Tutti festeggiano la pace tra Israele e Hamas | Ma vi siete mai chiesti se scoppiasse la guerra cosa accadrebbe in Italia?

Se scoppiasse una guerra l’Italia saprebbe difendersi militarmente? Ecco chi potrebbe essere chiamato a combattere per il Paese.
L’Italia è uno di quegli stati che ha deciso di implementare le spese per il riarmo. Anche se i dati dicono che lo scorso hanno ha fatturato 150 miliardi di euro di acquisto delle medesime da Israele.
Con un armamento di tale portata l’Italia è uno dei più grandi acquirenti d’Europa, quindi pare che sia prontissima ad affrontare eventi bellici.
In realtà, in un’ipotetica situazione di guerra, l’Italia, priva di leva obbligatoria dal 2005, dovrebbe attivare misure straordinarie per garantire una forza difensiva adeguata.
Le Forze Armate attuali, composte da circa 150.000 membri effettivi, sarebbero verosimilmente insufficienti per uno scenario bellico su larga scala.
L’Italia è pronta a difendersi?
Secondo quanto riportato dal Messaggero, il Ministero della Difesa potrebbe riattivare una banca dati composta da quasi 4 milioni di italiani. Tutti iscritti alla lista di leva, in gran parte giovani nati tra il 1985 e il 2004, che potrebbero essere convocati in caso di emergenza nazionale.
Lo Stato, previa dichiarazione di guerra da parte del Parlamento, attiverebbe la mobilitazione militare e richiamerebbe cittadini idonei. I Comuni e le Prefetture, in coordinamento con le Forze dell’Ordine, avrebbero il compito di notificare la chiamata. Ovviamente, molti verrebbero esentati per motivi medici, familiari o professionali. Ad esempio il personale sanitario, energetico o delle telecomunicazioni e i terzogeniti in base alla legge militare. Tuttavia, mobilitare un esercito in tempi brevi rappresenterebbe una sfida colossale.
L’Italia compra armi, ma per chi?
Con una spesa a bilancio per gli armamenti molto ingente, ovviamente ci si chiede per chi vengano spesi tutti questi soldi. In Italia mancano strutture adeguate, equipaggiamento, formazione e infrastrutture. Non esistono caserme in grado di riorganizzare un esercito abile in tempistiche brevi.
Quello che poi accadrebbe a livello internazionale è che l’Italia invocherebbe il supporto della NATO tramite l’articolo 5 del Trattato Atlantico. In base al diritto imposto dal Trattato, si può ottenere l’aiuto da partner come Stati Uniti, Francia e Germania, che fornirebbero intelligence, basi logistiche e copertura militare. Tuttavia, si aprirebbe anche una pressione diplomatica per il contributo italiano sul campo. In definitiva, la riattivazione della leva in uno scenario bellico non sarebbe solo una questione militare, ma anche sociale, economica e politica. In Italia ci sono infrastrutture insufficienti per una riorganizzazione delle milizie e ci si troverebbe di fronte a una delle più grandi sfide della sua storia, dato che è impreparata a questa eventualità. Questo nonostante i soldi che spende in armi ogni anno.