Acqua bene comune la grande sfida in difesa dell’oro blu

Chi vuole privatizzare l’acqua dovrebbe dimostrare di essere anche il padrone delle nuvole, della pioggia, della neve, dei ghiacciai, dell’arcobaleno” – Erri De Luca, scrittore

Cinquecentomila firme per difendere un principio elementare: l’acqua – come l’aria – è un bene di tutti, non un affare per pochi. In questi giorni il popolo delle biro si sta contrapponendo, a colpi d’inchiostro, al potere dei quattrini. Una sfida d’altri tempi, come i sentimenti che animano i referendari impegnati dietro i banchetti nei gazebo sparsi per l’Italia e i tanti cittadini desiderosi di firmare contro la privatizzazione dell’acqua.

La raccolta delle firme necessarie per l’ammissione del referendum è iniziata tra il 24 e il 25 aprile, una data simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua ha inteso come “la liberazione dell’acqua dalle logiche del profitto”. Il traguardo è stato raggiunto in tempi record: soltanto venticinque giorni. Sospinti dall’entusiasmo, i referendari si sono posti un obiettivo ancora più ambizioso: raccogliere un milione di firme entro il 4 luglio.
I tre quesiti, depositati lo scorso 31 marzo presso la Corte di Cassazione di Roma, chiedono l’abrogazione di tutte le norme che hanno aperto le porte ai privati nella gestione dell’acqua. Il primo quesito vuole fermare la privatizzazione attraverso l’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge 133/08; il secondo punta alla ripubblicizzazione mediante l’abrogazione dell’art. 150 del D.lgs 152/06; il terzo mira ad eliminare i profitti dal bene comune acqua con l’abrogazione dell’art. 154 del D.lgs 152/06 (i dettagli su www.notabenenb.it).
Il tema risulta quanto mai scottante in un periodo storico in cui, come afferma Maude Barlow, militante canadese, co-autrice del libro “Oro blu”, “l’acqua, a causa della sua scarsezza, promette di diventare ciò che il petrolio è stato nel XX secolo: la merce preziosa che determinerà la ricchezza delle nazioni”.
Con Giovanni Vianello, referente locale del Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune”, siamo entrati nel merito dell’iniziativa referendaria italiana, il cui esito potrebbe rappresentare un segnale importante anche per il resto del pianeta.

In quale contesto nasce la proposta di questo referendum?

A seguito del decreto Ronchi, diventato legge nel novembre scorso, l’Italia è la prima nazione al mondo a “privatizzare per legge” i servizi idrici. A partire dal 2011, infatti, l’acqua verrà affidata definitivamente alla gestione dei privati e delle grandi multinazionali e, in alcuni casi, con eventuali partecipazioni da parte del pubblico. L’acqua, il bene comune per eccellenza, un diritto umano universale e inalienabile, viene quindi sottoposto alle regole del profitto e della competitività. Come possa la competitività, cioè la rivalità tra persone, garantire l’accesso a un diritto umano, e come il profitto possa garantire a tutti, anche a chi non ha possibilità economiche, un servizio indispensabile e vitale, è un’incognita che ancora nessuno è riuscito a spiegare. La legge Ronchi però è solo l’ultimo passo verso la privatizzazione dell’acqua. Dopo il 2006, a seguito della redazione del “Codice dell’Ambiente”, sono stati inseriti degli articoli che consentono di affidare la gestione alle Spa e di ottenere un profitto pari al 7% del capitale investito, senza alcuna logica di reinvestimento. In poche parole: “profitto per obbligo di legge”, il sogno di ogni privato!

Come rispondete a chi vi accusa di condurre una campagna essenzialmente ideologica?

Citando i fatti: a seguito dell’apertura dei servizi idrici alle Spa in Italia si è avuto un aumento delle tariffe e una notevole diminuzione degli investimenti: il 50% in meno rispetto a quando i servizi erano affidati a enti di diritto pubblico. Inoltre, nelle aziende che gestiscono l’acqua l’occupazione è diminuita ed è diminuito il potere contrattuale dei lavoratori.

Ci sono Paesi occidentali che hanno la stessa vostra posizione?

Negli Stati Uniti, il paese del liberismo più deciso e convinto, la gestione dei servizi idrici è affidata al pubblico e non ai privati. Persino Parigi è tornata nel gennaio del 2010 alla gestione pubblica del servizio idrico dopo 25 anni di gestione suddivisa tra le due multinazionali francesi Veolià e Suez.

In Puglia la vostra iniziativa referendaria ha un sapore particolare, vero?

Sì, nella nostra regione la firma avrà un doppio significato perché accompagnerà la trasformazione dell’Acquedotto Pugliese da Spa ad azienda pubblica regionale, un ente di diritto pubblico con meccanismi di partecipazione da parte dei cittadini. Il governo pugliese si è impegnato a discutere nei primi cento giorni il disegno di legge redatto da un tavolo tecnico congiunto, primo caso in Italia, formato dal Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua, dal Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” e dalla Regione.

Come vi siete organizzati a livello locale?

Taranto e la provincia hanno dato piena adesione al “Comitato Pugliese Acqua Bene Comune”. Abbiamo creato una rete di rapporti e di scambio di informazioni sull’acqua promovendo e pianificando anche un percorso fatto di eventi ed incontri con la cittadinanza. Parallelamente si sono costituiti comitati cittadini per l’Acqua Bene Comune in numerosi paesi. Ora stiamo valutando la possibilità di concludere la campagna referendaria con un grande evento a Taranto che veda la partecipazione di artisti e di tutte le forze della provincia che si sono impegnate per il referendum.

Come stanno rispondendo i cittadini ionici?

Con grande partecipazione. A prescindere dal diverso livello culturale e sociale, le persone firmano per l’Acqua Bene Comune nei convegni così come nei mercati, davanti alle chiese, nelle strade. Stanno riscoprendo un sentire che era sacro per i loro padri e i loro nonni. Un sentire che è andato perso nel tempo a causa del bombardamento pubblicitario che assimila l’acqua a una bevanda, ad una merce che si può estrarre e vendere liberamente. È un primo passo verso la riscoperta dei beni comuni come la sanità, l’educazione scolastica, l’energia, nonché la cura e la salvaguardia della nostra terra.

Che appello senti di lanciare ora che la campagna referendaria è agli “sgoccioli”?

Firma per te, per i tuoi cari, per i tuoi figli, per i tuoi nipoti. Firma perché l’acqua non diventi una merce cara come la benzina, nelle mani di pochi come il petrolio. Firma perché se l’acqua diventerà una merce, in futuro si combatteranno guerre per il suo possesso. Firma perché l’acqua è vita e la vita non ha prezzo.

Alessandra Congedo  (Nota Bene)

About the Author

Alessandra Congedo
Direttore responsabile - Laureata in Scienze della Comunicazione all'Università del Salento con una tesi di laurea dal titolo “Effetti della comunicazione deterministica nella dicotomia industria/ambiente”, incentrata sulla questione ambientale tarantina. Ha collaborato con il TarantOggi, Voce del Popolo, Nota Bene, Radio Cittadella (SegnoUrbano On Air), Corriere del Mezzogiorno, Manifesto. Ha curato l’ufficio stampa del WWF Taranto per il progetto “Ecomuseo del mar Piccolo”. Il 21 novembre 2013 è stata premiata nella categoria “Giornalismo” nell’ambito della Rassegna Azzurro Salentino. Ha partecipato a "Fumo negli occhi", documentario sull'Ilva e sull'inchiesta "Ambiente Svenduto".

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