerà sugli interventi per il miglioramento delle prestazioni ambientali degli impianti e sul rispetto dei tempi stabili nel ricorso alle migliori tecnologie previste”, che nessuno di loro avrebbe mai voluto svolgere.

Ora, invece, tutto questo dovranno farlo Bondi, la Regione, la Provincia (forse) e il Comune. L’unica consolazione sarà l’obbligo di pubblicare online i dati relativi al piano ambientale (da chi, su quale sito e con che frequenza temporale non è ancora chiaro). Certo la figura del Garante, che percepiva uno stipendio di 200mila euro al mese per pubblicare su un sito apposito dell’ISPRA le relazioni dei tecnici e le varie diffide all’azienda (sino ad arrivare ad una possibile sanzione pecuniaria pari al 10% del fatturato che non si sarebbe mai raggiunta come spiegato anche dalla Prefettura a causa del farraginoso iter burocratico), non era di chissà quale peso o garanzia per la tutela della salute e dell’ambiente. Ma vedendo da chi sarà sostituito, pare siamo destinati a finire dalla padella alla brace.

Per il resto, da Roma arrivano soltanto pessime notizie. Come ad esempio quella inerente la bocciatura di un emendamento presentato dal MoVimento 5 Stelle, in cui veniva chiesto al commissario dell’Ilva “di redigere un piano industriale che preveda la riduzione della produzione dello stabilimento per la tutela ambientale e sanitaria dei lavoratori e della popolazione”. Una bocciatura inspiegabile visto che la produzione dell’Ilva è comunque destinata a calare nei prossimi mesi, con il fermo dell’altoforno 2 e la relativa diminuzione di ghisa prodotta annunciata dalla stessa azienda nei giorni scorsi. Ma evidentemente questa decisione il Governo preferisce lasciarla al commissario Enrico Bondi, onde evitare di “sconfinare” nel campo del super manager, che appare una figura mitologica pressoché intoccabile ed indiscutibile (nel decreto è stato infatti anche esentato da qualsivoglia risvolto penale durante la sua attività di commissario straordinario dell’Ilva).

Inoltre, è stato approvato un articolo che va in deroga alla normativa vigente, che prevede l’impossibilità di ricoprire l’incarico di commissario per chi ha avuto rapporti diretti con l’impresa commissariata o si trovi in conflitto di interessi. In pratica, proprio il caso dell’attuale commissario Bondi, che è stato per poco più di un mese amministratore delegato di Ilva, essendo stato nominato direttamente dalla famiglia Riva. “Ci chiediamo se seguirà gli interessi dello Stato – hanno dichiarato alcuni parlamentari del M5S – oppure continuerà a fare l’amministratore delegato vestito da commissario”. Quel che è certo è che Bondi farà gli interessi dell’azienda, ed anche dello Stato, dovendo garantire per decreto la prosecuzione dell’attività produttiva. Tutto il resto, come il rispetto dell’ambiente e della salute, nel caso verrà dopo. Molto dopo.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 04/07/2013)

 

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