Porto di Taranto, Rotterdam saluta

TARANTO – Lo avevamo denunciato lo scorso 17 ottobre, appena una settimana fa: sul porto di Taranto, “tutto tace”. Ed avevamo anche definito quel silenzio, un presagio sinistro. Che puntualmente si è materializzato. Il Porto di Rotterdam, lo scorso 11 ottobre, ha infatti verbalmente informato l’Autorità Portuale di Taranto e l’assessorato ai Trasporti della Regione Puglia, che non intende più mantenere fede a quanto promesso lo scorso 19 aprile: sottoscrivere una joint-venture con lo scalo ionico. I motivi alla base del ripensamento olandese, poggiano su due direttrici diverse: da un lato, l’improvvisa assenza di chiare opportunità di business; dall’altro, la scarsa competitività e autonomia del sistema portuale italiano.

Il protocollo d’intesa siglato lo scorso 19 aprile (il memorandum of understanding) prevedeva la redazione, da parte dei manager olandesi, di un approfondito studio di analisi sia del porto di Taranto che del sistema portuale pugliese e italiano: solo successivamente, si sarebbe deciso se realizzare o meno una joint-venture tra i due porti. Il responso, come detto, è stato però negativo. Il primo problema, dunque, è ancora una volta di natura prettamente economica. E, guarda caso, è legato a doppio filo alla vicenda Ilva. A confermarlo, il presidente dell’Autorità Portuale di Taranto e l’assessore regionale ai Trasporti, Guglielmo Minervini. Il primo, ha scelto una via più diplomatica per spiegare il ragionamento degli olandesi: “l’assenza di certezze in merito alla questione dell’Ilva – che ha una rilevanza e amplificazione internazionale – non consente oggi di programmare con dati certi le opportunità di sviluppo dello scalo.

Poiché la vicenda Ilva può compromettere anche altre realtà produttive del territorio gli olandesi preferisco attendere di capire cosa succede”. Il secondo, invece, è andato diritto al punto, confermando quanto si era già abbondantemente intuito lo scorso aprile: “secondo l’analisi dell’Autorità portuale di Rotterdam, venendo meno l’acciaieria, la più grande d’Europa, verrebbe meno anche il carattere industriale del porto di Taranto. Un pilastro giudicato da loro fondamentale”. Roger Clasquin, direttore del dipartimento dell’Autorità portuale di Rotterdam e addetto alle relazioni internazionali, lo scorso aprile lo lasciò intendere con grande chiarezza, anche se in molti non badarono troppo alle parole del manager olandese: il porto di Taranto ci interessa soprattutto per la sua natura industriale. Addirittura, lo stesso Clasquin, si sbilanciò nell’affermare che “già da domani avvieremo contatti con le aziende e i clienti del nostro porto per presentare le opportunità che offre lo scalo tarantino”. Del resto, all’epoca dei fatti, il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva e la sua eventuale chiusura, erano eventi del tutto al di fuori di ogni logica di pensiero.

Inoltre, è bene ricordare come il Port of Rotterdam, pur essendo una realtà economica partecipata da Stato e Comune, funziona come una nostra spa. E dunque, di fronte agli ultimi numeri sullo scalo ionico sciorinati dallo stesso Prete due settimane addietro durante un convegno, la chiusura del cerchio è completa. Durante l’incontro infatti, il Presidente dell’Autorità Portuale ha elencato dati che parlano da soli: nel solo 2011, l’89% dei traffici è stato generato dalle rinfuse solide, liquide e merci varie movimentate da ILVA, Cementir ed ENI. Solo l’11% è costituito da merci che viaggiano in contenitori. Evidenziando come, nella classifica nazionale, il porto di Taranto è al 1° posto per la movimentazione delle rinfuse solide, al 9° posto per la movimentazione delle rinfuse liquide e al 3° posto per la movimentazione totale delle merci. E’ dunque evidente come, ragionando unicamente su dati economici, di fronte alla dipartita dell’Ilva (che trascinerebbe con sé anche la Cementir) la partnership con Taranto non ha alcun interesse. Non solo. Perché agli olandesi non piace affatto la lentezza burocratica del sistema Italia. Così come pare non sia piaciuto il testo sulla riforma della legge 84 del ’94, che riguarda il rinnovamento dell’ordinamento portuale, passata al Senato e in attesa dell’ok della Camera entro Natale.

