Ilva, un’intesa fatta di aria

TARANTO – Partiamo da un concetto semplice, semplice: è bene che nessuno commetta l’errore di pensare che azienda e istituzioni abbiano davvero intenzione di fare le cose sul serio. O, meglio ancora, che abbiano realmente capito e recepito quanto scritto nell’ordinanza di sequestro degli impianti del GIP Todisco, che riprende quanto denunciato dai periti chimici nella loro perizia depositata lo scorso gennaio. Diciamo questo perché se il Riesame ha confermato, seppur in un italiano giurisprudenziale che come sempre lascia terreno fertile alle più disparate interpretazioni, l’impianto accusatorio della Procura, dall’altro abbiamo l’impressione, che in realtà è una certezza, che Regione e Ilva non abbiano afferrato il vero nucleo del discorso. Per capire ciò di cui stiamo parlando, restiamo come sempre nel campo dei documenti. E dei fatti. Che tanto danno fastidio ai tanti, troppi, che forse oggi si stanno amaramente pentendo di aver troppe volte stretto mani che era meglio ignorare.

Il provvedimento del tribunale del Riesame, in riferimento agli impianti prevede che si “utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo”. Le misure tecniche necessarie in questione, altro non sono che quelle individuate dai periti chimici nel loro elaborato peritale. Che nell’ordinanza di sequestro preventivo degli impianti da parte del GIP, si sintetizzano nell’indicare l’attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni maggiormente inquinanti (quali quelle contenenti diossine e PCB). “Soltanto dopo previa, attenta ed approfondita valutazione da parte dei tecnici nominati, sotto il profilo della prevenzione ambientale e delle misure eventualmente adottate,  si potrebbe procedere ad una ripresa della operatività dei predetti impianti”: tanto si prescrive nell’ordinanza.

Si badi bene: i periti chimici ed il GIP, non si sono inventati nulla. Hanno semplicemente preso a riferimento delle loro valutazioni quanto riportato nel testo della Decisione di Esecuzione della Commissione Europea del 28 febbraio 2012 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea l’8-3-2012), “che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali” (notificata con il numero C (2012) 903). Dette conclusioni – ha disposto la Commissione Europea – altro non sono che le BAT indicate nell’ultima versione del “BRef lron and Steel Production Draft version” del 24 giugno 2011, cui i periti hanno fatto riferimento nel corso degli espletati accertamenti tecnici.

Sempre per evitare di parlare a vanvera di cose che non si conoscono, o si fa finta di non conoscere, vogliamo ribadire a istituzioni, sindacati e Ilva, che il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea dispone all’art.288, a proposito degli “Atti Giuridici dell’Unione”, che per esercitare le competenze dell’Unione “le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. Il regolamento ha portata generale. E’ obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi”. Prevedendo poi, all’art.297 (ex art. 254 del TCE), che “i regolamenti e le direttive che sono rivolte a tutti gli Stati membri entrano in vigore alla data da essi stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione”.

Il 16 maggio del 2011, s’istituì il forum per lo scambio di informazioni ai sensi dell’art. 13 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, composto da rappresentanti degli Stati membri, delle industrie interessate e delle ONG che promuovono la protezione ambientale. Il 13 settembre 2011 la Commissione ottenne il parere del forum sul contenuto proposto del documento di riferimento sulle BAT per la produzione di ferro e acciaio. A quel forum (TWG – Technical Working Group) parteciparono in prima fila alcuni rappresentanti dell’Ilva. Ecco perché il GIP, nell’ordinanza sul sequestro preventivo degli impianti dell’area a caldo, ammonisce l’azienda sottolineando come “essa sa bene quali siano le migliori tecniche disponibili per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento da emissioni industriali: cosicché non può invocare alcuna buona fede per giustificare le persistenti, gravissime inerzie accertate nel corso delle indagini, che costituiscono solo il frutto di una pervicace politica aziendale ispirata esclusivamente dalla logica del profitto, a detrimento della tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini”.

