Natale senza diossina

La nostra ambizione e' quella di rafforzare significativamente la performance ambientale di Ilva e di allinearla, se non addirittura di migliorarla

TARANTO – E così, senza che ce ne accorgessimo, dall’oggi al domani “ci hanno” risolto il problema ambientale dovuto alle emissioni della “principale sorgente di diossine a Taranto”. Lo hanno dichiarato senza tanti giri di parole il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ed il direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato, in una conferenza stampa svoltasi martedì mattina a Bari (con la “silenziosa” partecipazione dell’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro). I “tre nuovi moschettieri” infatti, non si sono di certo scomodati nello scendere nella vicina ma inospitale Taranto: eppure, l’annuncio di una raggiunta svolta di “natura mondiale” (?, “ignorando” volutamente come già prima del 2008, nazioni come Belgio, Germania, Olanda ed Austria, presentavano limiti di emissioni di diossina tra gli 0,1 e gli 0,5 ng ITE/Nmc, mentre l’Ilva in quegli anni liberava indisturbata nell’aria dagli 1,9 agli 8,4 ng ITE/Nmc) dato martedì, come ha sostenuto lo stesso Vendola, avrebbe dovuto avere come minimo come palcoscenico la città dei Due Mari e non certamente la sede della Regione Puglia a Bari. Ma in questi casi, avranno pensato i tre, è meglio evitare ogni tipo di problema o di incidente di percorso: senza contraddittorio alcuno e senza possibilità di essere smentiti, l’obiettivo è stato portato agevolmente a termine.

Indubbiamente, bisogna dare atto a Regione, Arpa ed Ilva, di aver inscenato un teatrino natalizio davvero niente male: quando tutti si aspettavano la Relazione di fine anno da parte dell’ente regionale per la protezione dell’ambiente, che avrebbe dovuto certificare il superamento del limite di 0,4 ng ITE/Nmc (stabilito dalla direttiva europea UNI EN 1948:2006 sulle rilevazioni delle emissioni tossiche e che riprende quanto sottoscritto dalle nazioni europee nel protocollo di Aarhus del 2004) di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 dell’Ilva di Taranto, previsto dalla legge regionale n. 44 in vigore dal 1 gennaio 2011, ecco spuntare fuori una quarta campagna di rilevazione effettuata nei giorni 12-13-14 dicembre, che hanno portato all’“incredibile” responso di 0,055 ng ITE/Nmc, il risultato più basso di sempre dal 2007 ad oggi. Dato che sommato a quelli delle precedenti tre campagne (0,685 a febbraio, 0,704 a maggio e 0,112 a novembre), certifica un 0,389 ng ITE/Nmc di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 (previa sottrazione dell’incertezza pari al 35%”, come prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea), che consentono all’Ilva di rientrare entro il limite dello 0,4 imposto dalla legge regionale.

Dunque, grazie a questi “splendidi” risultati, per Regione ed Arpa Puglia (così come anche per i solerti sindacati confederali subito pronti a battere le mani come delfini ammaestrati), il problema della diossina a Taranto è qualcosa che oramai riguarda il passato. Il presente infatti, ci parla di un inquinamento entro i limiti di legge e di un’industria modello per quanto riguarda una ecocompatibilità oramai prossima. Peccato, però, che questa “bellissima” teoria abbia almeno due grosse falle, che le fanno perdere qualsiasi credibilità. La prima, è di natura puramente matematica: spacciare per superato un problema come quello delle emissioni di diossina e furani dal camino E-312, quando il monitoraggio delle stesse riguarda appena 12 giorni all’anno, è un’operazione che appartiene alla fantascienza e non alla scienza. Nel 2011 Arpa Puglia ha effettuato quattro campagne di rilevamento (che per legge devono essere minimo tre e che avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici che impiegano ben 90′ per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa attrezzatura). Queste campagne si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi di 6-8 ore ciascuna. Parliamo dunque di 24 ore a campagna, per un totale di 96 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo in presenza di una percentuale di poco superiore allo 0,80 di ore coperte nell’arco di un intero anno. Cosa accade in tutti gli altri giorni dell’anno non è dato sapere, né pare interessi minimamente Regione ed Arpa Puglia.