Eppure, il testo prevede maggiore autonomia finanziaria, velocizzazione dei Piani regolatori portuali e nuovi poteri delle Autorità. Riforma oramai non più rinviabile, visto che il sistema portuale italiano, in termini di efficienza, nell’ultima graduatoria stilata dalla World Bank è al quart’ultimo posto in Europa e precede solo Romania, Bulgaria e Polonia. Forse gli olandesi, da sempre più pratici e seri rispetto agli italiani, non si fidano dei tempi di realizzazione che una riforma del genere comporterà nel sistema portuale italiano. E, forse, non guardano di buon occhio la lentezza con la quale si sta procedendo a Taranto nella realizzazione dell’accordo per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto ratificato lo scorso 20 giugno a Roma. Anche se il presidente Prete, esclude che sia così, “perché per gli interventi previsti dall’accordo siamo in linea con il crono-programma: le opere prima di realizzarle bisogna progettarle e avere le necessarie approvazioni e da giugno ad oggi sono stati acquisiti i progetti in tempo da record e ora sono all’approvazione dei ministeri”.

L’accordo firmato a Roma, prevedeva investimenti per 190 milioni di euro in opere di protezione del Porto, di riqualificazione ambientale e di riconfigurazione delle banchine, che dovrebbero consentire a risolvere le criticità di carattere infrastrutturale dello scalo ionico. E se magari gli olandesi fossero preoccupati per il crollo del traffico container, specialmente dopo lo spostamento di due delle quattro linee internazionali di Evergrenn da Taranto al porto del Pireo, che ha ridotto della metà il traffico annuale dei suoi 800 mila Teu (gli ultimi dati disponibili, luglio 2012, evidenziano un calo del 63% rispetto al 2011)? O, magari, gli olandesi non saranno rimasti favorevolmente colpiti dal fatto che, dopo l’inaugurazione della Piastra Logistica lo scorso 27 marzo, a sei mesi di distanza il nuovo gate è una specie di cattedrale nel deserto a fronte dei 219 milioni di euro previsti per la realizzazione dell’opera? La risposta di Prete è lapidaria: “Per Rotterdam lo scalo ionico è prevalentemente industriale: gli olandesi non sono interessati ai traffici container del porto di Taranto”. Sarà. Chi invece pare non disperarsi più di tanto, è l’assessore regionale Minervini. Il quale si mostra comunque ben contento del fatto che gli olandesi abbiano lasciato intendere che la loro disponibilità nei confronti dello scalo ionico, si limiterà ad una semplice consulenza: questo, per l’assessore Minervini, “testimonia il valore che loro conferiscono alle potenzialità di Taranto”.

Del resto la Regione Puglia, dopo aver chiesto ed ottenuto di definanziare il progetto della realizzazione del Distripark a Taranto dirottando i 35 milioni di euro previsti a favore della realizzazione del Molo polisettoriale dello scalo, da tempo ha scelto di puntare su Bari e Brindisi, non solo come scali turistici, ma anche commerciali, grazie ai vari corridoi europei. Relegando lo scalo ionico, a semplice funzione di transhipment di container (carico e scarico). Del resto, non è un caso se dal 2001 ad oggi, le uniche opere pianificate e realizzate sono il Varco Nord ed il gate di TCT. Per gli olandesi di Rotterdam, e non soltanto per loro, Taranto senza l’Ilva è semplicemente un luogo “no clear business opportunity”: ovvero, senza alcuna possibilità di business chiaro. Sta a noi tutti dimostrare con i fatti, l’esatto contrario. Il business, cari signori, non ha soltanto il colore, l’odore e il peso dell’acciaio.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 25 ottobre 2012)

 

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