Così come “non può essere sfuggita, poi, ai vertici dell’ILVA l’importanza (evidenziata anche dai periti chimici in sede di esame) rivestita dalle disposizioni comunitarie espressamente richiamate dalla Decisione di Esecuzione della Commissione Europea sopra riportata, che ancorano ai non superabili “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili indicati nelle decisioni sulle conclusioni sulle BAT” i valori limite di emissione che l’autorità competente statale è tenuta a fissare e a far rispettare, sia in sede di rilascio dell’autorizzazione sia successivamente”. Quanto sopra non solo per chiarezza d’informazione. Ma anche e soprattutto per dimostrare, ancora una volta, come istituzioni e azienda, con l’ appoggio dei sindacati, continuino a fare orecchie da mercante. Perché quanto deciso a livello europeo, nelle stanze della Regione Puglia si trasforma in una sceneggiata comica che ha dell’incredibile.

Nella mattinata di ieri a Bari, dopo la prima riunione della cabina di regia riunitasi per la gestione dei 336 mln di euro finanziati con il pittoresco protocollo d’intesa ratificato lo scorso 26 luglio, si è svolta una riunione tecnica con protagonisti il governatore Vendola, l’assessore alla Qualità dell’Ambiente Nicastro e il direttore Ilva, Ferrante. I quali, evidentemente, pensano di continuare a prendere in giro l’universo mondo. Perché quelle che dovrebbero essere delle prescrizioni serie, magicamente si trasformano in tutt’altro: ovvero in “provvedimenti di ambientalizzazione”. E così, il monitoraggio in continuo delle emissioni, viene trasformato in un semplice “campionamento perimetrale delle fonti maggiormente inquinanti, con l’installazione di 4 o 5 centraline lungo il perimetro della fabbrica, per consentire un’attenta valutazione delle fonti di emissione”. Qualcuno per favore gli vada a spiegare che il monitoraggio delle emissioni deve avvenire sui camini e negli impianti che lavorano “a terra”.

“L’80% delle emissioni inquinanti sono infatti da ricondurre all’attività a terra dei reparti e non alle emissioni delle ciminiere”, hanno sostenuto i periti chimici e i Pm durante le due udienze del riesame. Per quanto riguarda gli interventi sulle cokerie, invece, mentre i periti propongono l’applicazione di protocolli vincolanti, eventualmente validati anche dalle autorità competenti, che subordinino l’operatività e le procedure di ripristino necessarie agli esiti delle rilevazione delle perdite, le soglie limite delle stesse, le tempistiche massime di intervento di manutenzione e riparazione, la riunione tecnica in Regione risponde con “l’installazione della videosorveglianza che consentirà di tener sotto controllo le fughe all’apertura delle bocche dei forni ed avere un controllo di dettaglio sulle fonti emissive”.

Poi, tornano in voga i famosi “wind days”, i giorni con vento da nord, con l’azienda impegnatasi a ridurre del 10% le attività della cokeria: in che modo si possa attuare un’operazione del genere, si guardano tutti bene dal dirlo. Infine, si proseguirà con la bagnatura dei parchi minerari e con la riduzione della velocità dei veicoli che sollevano polveri, in vista della realizzazione delle colline ecologiche che proteggeranno i quartieri più a ridosso degli impianti: in pratica quanto previsto nel piano di risanamento dell’aria del quartiere Tamburi presentato settimane addietro in Regione. Altro che spostamento o copertura dei parchi. Per non parlare delle colline ecologiche, una favola tristemente fallita già diversi anni orsono. Il bello è che siamo addirittura costretti ad ascoltare dal neo direttore dell’Ilva, che l’azienda ha deciso spontaneamente, grazie alla sua infinità bontà, di adottare alcune soluzioni non imposte dalla legge o dall’Aia. Il tutto perché, ora che si trova con le spalle al muro, l’azienda “non vuole nascondere nulla”.Ma la verità è che in molti non hanno ancora capito che questa nuova fase di “dialogo”, è l’ennesimo specchietto per le allodole. Perché il buon Emilio e famiglia continuano a gestire il tutto: Ferrante è infatti in attesa delle “indicazioni” che arriveranno dal Nord. Che potranno essere di diversa natura. D’altronde, se non ve ne siete ancora accorti, al di là del solito slogan del ricatto occupazione, per i Riva questo sarebbe il momento migliore per vendere. Per fuggire con tutto il malloppo.

Gianmario Leone (TarantoOggi dell’8 agosto 2012)

 

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