Allarme Ispra sullo stato di salute dei mari di Taranto. I dati sull’inquinamento in un documento “ignorato” dal 2010

TARANTO – I dati sulla caratterizzazione dei due mari di Taranto hanno tutta l’aria di un tabù. Ogni tanto si accenna alla loro esistenza senza sviscerarli pubblicamente. Nei giorni scorsi, il Corriere ha acquisito un documento dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), prodotto nell’agosto 2010, ma ancora poco conosciuto, contenente l’elaborazione e la valutazione dei risultati della caratterizzazione di un parte del Mar Grande (secondo lotto) e del Mar Piccolo.
Il lavoro mira all’individuazione degli opportuni interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sito di Interesse Nazionale di Taranto. Oltre a descrivere la gravissima situazione ambientale del primo seno di Mar Piccolo (già riportata nei giorni scorsi dal nostro giornale), il documento analizza i dati relativi al secondo lotto di Mar Grande (il primo lotto, prospiciente l’area portuale industriale, era stato già trattato negli anni precedenti). Quello che emerge è un quadro inquietante, frutto di anni di inquinamento incontrollato.
Si legge nella relazione: «Dall’osservazione dei risultati analitici relativi all’area indagata, si evidenzia una contaminazione che interessa l’area adibita a mitilicoltura, l’area compresa tra la Secca della Tarantola ed il Ponte Girevole e l’area sottocosta antistante la città di Taranto. Tale contaminazione coinvolge i sedimenti almeno sino al primo metro di profondità, con qualche limitata presenza di superamenti dei valori di intervento anche nei livelli più profondi. Prevalentemente essa è dovuta a metalli ed elementi in tracce, in particolare Mercurio (Hg) e Zinco (Zn), e, in misura minore, Rame (Cu), Piombo (Pb) ed Arsenico (As)».
Il mercurio è l’elemento per il quale si osservano i superamenti più numerosi del valore di intervento (0,8 mg/kg ss) entro il primo metro di profondità. In particolare, nello strato superficiale, tali superamenti interessano sedimenti dell’area adibita a mitililicoltura per tutto lo spessore analizzato (0-50 cm), dell’area compresa tra la Secca della Tarantola e il Ponte Girevole e dell’area sotto costa antistante la città. Relativamente al livello 50-100 cm, invece, le aree interessate dai superamenti sono ridotte in termini di estensione e presentano concentrazioni significativamente più basse.
Per quanto riguarda i composti organici, la loro presenza risulta essere molto meno determinante per il grado di contaminazione dell’area rispetto ai metalli ed è dovuta principalmente alla presenza di Idrocarburi Policiclici Aromatici. Per tale classe di composti i superamenti del valore di intervento (4mg/kg ss) interessano soltanto il livello superficiale e zone molto ben definite dell’area indagata, in particolare in prossimità della Secca della Tarantola e del confine con l’area caratterizzata del primo lotto, dov’è stata riscontrata la concentrazione massima.
Nelle novanta pagine della relazione, l’Ispra effettua anche una valutazione della caratterizzazione degli organismi: «Le indagini condotte sugli esemplari di mitili (Mytilus galloprovincialis) non hanno evidenziato differenze particolarmente significative tra gli esemplari provenienti dalle diverse stazioni, sebbene Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), Policlorobifenili (PCB) e, tra i pesticidi il DDE,  presentino alcune evidenze di una possibile tendenza al bioaccumulo».
Per quanto riguarda i metalli, invece, «tutti i composti determinati presentano stazioni con concentrazioni medie superiori a quelle riscontrata negli organismi di controllo, in particolare Mercurio (Hg), Cadmio (Cd) e Vanadio (V), in misura minore gli altri metalli, Rame (Cu), Piombo (Pb), Arsenico (As), Zinco (Zn), Cromo (Cr) e Nichel (Ni)”.
Va sottolineato che questo corposo documento, a fine 2010, è stato trasmesso dall’Ispra alla Regione, che l’ha smistata agli enti locali e alle altre autorità preposte. Tra l’altro, le criticità evidenziate dalla relazione dell’Ispra sono state citate durante la riunione del Tavolo tecnico regionale che si è riunito lo scorso 18 gennaio per valutare e gestire il rischio diossina e pcb nei molluschi tarantini. In quel caso si faceva riferimento al primo seno del Mar Piccolo. Il campanello d’allarme, quindi, era già suonato da tempo, mentre l’emergenza cozze è scoppiata solo nello scorso mese di luglio. A questo punto viene naturale porre delle domande: cosa è stato fatto per evitare un epilogo così drammatico per i mitilicoltori e per l’intera città? Perché le autorità e le istituzioni non hanno posto rimedio tempestivamente? Infine, alla luce dei dati critici riguardanti il Mar Grande, quali rischi corrono gli allevamenti che dovrebbero sorgere in questa parte di mare? Il timore è che il futuro del Mar Grande possa somigliare al presente del primo seno di Mar Piccolo.

Alessandra Congedo

Per scaricare la relazione clicca qui CII-El-PU-TA-Mar Grande II Lotto e Mar Piccolo-01.06

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