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Ogni paese ha la sua storia che ha radici nel passato. Quella americana è nel razzismo

America razzista – istockphoto – InchiostroVerde.it

Negli ultimi anni si discute di violenza, campanilismo e oggettivazione della donna, in Europa. In America bisogna aggiungere il razzismo.

I Paesi hanno una storia molto ricca, frutto del loro passato e anche i problemi odierni hanno base nella storia. L’Europa affronta ancora le sue battaglie per il riconoscimento della parità di diritti tra uomini e donne.

Col suo passato fatto di dame, angeli del focolare, caccia alla streghe ed esempi regali maschilisti come Enrico VIII che riteneva che nessuna donna sarebbe mai stata in grado di governare sull’Inghilterra, la cultura europea paga il prezzo di secoli di discriminazione sessista.

I problemi di oggi, in cui le donne sono pagate meno, in cui troppi vedono la propria compagna come qualcosa da possedere sono figli del passato in cui al genere femminile non è stata data una voce.

L’America, la terra delle libertà non si esime da questo pesante fardello, in più aggiunge una politica di razzismo che ha bisogno di molto tempo per eradicarsi dalla cultura popolare.

L’America e le sue radici razziste

Tralasciando il periodo dello schiavismo che ha segnato profondamente il paese, gli americani hanno sempre avuto una politica molto stringente sul concetto di etnia e razza. “Equal but separate” era la legge segregazionista che prevedeva istituzioni, posti a sedere e servizi separati per persone nere e persone bianche.

Un retaggio pesante in un paese che si presenta come democraticamente all’avanguardia.

Equal but seprate – Pixabay – InchiostroVerde.it

Razzismo legale

Un legge segregazionista  è quella sulla misgenerazione. Con questa erano vietati i matrimoni tra persone di razze diverse.  Solamente il caso Loving v. Virginia del 1967 permise una svolta in materia di diritti civili, e la motivazione della Corte è molto significativa dal punto di vista giuridico e morale.

Il contesto legale di questa sentenza vedeva Richard e Mildred Loving condannati per aver violato la legge statale che proibiva i matrimoni tra persone bianche e nere. La legge si basava sull’idea che tali matrimoni minacciassero “l’integrità razziale”, un concetto radicato nel razzismo e nella supremazia bianca. Gli avvocati dei Loving portarono il caso davanti alla Corte Suprema, sostenendo che la legge violasse la Clausola di eguale protezione e la Clausola del giusto processo del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Il 12 giugno 1967, la Corte Suprema decise all’unanimità favore dei Loving. La sentenza fu scritta dal giudice Earl Warren, lo stesso che aveva firmato la storica decisione di Brown v. Board of Education nel 1954 (che aveva dichiarato incostituzionale la segregazione scolastica).

Ilaria Lando

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