Legamjonici: «L’Eni è un pericolo perenne. Stop a nuovi progetti»
«La raffineria Eni di Taranto è stata protagonista di incidenti che si sono verificati in diverse circostanze e per cause diverse. Le criticità della raffineria sono molteplici e non riguardano solo l’assenza di un sistema di alimentazione elettrica autonoma. La raffineria Eni di Taranto è uno stabilimento pericoloso che non soddisfa i requisiti di sicurezza ed è a rischio di incidente rilevante. L’autonomia energetica dello stabilimento non é la soluzione al problema sicurezza, come stabilito dal sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, Simona Vicari».
Inizia così il comunicato stampa di Legamjonici contro l’inquinamento in risposta ai risultati di una indagine disposta dal sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, senatrice Simona Vicari, dopo l’incidente verificatosi nella Raffineria Eni di Taranto, che comportò uno sversamento di idrocarburi in mare (leggi qui).
«Dallo studio del nulla osta di fattibilità sugli aspetti connessi alla sicurezza del progetto Tempa Rossa – afferma il comitato – è inoltre emerso che gli impianti previsti non sono stati progettati per resistere ad una velocità del vento pari a 254-332 km/h (né compresa tra 97,2 e 254 km/h) che è la potenza della tromba d’aria registrata nel 2012. Inoltre c’è un incremento del rischio di incidenti provocati da fulminazione, con danneggiamento di strutture a rischio incendio, e del rischio di perdite di materiale petrolifero, dato l’aumento del traffico di petroliere. Tali osservazioni, tecnicamente motivate, insieme ad altre, sono state presentate al Comitato Tecnico Regionale e segnalate alla Commissione Europea. Pertanto, si invitano le autorità competenti a non autorizzare nuovi progetti all’interno di un sito altamente pericoloso».
Poi, Legamjonici cita alcuni degli eventi incidentali che hanno riguardato la raffineria, tutti in presenza di energia elettrica: «Maggio 2006, si ebbe la fuoriuscita di ben 30mila mc di gasolio da un serbatoio sito a ridosso della linea ferroviaria; ottobre 2007, si verificò un incidente all’impianto di desolforazione Rhu, con fuoriuscita di acido solfidrico da una fessura creatasi su un tubo in uscita da uno scambiatore di calore dell’impianto; marzo 2010, un incendio danneggiò il nuovo impianto di Idrocracking entrato in funzione da poche settimane, una settimana prima una nuvola nera era fuoriuscita da una delle torce; aprile 2010, la perdita di vapori di benzina da una tubazione causò un’esplosione nella raffineria, definita dalla dirigenza Eni come ‘spostamento d’aria con effetto sonoro’; agosto 2011, si verificò lo sversamento di prodotto petrolifero da una delle condutture sottomarine utilizzate dalla raffineria Eni; gennaio 2012, si verificò la diffusione nell’aria di acido solfidrico (H2S) proveniente dalla Raffineria Eni di Taranto e nella stessa giornata, si registrò un picco di SO2 che superò, presso l’Ospedale Testa, il valore limite orario di 350 µg/m3, fissato dal D.Lgs. 155/2010, proveniente dalle torce della Raffineria Eni di Taranto; settembre 2012, un incendio avvenuto nei pressi di un serbatoio, fece sprigionare una densa colonna di fumo nero e provoco’ il ferimento di un operaio; ottobre 2012, un nuovo incendio provocò ustioni a due operai».