“Lo stiamo dicendo da qualche settimana che in letteratura è acclarato che i virus viaggiano in aria in minutissime goccioline di aerosol. Speriamo che l’articolo di Nature possa una volta per tutte spronare i decisori e l’OMS a cambiare le linee guida”.
È quanto dichiarano in una nota congiunta Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale e docente di Prevenzione ambientale all’Università di Milano, Gianluigi De Gennaro, docente di Chimica dell’Ambiente all’Università di Bari, e Leonardo Setti, docente di Biochimica industriale all’Università di Bologna, tra gli estensori del Position Paper diffuso il 17 marzo scorso, in cui evidenziavano possibili correlazioni tra particolato atmosferico e velocità di diffusione del Covid-19 in alcune aree specifiche del Paese.
“Abbiamo sottolineato che ci sono evidenze recenti negli studi effettuati a Wuhan fuori dagli ospedali”, affermano in una nota.
“Abbiamo detto più volte che sapevamo che il metro di sicurezza non sarebbe potuto bastare per limitare la diffusione dell’epidemia. Che bisogna indossare le mascherine ‘sempre’ soprattutto nei luoghi molto frequentati. Abbiamo aggiunto che trovandosi in aria, il virus potrebbe interagire efficacemente in certe condizioni con il particolato atmosferico e che quindi potrebbe diffondersi tramite questo con maggiore facilità, soprattutto in aree caratterizzate da intensa stabilità atmosferica, elevato inquinamento atmosferico e a certe condizioni di umidità e temperatura”, rimarcano i ricercatori.
“Il nostro Position paper ha fatto il giro del mondo, abbiamo dovuto tradurlo in molte lingue. E siamo soddisfatti di verificare che almeno il principio che il virus sia nell’aria si sta facendo largo nell’opinione pubblica e che determini azioni conseguenziali di protezione diffusa nella popolazione”, concludono Miani, De Gennaro e Setti. (AGI)
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