La seconda gigantesca falla, è più di natura materiale. Se davvero il problema diossina è stato definitivamente risolto, perché la Regione Puglia non ha immediatamente sospeso il decreto del febbraio 2010 con il quale vietava il pascolo nel raggio di 20 km dalla zona industriale di Taranto (divieto dovuto all’abbattimento di centinaia di capi di bestiame contaminati appunto da diossina)? E perché, se le cose stanno così come dicono, non ci illuminano sul perché a tutt’oggi l’Ilva non si è ancora dotata del famoso campionamento in continuo, del quale è ancora in corso d’opera dalla primavera scorsa un non meglio precisato studio di fattibilità? Perché l’assessore regionale Nicastro non ha ancora reso nota la data dell’inizio del campionamento in continuo (peraltro previsto ancora dall’art. 3 della legge regionale n. 44 del 2008, che non venne prescritto quando la stesse venne “aggiustata” nel marzo 2009), che lo scorso 5 luglio a Roma vantò come uno dei risultati raggiunti dalla Regione in sede di rilascio AIA all’Ilva? Così come sarebbe interessante sapere perché a fine novembre, il direttore generale di Arpa Puglia ci rassicurò sul fatto che non si sarebbero svolte altre campagne di rilevazione: voleva forse mantenere il più assoluto riserbo sulle strategie future? Ma soprattutto: alla luce del fatto che Arpa Puglia ha sostenuto ben due campagne di rilevazione in appena 20 giorni (scremando le precedenti due in ben 11 mesi), c’è da credere che l’ente regionale non abbia più alcun tipo di problema di natura economica. Dunque, ci aspettiamo che dal gennaio 2012, ogni 20 giorni Arpa sostenga una campagna di rilevazione presso l’Ilva, in modo tale da tenere sempre tutto “sotto controllo”. O dobbiamo forse pensare che la Regione abbia stanziato degli appositi fondi affinché l’ente regionale potesse svolgere una nuova campagna di rilevazione, in un momento in cui l’Ilva di Taranto non lavora certamente a pieno regime, per consentire al siderurgico di centrare l’obiettivo dello 0,4 in extremis e quindi non avere più alcun tipo di problema (leggi multe varie)? Domande a cui probabilmente non avremo mai risposta.

Per Regione ed Arpa Puglia infatti, l’unico problema adesso resta quello delle bonifiche. Che potranno partire solo con notevoli incentivi economici da parte dello Stato (ma ricordiamo a lor signori che la famiglia Riva deve ancora a questa città un risarcimento danni). Come si farà a bonificare un’area come quella di Taranto nei prossimi anni, con ancora l’Ilva in attività non è però assolutamente chiaro. E così, “eliminata” la diossina, per Regione ed Arpa Puglia problemi come l’avvelenamento della falda acquifera, l’inquinamento da benzo(a)pirene delle cokerie e la mancata copertura dei parchi minerali, solo per citarne alcuni, semplicemente non esistono. Così come non è chiaro perché mai l’Ilva non debba rendere conto di tutta la diossina emessa dal 1995 ad oggi, quando appena un anno fa un dirigente Ilva dichiarò in un incontro pubblico che, pur sapendo di emettere diossina, non lo resero noto finché non venne loro imposto dalle direttive europee che sono in voga da un decennio: per cui, accusare l’ex Italsider di aver violato leggi consapevolmente è un clamoroso falso storico, semmai è appunto vero il contrario. Tutto questo però, è al momento solo contorno: i nostri tre moschettieri sono tutt’intenti a festeggiare la prestigiosa vittoria al grido di “uno per tutti, tutti per l’Ilva”.  

Gianmario Leone

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