Robot gestanti | La fantascienza è realtà come nei romanzi di Philip Dick

Come nei migliori romanzi di fantascienza il confine tra uomo e macchina si sta assottigliando sempre di più. Giusto o sbagliato?
In questi giorni si è acceso un grande dibattito sul fatto che la Cina voglia esplorare un orizzonte alquanto inquietante della robotica.
Esisterebbero delle “mamme robot”. Praticamente si tratterebbe di un robot “capace di portare a termine una gravidanza”.
Questa rivoluzione tecnologica arriva dalla startup Kaiwa Technology, con sede a Guangzhou, che si è detta pronta a mettere in produzione un robot umanoide dotato di un utero artificiale. Pertanto una macchina sarebbe in grado di replicare il processo gestazionale umano, dal concepimento al parto.
“Alcune persone – ha spiegato Zhang Qifeng, il fondatore di Kaiwa – non vogliono sposarsi, ma desiderano comunque una “moglie”; altre non vogliono rimanere incinte, ma desiderano comunque un figlio. Quindi una delle funzioni della nostra “moglie robot” è quella di poter portare avanti una gravidanza».
Realtà o pubblicità?
Questa notizia quando è trapelata é rimbalzata ovunque: sul web. Praticamente per soli 12.000 euro dal prossimo anno sarebbe disponibile un prototipo di umanoide in grado di portare avanti una gravidanza, supportando lo sviluppo di un embrione umano per nove mesi, fino alla nascita.
Questo prezzo irrisorio per delle componenti robotiche di livello così elevato lasciano pensare che in realtà sia una strategia pubblicitaria provocatoria di Zhang Qifeng. La diffusione sui social di quella che ha tutte le caratteristiche di una trovata sagace per far conoscere la start up cinese è dovuta all’oggetto della tentata impresa: cercare di far nascere un bambino eliminando la mamma.
Sembra tutto un racconto di Asimov
Non è una news il termine “ectogenesi”, più prosaicamente “utero artificiale”. Se ne parla dagli anni venti del secolo scorso, quando il genetista inglese J.B.S. Haldan ipotizzava di studi per sostituire l’apparato riproduttivo femminile. La svolta, però, è stata nel luglio del 1978, con la nascita di Louise Brown, la prima bimba concepita in provetta. Questa è stata una grandissima scoperta, perché si è potuto toccare come mano l’inizio dell’esistenza di una vita umana.
Dal punto di vista tecnico non è possibile che questa tecnologia sia pronta, dato che solo nel 2017, un feto di agnello fu tenuto in vita per alcune settimane in una “bioborsa” che riproduceva le condizioni intrauterine. In quel caso a colpire l’immaginazione erano le foto: l’animale era visibile perché la “borsa” era trasparente, e lo si poteva osservare mentre cresceva. L’utero artificiale cinese di cui si è parlato in questi giorni, invece, è letteralmente un umanoide, una macchina come in Blade Runner.