Porto di Taranto, tra cinesi e protocolli

TARANTO – In pieno caos dovuto alla sentenza del Tar di Lecce che ha rigettato in un limbo il destino del porto di Taranto, mercoledì scorso una delegazione di operatori economici cinesi, appartenenti ad enti e società operanti nel settore marittimo e della logistica, si è recata in visita allo scalo ionico. Accolti dal Presidente dell’Autorità Portuale, Sergio Prete per ora sospeso nelle sue funzioni dal Tar, e dal Segretario Generale Francesco Benincasa, sono stati accompagnati per una visita tecnica delle infrastrutture portuali nel corso della quale ci si è soffermati in particolare sulle aree che dovrebbero essere destinate, oramai il condizionale è d’obbligo, ad insediamenti di logistica connessi con l’attività del terminal contenitori.

La delegazione cinese era composta da due rappresentati della Shanghai Jinjiang Shipping Co., Ltd., società di logistica internazionale delegata dall’Autorità portuale di Shanghai; due rappresentanti dell’Autorità Portuale di Shenzhen, scalo con il quale il Porto di Taranto è gemellato; due rappresentanti della Camera di Commercio della Città di Suzhou. Dalla città di Hong Kong provenivano invece i rappresentanti della “Datian Group”, gli esponenti della “Chamber of HK Logistics Industry” e dell’Associazione di categoria del settore logistico “Shippers Council di Hong Kong”. Era inoltre presente il Segretario Generale del “SISI – Shanghai International Shipping Institute”, nel cui board of experts fa parte, come noto, anche Prete. La delegazione era accompagnata dallo staff del settore internazionalizzazione della Regione Puglia e da un rappresentante di Confapi Puglia. La visita allo scalo di Taranto, non deve al momento trarre in inganno, visto che è la stessa rientra nelle tappe previste nella missione di incoming degli operatori cinesi organizzata nell’ambito del “Progetto: Settore Logistica”, realizzato dalla Regione Puglia nell’ambito del Programma di promozione dell’internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali per il biennio 2013-2014.

Infatti i lavori della delegazione si sono aperti nella giornata di lunedì con un workshop tenutosi a Bari per la presentazione agli ospiti cinesi del sistema logistico pugliese nel suo complesso. Nata su iniziativa dell’Autorità Portuale di Taranto e di Confapi Bari-BAT, e realizzata grazie al Servizio Internazionalizzazione della Regione Puglia, la missione incoming ha avuto lo scopo di far conoscere agli ospiti “le eccellenze della piattaforma logistica pugliese e le opportunità di business risultanti dalla posizione strategica geografica della Puglia, nonché di creare occasioni di incontro e confronto per le imprese pugliesi interessate ad approfondire le possibilità di sviluppo nel mercato cinese”.

A quanto pare la visita al porto di Taranto ha registrato un elevato livello di gradimento da parte degli operatori cinesi che hanno manifestato una seria intenzione di valutare forme di collaborazione con la Puglia e di incrementare ulteriormente i rapporti commerciali e istituzionali già esistenti tra il porto di Taranto e gli scali portuali/terminal logistici nella RPC. Ma è chiaro che come nel caso del porto di Rotterdam, siamo alle semplici intenzioni, visto che soprattutto i cinesi investono soltanto quando hanno a disposizione infrastrutture all’avanguardia, che attualmente lo scalo ionico non è in grado di offrire.

In realtà delegazioni cinesi sono venute più volte in Italia senza però riuscire a concludere affari e, tra l’altro, a Taranto hanno già investito quando hanno comprato al 50% dalla Hutchison Whampoa di Hong Kong (legatissima a Pechino) che gestisce lo scalo container di Taranto insieme alla compagnia taiwanese Evergreen. I cinesi sono da tempo pronti a investire a Taranto o a Gioia Tauro (che nei lavori è ben più avanti di noi) ma come detto pretendono garanzie su quello che vanno a comprare. Gli attori di tali acquisti possono essere grandi compagnie di trasporto come la Cosco, già presente nel porto di Napoli, ma anche singoli porti come quello di Ningbo o Tianjin. Staremo a vedere.

Intanto questa mattina, presso la “Sala della Memoria e del Ricordo”, la Provincia di Matera e l’Autorità Portuale di Taranto sigleranno un protocollo di intesa “al fine di promuovere iniziative e azioni di cooperazione volte a incoraggiare la capacità imprenditoriale delle imprese locali e delle relative filiere turistiche e produttive”. Nelle intenzioni l’accordo dovrebbe consentire l’incremento dello sviluppo della competitività dei due comparti produttivi attraverso “l’implementazione di un sistema logistico-distributivo nell’area ionica con indubbia valenza per lo sviluppo produttivo lucano e per la crescita dell’attrattività turistica dei nostri territori”.

La Basilicata è infatti molto interessata ai progetti previsti per il nostro scalo, come la Piastra Logistica e del Distripark. Il progetto del Distripark? Qualcosa non ci torna. O, forse, in Basilicata sono pochi informati. Nel comunicato sul protocollo d’intesa si legge infatti che il progetto del distripark “nasce dalla  volontà dell’Autorità Portuale di Taranto e degli enti pubblici territoriali di realizzare una struttura che consenta di trattenere sul territorio le merci in entrata/uscita dal porto, a vantaggio dell’economia locale attraverso operazioni di logistica. Al centro di tale strategia  si pone  la provincia del materano come area retro-portuale connessa alla zona cerniera di filtro per i traffici commerciali nazionali e internazionali del Porto di Taranto”.

Perché i fondi FAS (lo strumento di finanziamento del governo italiano per le aree sottoutilizzate del paese) che nella delibera CIPE (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica che il compito di assegnare le risorse FAS) n.62 del 03/08/2011 prevedevano la destinazione di ben 35 milioni di euro alla realizzazione del distripark nel porto di Taranto, non ci sono più dallo scorso giugno. Grazie proprio alla Regione Puglia che pretese il de finanziamento del progetto in favore della “Riconfigurazione della banchina del molo polistettoriale”: uno dei progetti previsti nel Protocollo d’intesa a favore del rilancio del porto di Taranto, sottoscritto il 20 giugno scorso a Roma dagli enti locali, l’Autorità portuale e tutti gli enti coinvolti (MIT, MATTM, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Autorità portuale di Taranto) ed oggi bloccato dalla sentenza del Tar.

La Regione motivò tale proposta “per la strategicità dell’opera da realizzare, funzionale e complementare con le altre opere previste nel succitato protocollo, ravvisando pertanto l’opportunità di finanziare l’infrastruttura della parte antistante del porto, piuttosto che di quella retrostante”. Il tutto con l’assenso delle nostre istituzioni. Eppure, oggi si portano in visita delegazioni estere e si firmano protocolli d’intesa di dubbio valore. Possibile che i cinesi e i nostri amici lucani non sappiano tutto ciò?

Gianmario Leone (TarantoOggi, 18.05.2013)

 

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